LA PENA E IL DOVERE DI RICORDARE

Ma servirebbe un’azione più diretta per abbattere il muro dell’ignoranza con meno apparizioni “plateali” per non suscitare ulteriori avversioni…

di Ernesto Bodini (giornalista e biografo)

Sono ormai trascorsi 79 anni dal termine della seconda guerra, e in tutti  questi decenni non si è mai persa occasione per ricordare le numerose “tappe” che hanno contrassegnato la vita di milioni di persone (civili e militari). La cosiddetta “Giornata della memoria”, che viene celebrata il 27 gennaio (giorno della liberazione) un po’ ovunque, trova ulteriore riscontro anche nella vivida testimonianza di chi è ancora tra noi, ormai ultra ottantenni, un “pietoso” rievocare atrocità e nefandezze compiute da uomini immondi, responsabili di quel disonore che mai nessuno vorrebbe perdonare… Ma perché rievocare un passato dalle ferite ancora aperte? Si dice affinché tali esperienze non abbiano a ripetersi, e che le nuove e future generazioni facciano tesoro di quanto viene loro raccontato e divulgato con l’ausilio di voci narranti, filmati e pubblicazioni che non devono suscitare orrore tout court, ma invitare alla riflessione da tramutarsi non con l’indifferenza ma con esempi di rispetto e solidarietà umana gli uni verso gli altri, e possibilmente in modo itinerante. Ma purtroppo, nonostante il rammentare la storia parte delle più recenti generazioni sembra essere refrattaria, come ad esempio gli irriducibili antisemiti e negazionisti che, chissà per quali contorte ragioni, ritengono alcuni popoli (come gli ebrei, ad esempio) a loro inferiori. Ma con quale diritto? Costoro, che non credo essere molto pochi, non concepiscono in cosa consiste l’Uomo, quindi Persona, come se i loro “simili” fossero figure astratte tanto da relegarle nell’oblio; in tal senso è come se si dovesse far rivivere un nuovo periodo della Inquisizione Spagnola… o periodi analoghi. Quindi il concetto di Umanità, contemplandola in tutta la sua essenza esistenziale, sia pur avvolta nel mistero della Divinità, resta ancora un concetto che forse nessun grado di istruzione riuscirebbe a far comprendere, ma soprattutto accettare appieno. È evidente che tutte quelle persone che si discostano da ciò che è razionale, a mio avviso potrebbero essere oggetto di un’analisi psicopatologica, anche se probabilmente un certo esito non sarebbe così scontato, tant’è che non c’è peggior reticente di chi non vuol sapere! In questi giorni, rileggendo i molti esempi di saggezza dei nostri avi, è venuto alla mia attenzione un aforisma di Ludwig van Beethoven (1770-1827): «Bisogna fare tutto il bene possibile, amare la libertà sopra ogni cosa e non tradire mai la verità»; un suggerimento apparentemente “retorico”, ma la cui consistenza concettuale ne richiama un altro, ossia quello di Primo Levi (1919-1987): «Meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già così difficile ed incerto pilotare il proprio». Esempi di saggezza, peraltro messi in pratica, la storia ne è assai ricca, ed altrettante numerose le fonti da cui attingere, ma nella concretezza bisogna ammettere che molti saggi hanno vissuto in epoche in cui non esisteva alcuna forma di progresso e di “distrazione”, mentre oggi (e da un bel po’ di tempo) le molte generazioni hanno assaporato e sfruttato in modo indegno determinate libertà, il cui eccesso su molti fronti ha causato ed è causa di ulteriore allontanamento dai reali valori umani. Oggi ricordiamo l’era dell’Olocausto, ma nello stesso tempo  “tralasciamo” i secoli bui di epoche in cui molti popoli hanno conosciuto altrettante tirannia e oppressione, e quanto ancora si può immaginare o dedurre dai documenti storici. Ma nel tentativo, come si va ripetendo ogni anno, di far tesoro di quanto si è subìto con l’impegno di “rinsavire” certe menti contorte, come mai non si riesce a raggiungere questo obiettivo? E a chi spetta questo impegno-conduttore?

In fatto di conflitti, sarebbe da rammentare a tutti anche la storia di Don Carlo Gnocchi (1902-1956) il cappellano che, non solo si arruolò volontario nel alpini a fianco dei suoi giovani allievi, ma rientrato in patria, si prodigò per accogliere i molti mutilatini e successivamente anche i poliomielitici, ottenendo sedi e mezzi per il loro sostentamento, oltre alle cure medico-sanitarie e assistenziali. E forse non tutti sanno, almeno le ultime generazioni, che dopo il suo decesso volle donare le sue cornee a due giovani ciechi (tuttora viventi), le cui pupille hanno piena luce da oltre un secolo. E chissà se mister Vladimir Putin, e tanti altri despoti, oltre ai succitati negazionisti e antisemiti, hanno mai considerato che a volte si può perdere la vista o un arto, ma la completezza di una Persona si può ottenere con il massimo rispetto della sua entità fisica e soprattutto della sua dignità. Or dunque, cos’è la dignità? Che provino a rispondere, con obiettività, questi “protagonisti del male”, se vogliono appartenere degnamente loro stessi a questo mondo.

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