IL CONTINUO DECLINO DELLA SANITÀ PUBBLICA…
Una politica in antitesi da anni con la Riforma 833 del 1978 ma anche con alcuni articoli della Costituzione, “aggravata” dal cosiddetto Federalismo. Ancora molta disattenzione per i disagi sociali in genere…
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)
In questi anni di frequentazione del mondo sanitario: dai lunghi colloqui e interviste a clinici e cattedratici, alla partecipazione assidua a congressi e convegni, ho potuto rilevare molti aspetti del nostro SSN e/o SSR (Piemonte). Un continuo acquisire incrementato dalla mia presenza sul campo nel corso di attività medico-sanitarie, sia in ospedali che sul territorio. Farne un sunto di oltre sei lustri sarebbe troppo “sbrigativo”, ma ritengo comunque porre l’accento sulla evoluzione del SSN e SSR piemontese, la cui gestione nei vari passaggi politico-legislativi ha perso di vista e quindi non considerato a sufficienza le esigenze sia del personale sanitario che dei pazienti, o potenzialmente tali; anche se ad onor del vero, devo ammettere che molti casi sono stati trattati e risolti con soddisfazione da ambo le parti. Ma va precisato che in oltre 40 anni la Sanità pubblica ha subìto molte metamorfosi tanto da venir fagocitata dalla Sanità privata che peraltro si sta sempre più espandendo…, penalizzando tutti coloro che non riescono ad ottenere le prestazioni (visite ed esami) dal SSN, in taluni casi anche se con prescrizione di urgenza. Ne consegue che parte dei pazienti preferiscono attendere, altri si rivolgono al settore privato dilapidando i propri risparmi, e altri ancora rinunciano a farsi curare… Ma val la pena citare alcune cifre. Nel 1997 le Strutture pubbliche di ogni ordine e grado erano 12.179: il 6% del totale, contro il 36% rappresentato da 7.171 strutture private convenzionate con il SSN. Attualmente il rapporto si è capovolto: nel 2021 il peso delle Strutture pubbliche è diminuito di circa un migliaio di unità, scendendo al 43,7%, mentre quello delle Strutture private si è più che raddoppiato raggiungendo il 56,3%. Ne è conseguito un “favorire” i privati che hanno assunto ragguardevoli proporzioni ed altrettanti introiti. Sempre nel 1997 le Strutture pubbliche erano 777, quasi il 60% del totale, e in 25 anni si sono ridotte a 511, ossia poco oltre il 51%. In questo stesso periodo anche il numero delle cliniche e ospedali privati rimborsati dallo Stato è diminuito da 537 a 484, sforando tuttora il 49%. Se poi si considera il periodo della pandemia gli effetti sono stati più devastanti, basti pensare che per quanto riguarda la carenza delle terapie intensive (dai costi assai notevoli), a fronte di 4.600 posti per le emergenze negli ospedali pubblici, le Strutture private che rappresentavano quasi metà dell’intero sistema, ne avevano appena 396. Da qui in avanti i tagli inferti alle Strutture pubbliche hanno favorito il ricorso verso il privato: la spesa diretta degi italiani (non rimborsata dal SSN per compensare il disavanzo della Sanità pubblica) si avvicina ai 40 miliardi di euro l’anno, ossia circa la metà dell’ammontare della evasione fiscale. Per avere una visione ancora più ampia degli effetti negativi del sistema sanitario nazionale, è bene conoscere ulteriori dati. In questi ultimi anni inevitabile il boom di esami e visite a pagamento. Per capire la ricaduta disdicevole sui bilanci delle famiglie, complici le lunghe liste di attesta (che a mio modesto avviso non c’é la volontà totale e/o la capacità di ridimensionare), è necessario tener conto di almeno tre indicatori: il numero di esami diagnostico-strumentali e visite mediche specialistiche a pagamento, il loro costo e l’andamento delle richieste. Nel 2022, secondo l’Agenzia nazionale dei Servizi Sanitari Regionali (Agenas), che fa capo al Ministero della Salute, i lombardi, ad esempio, hanno usufruito di 3.177.599 esami e di 3.792.055 visite erogate esclusivamente dagli ospedali pubblici. Numeri che raddoppiano considerando anche le prestazioni erogate in regime di Servizio sanitario pubblico da ambulatori privati.
