I DIFETTI DI COMUNICAZIONE TRA CITTADINI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Si dice che di fronte a Dio e alla Legge (la nostra) siamo tutti uguali ma non è così scontato per molte persone, soprattutto quando i burocrati tendono a far prevalere il proprio ruolo, come spesso avviene anche nel nostro Paese: una distanza volutamente incolmabile.
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Nonostante i molteplici problemi che ci inondano ogni giorno, la burocrazia, la poca trasparenza, l’omissione, la scarsa etica epistolare e relazionale è quanto di peggio difettano più o meno quasi tutti i politici e gli amministratori pubblici, sia ai masismi vertici che a livello locale. Da tempo evidenzio che sono anni che il cittadino è “isolato” da parte delle P.A. perché scrivendo loro spesso non ottiene risposta, e se chiede un appuntamento per essere ricevuto da un funzionario, o da un dirigente piuttosto che da un assessore o da un Prefetto, quasi mai gli è concesso. La non disponibilità per un colloquio “de visu”, ad esempio, favorisce molte illazioni e viene da chiederci: perché sino a non molti anni fa il cittadino era più considerato e oggi molto meno, se non per niente? Oggi i mezzi della telefonia mobile e della comunicazione online (vedi l’imposizione della Pec) sono meno condizionanti, tanto da favorire riscontri di “comodo” e spesso molto sintetici e ben poco esaustivi… Questo modo irrazionale di tenere le distanze è certamente un dettato di questi “signori” che si smentiscono di quanto vanno affermando ogni giorno pubblicamente. Ricordo che qualche decennio fa ebbi modo di scrivere alle autorità ministeriali e regionali per avere delle informazini e nel giro di pochi giorni ottenni riscontro altrettanto per iscritto; oggi ad una email il più delle volte non si degnano di rispondere. Quindi, in buona sostanza, a cosa è dovuta tale inversione? A questa domanda si potrebbero dare diverse risposte, una per tutte: il burocrate e peggio ancora il politico, temono il cittadino che di persona potrebbe essere più incisivo nell’attribuirgli determinate inadempienze e responsabilità, mentre se manifestasse più platealmente con la discesa in piazza paradossalmente non lo scalfirebbe, per la serie «Parlatene pur male, purché ne parlaiate»; già, perché oggi più di ieri, finire sui giornali con notizie negative paradossalmente non fa più alcun effetto. Inoltre, i nostri interlocutori della P.A. (eccezioni a parte), si nascondono dietro il paravento delle segreterie, dei call center e della telefonia pre-registrata. Tale moderna innovazione, che potremmo definire prepotente comunicazione virtuale, rende ancor più il cittadino suddito di un Feudo in netta contraddizione con i dettami della Costituzione, che tanto è decantata quasi quotidianamente da molti politici e soprattutto dal presidente della Repubblica. Personalmente possiedo questa “preziosa” Carta da sempre e in più copie, il cui contenuto (letto e riletto più volte) è in gran parte solo teoria e tale rimane. Quando, ad esempio, soprattutto in questi ultimi tempi, si cita l’art. 32, ovvero “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, ci aspettiamo che le corrispondenti leggi trovino la loro applicazione, ma non sempre è così, tant’è che ogni volta i pochissimi intraprendenti devono armarsi di quelle benedette carta e penna per ottenere il rispetto delle stesse e quindi dei diritti. Un tempo ci si lamentava che determinati diritti non erano riconosciuti in assenza di apposite leggi (“vacatio legis”), oggi, invece, di leggi ne abbiamo fin troppe e il cittadino medio (per non dire quasi tutti) non sa avvalersene. Se questo non è un paradosso, che cos’è? La beffa ulteriore la si riscontra quando ovunque si legge “La Legge è uguale per tutti”, altra frase che va ad incrementare soltanto l’albero degli aforismi e spesso delle parcelle degli avvocati e/o consulenti vari.