Ma vogliamo gettare anche uno sguardo al mondo dei disabili e dei disagiati? Presto fatto. In Italia sono 6 milioni gli “indigenti assoluti”, e si stima in 13 milioni gli affetti di una qualche inabilità, cui ne deriva il disagio socio-economico (alla faccia del diritto di uguaglianza, come non manca di ricordarci il presidente della Repubblica rifacendosi alla Costituzione), e a questi si aggiungano donne e caregiver senza alcun aiuto… Quindi, disabili sempre più poveri di cure. In Italia non esiste un Registro nazionale sulla disabilità e non è possibile sapere con esattezza quante siano queste persone e, per estensione, il concetto di povertà implica la presenza (in costante crescita) di 2,18 milioni di famiglie in indigenza assoluta, ossia l’8,3 % degli italiani, nel 2021 era il 7,7%, e oltre 5,6 milioni di individui, ossia il 9,7%, mentre l’anno precedente era il 9,1%. Altro dramma sociale riguarda gli infortuni sul lavoro. Recenti statistiche riferiscono che dei 1.041 infortuni mortali contati nel corso del 2023, sono stati 799 quelli mortali in occasione di lavoro, mentre sono 242 quelli rilevati in itinere: si denota una diminuzione nel numero totale rispetto al 2022 (erano 1.090) ma, numeri alla mano, il decremento è dato dalla diminuzione del 19,3% per gli infortuni in itinere (da 300 nel 2022 a 242 nel 2023), mentre quelli in occasione di lavoro sono aumentati dell’1,1% (790 nel 2022 contro i 799 nel 2023). Anche questi dati ovviamente vanno in gran parte ad incidere sui bilanci della Sanità pubblica con altrettanti risvolti sociali, sia per la riduzione della forza lavoro (i deceduti), e sia per l’incremento delle eventuali invalidità temporanee o definitive (gli infortunati). Le cause? Molteplici, direi; a cominciare dal fatto della carenza di poco personale preposto e quindi scarse presenze ispettive sui posti di lavoro, con relative non poche irregolarità riscontrate. Per non parlare poi delle diverse malattie professionali. Ma l’indignazione che ne deriva da tutto ciò è che da più parti si dice, si contesta, si critica, si denuncia, si fanno proclami, discorsi pubblici di responsabilità e sensibilizzazione; una filippica di retorica che lascia un “vuoto istituzionale” e un popolo sempre più alla deriva… Si lamentano inoltre sprechi e carenza di fondi, come pure la mal gestione degli stessi; e anche per questo aspetto retorica e ipocrisia vanno di pari passo giacché i nostri governanti, non sono in grado di recuperare i molti miliardi di euro di evasione fiscale. Tutte queste componenti di “mal governo” (nonostante la buona volontà di qualcuno) fanno emergere un quadro della situazione assai preoccupante che val la pena approfondire. Uno studio della Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (C.G.I.A.) mostra come il mancato gettito costi allo Stato 83 miliardi e 600 milioni (l’importo attuale della evasione fiscale), una cifra pari alla metà di quello che ci costerebbe per l’inefficienza della P.A., ossia più di 180 miliardi all’anno. Nello specifico si tratta di regole tortuose e complicate a causa della burocrazia statale (che personalmente da anni definisco essere il “cancro dell’Italia”), i mancati pagamenti della P.A., la lentezza della Giustizia, gli sprechi nella Sanità, nel trasporto pubblico locale. etc. Nello specifico il solo costo della burocrazia è di 57,2 miliardi, e i debiti statali nei confronti dei propri fornitori ammontano a 49,5 miliardi; la lentezza della Giustizia costa al Paese 40 miliardi, la malasanità 24,7 miliardi, i trasporti pubblici inefficienti 12,5 miliardi. Questa è una fotografia che nessun Paese ci invidia e nemmeno ci eguaglia, e ciò nonostante ogni occasione è buona per richiamare i valori dela Patria, del Tricolore, dell’Unità nazionale; ma al tempo stesso ci vuole un bel coraggio (a fronte di questi dati) rientrare nel concetto di democraticità e di civile emancipazione. E ciò, si badi bene, non significa allontanarsi dai valori promossi dai nobili padri della Costituente, ma sarebbe meno dispersivo e più razionale favorire una politica più omogena e possibilmente, perché no, anche un po’ più Socratica!