E non mi si dica che è una questione di grado di istruzione perché, tra questi cittadini, “inattivi” molti sono anche laureati e con un certo grado di cultura ma che non mettono in pratica per contestare un diritto non rispettato, una richiesta inevasa ed altro ancora. A parte qualche isola felice, caso mai esistesse, credo di essere uno dei pochissimi convinti dell’importanza-necessità del mettere nero su bianco: “Verba volant, scripta manent” e, tornando alla scarsa disponibilità della P.A. di colloquiare con il cittadino, va precisato che a differenza dello scritto un colloquio non è protocollabile… e nemmeno dimostrabile. Tutto ciò a mio dire rientra in quel mal costume che ci distanza dai concetti di uguaglianza e ancor più dal nazionalismo, dal patriottismo e simili; e poi ci si lamenta per quanto si subisce. Il fatto che il buon Dio ci abbia dato i doni dell’intelletto e della parola, significa che è nelle nostre facoltà di metterli in pratica, e il non avvalersene equivale ad accettare il sistema politico italiano (di ieri e di oggi) con tutte le sue imperdonabili imperfezioni. Va inoltre rilevato che la burocrazia è un sistema che forse (voglio sperare) i padri delle Costituente non contemplavano; ma poi, con l’avvicendarsi della corsa al potere il più delle volte è venuta meno l’attenzione per i cittadini (se non per motivi elettorali), proprio avvalendosi paradossalmente della burocrazia che ipocritamente criticano. Ed ecco che l’Italia del XXI secolo per certi versi resta soltanto una impronta prettamente geografica, e nemmeno storica perché dalla Storia non si è imparato nulla o comunque poco. La conquista di alcuni diritti e della libertà in molti ambiti è certamente innegabile, ma gli eccessi e quindi gli abusi sono la cartina di tornasole di una realtà tutta italiana… almeno per quello che ci riguarda. Ma purtroppo questa situazione della scarsa comunicabilità tra cittadini e molti referenti della P.A., è peggiorata con l’avvento della pandemia da Covid, situazione che necessitava e necessita una maggiore sinergia collettiva, nessuno escluso. Evidentemente è decaduto anche il saggio concetto: “Mal comune mezzo gaudio”.
PRINCIPI COSTITUZIONALI DISATTESI
Se si vanno a ricercare tutte le affermazioni dei politici, presidente della Repubblica incluso, si può riscontrare che parte delle stesse non sono seguite dalla messa in pratica, anche perché cautamente gli esponenti di solito si esprimono usando il condizionale (che, per il vero, non dovrebbe essere d’obbligo) e il futuro prossimo, ma dare per scontato determinate realtà come i molti diritti dei cittadini. A questo riguardo richiamo l’attenzione su quanto affermò il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a seguito della sua elezione, come riportato dal periodico Missione Uomo (maggio 2015) della Fondazione Don Carlo Gnocchi – onlus. In tale occasione esordì: «Il mio pensiero va soprattutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini… Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri. Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro. Significa promuovere la cultura e la ricerca, anche utilizzando le nuove tecnologie. Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici. Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Significa garantire i diritti dei malati. Significa che ciascuno concorra con lealtà, alle spese della comunità nazionale. Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze. Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone disabili. Significa sostenere la famiglia, risorsa della società (…). Significa libertà, come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva». Quante volte abbiamo sentito o letto queste sue affermazioni? A ben analizzare parte di esse non non seguite dalla messa in pratica. Si prendano ad esempio i disabili che non riescono ad ottenere un posto di lavoro nonostante una legge specifica ne garantisca il diritto; la lungaggine dei processi, come pure le migliaia di errori giudiziari e conseguenti detenuti innocenti; la questione della salute non sempre è garantita (epoca pandemica a parte) a causa di una non corretta gestione politica del SSN che si trascina da anni con forti disuguaglianze tra una Regione e l’altra (originate dal Federalismo) e, questo, nonostante gli sforzi dei molti sanitari si aggiunga anche la non sufficiente tutela sul posto di lavoro, come pure la scarsissima prevenzione in merito alla incolumità della collettività e delle donne in particolare. Stendiamo infine un velo pietoso sul problema del diritto allo studio, fortemente penalizzato dal numero chiuso per accedere ad alcune Facoltà universitarie; per concludere con la scarsissima trasparenza da parte delle P.A. nei confronti del cittadino. Quindi, a me pare che di fronte a questa “inerzia costituzionale”, non si può che dedurre che le suddette enunciazioni ricordate dal Capo dello Stato sono mera retorica, e la retorica in questo caso non è una disciplina accademica ma il “replay” del nulla di fatto (ipocrisia docet!).