Due parole sul fine pandemia per Covid 19
Nel corso di questi ultimi tre anni l’evento pandemico ci ha condizionato un po’ tutti, con una serie di conseguenze sia sul piano della salute che su quello della gestione della vita quotidiana. È stata un’esperienza in molti casi drammatica con tantissimi infettati dal virus e con non pochi decessi (nel mondo rispettivamente: 765.222.932 e 6.921-614), tra i quali gli stessi operatori sanitari: medici, infermieri, Oss e volontari. In questa circostanza anche il nostro SSN è stato preso alla sprovvista con l’esigenza di correre ai ripari più o meno in modo razionale, ma in realtà così non è stato a cominciare dalla “fagocitosi” politica per gestire la situazione, dalla bramosia di molti esperti (e non) di far sapere e spiegare alla pubblica opinione; per non parlare del susseguirsi quotidiano dei bollettini sanitari che tanta apprensione e disorientamento hanno creato soprattutto in anziani e adolescenti. Poi i vari provvedimenti del cosiddetto lockdown (confinamento), gli scandali legati ai mezzi di protezione quali le mascherine, i guanti, i vaccini e quant’altro. Quindi, come volevasi dimostrare non sono mancate anche le speculazioni pure legate ai vaccini stessi, provvedimento medico-sanitario quest’ultimo estremamente delicato tanto da aver creato in molti casi pesanti effetti collaterali (longcovid) e, purtroppo, anche qualche decesso e casi di gravi paralisi più o meno ben definite e accertate. Per la precisione al 2022, ad esempio, si sono registrati 22 decessi correlabili ai vaccini contro il Covid, ossia circa 1 decesso ogni 5 milioni di dosi. In totale gli eventi avversi gravi ad esito letale sono stati 758 (0,7 ogni 100 mila dosi). La correlabilità, va precisato, avviene quando “la vaccinazione è l’unica spiegazione possibile”. Per quanto riguarda invece le origini di questo virus si sono fatte varie ipotesi e, a riguardo, sono stati scritti diversi libri, molte inchieste e indagini ma alla resa dei conti la certezza matematica pare che nessuno l’abbia mai potuta dimostrare. E i costi, almeno per quanto riguarda il nostro Paese? Personalmente non ho la opportuna documentazione, ma si sa che da più parti si è investito molto denaro tanto necessario quanto “occasione” di sprechi, connivenze, depistaggi, disinformazione, etc. Ma la situazione sanitaria si è ulteriormente aggravata, avendo “penalizzato” il rispetto della assistenza e delle cure ordinarie pre covid, creando di fatto le cosiddette liste di attesa, peraltro ancora presenti sul territorio. Mentre un velo pietoso è da stendere su quel corpus di persone etichettate con il nome di “no vax” che, con le loro ferme opposizioni, hanno alimentato non poco scompiglio. E ora, qual è la novità? Manco a dirlo la pubblicazione “Perché guariremo – Dai giorni più duri a una nuova idea di salute” (Ed. Solferino, 2024) a cura di Roberto Speranza, l’ex ministro della Salute (dal 2019 al 2022) che ha affrontato l’emergenza tra il Governo Conte e il Governo Draghi. L’autore, presentando il suo libro a Potenza, ripercorre in gran parte questa triste vicenda da lui gestita, della quale alcuni testimoni diretti come Andrea, proveniente appositamente dal Veneto per la presentazione, cui è seguito breve confronto-affronto col l’ex ministro che lo ha liquidato in poche battute…, come si è visto al programma “Fuori dal Coro” (Rete Quattro) di mercoledì 14 febbraio, che ha avuto lesioni dopo il vaccino anticovid, ora reso invalido e sulla sedia a rotelle. E anche se i vaccini hanno salvato 1,4 milioni di persone in Italia, non è certo una ragione sufficiente “per non considerare” quelli che il vaccino ha procurato lesioni con tutte le conseguenze del caso. Di questi pazienti (ed ex) si tratta delle classiche voci nel deserto, ma sono pur sempre esseri umani che l’ex ministro dovrebbe avocare a sé quanto ne è derivato. E qui non si tratta, da parte mia, di essere anticonformista o Catone il censore, ma di rinverdire quella obiettività di cui generalmente il politico è carente (sic!).