LE P.A. SEMPRE PIÙ DISTANTI (O QUASI) DAL CITTADINO

Disgregazione sociale? Almeno in parte come conferma la frammentarietà del bene comune

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Con il trascorrere degli anni si sommano ricordi, piacevoli e non. Nel primo caso spesso con rammarico soprattutto per il desiderio del loro ripetersi, inoltre anche per il fatto di non essere riusciti a realizzare qualche sogno: da parte mia in particolare con finalità filantropiche; nel secondo caso per recitare il diverso “mea culpa”. Ma purtroppo non a tutti è riservato il ruolo della massima possibilità di esercitare il bene e, personalmente, nella mia pochezza ho cercato (anche tuttora) di tendere un mano verso i più deboli, disabili in particolare sia pur con il solo “sostegno” morale e sociale attraverso un articolo o una conferenza. Purtroppo, devo constatare che in questi ultimi due decenni mi parso sempre più difficile agire a favore del prossimo, ad eccezione di pochi casi; e questo perché anche la “società dei sofferenti” è mutata quasi a non voler recepire una mano tesa. Per contro, sono sempre più incessanti le richieste di denaro da parte di questa o quella associazione; un invito pressoché quotidiano con tanto di precisazione dell’offerta e della durata della stessa. Ma a parte le oggettive necessità economiche per talune situazioni, spesso per carenza di interventi socio-istituzionali, io credo che le necessità della maggior parte delle persone disagiate ed anche anziane, consistono nella carenza di informazione diretta dei loro diritti (e doveri), e allo stesso tempo in non poche circostanze di tutela soprattutto di fronte ad eventi di carattere burocratico. Tra le primarie necessità di “intervento a tutela” vi è l’assistenza sanitaria, un ostacolo di non poco conto che raramente è superato dalle molte associazioni di volontariato, le quali per lo più si limitano alla discesa nelle piazze con cortei e sit in, e se non anche con processioni e fiaccolate volte a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma quasi sempre si risolve con il famoso detto popolare: “Passata la festagabbato lo santo». Secondo la mia esperienza ogni singolo cittadino che vive una particolare realtà di disagio, dovrebbe essere “accompagnato” con competenza aiutandolo a superare la difficoltà del momento, ma ciò non avviene (tranne per sporadici casi), sia per incompetenza che per la non predisposizione ad agire in tal modo. Queste constatazioni, che rispecchiano la reale quotidianità, sono il frutto delle carenze istituzionali, e non mi pare che facciano onore alla tanto decantata Costituzione. I fatti di cronaca ad offesa fisica e della dignità dei cittadini: disabili, anziani, lavoratori, etc., sono ormai pluri quotidiani, tanto che a parer mio ci sarebbe la necessità di rivedere la cultura del sociale di tutti noi, evidenziando la solidarietà che deve far parte del dovere civile, e a poco servono i “sermoni” dei politici… sempre più distanti dal bene comune: è inutile legiferare se non si dà seguito alla concretezza, e non far conto costantemente sul volontariato. Ma tornando al mio personale rammarico, ricordo che anni addietro i miei rapporti con le Istituzioni locali erano meglio recepiti e condivisi, tant’é che era naturale per loro dare udienza e rispondere all’appello per questa o quella necessità sociale… mia e altrui. In Piemonte negli anni ’80 un notevole rappresentante di una Istituzione era solito corrispondere per iscritto con i cittadini che a lui si rivolgevano: personalmente conservo ancora una sua missiva su carta intestata, con la quale accettava la mia “libera” collaborazione per fini divulgativi, definendola filantropica. Ad onor del vero fu troppo generoso in tal senso, ma tale era sua convinzione. Ma a parte il poter essere volontariamente di riferimento con la P.A., ciò che preme oggi è anzitutto l’avere un dialogo comune, e non “trincerarsi” dietro il paravento di una e-mail (Pec) o una scarna telefonata, peraltro filtrata dalla Segreteria, senza contare il fatto che talvolta il riscontro (sempre epistolare) lascia un po’ a desiderare. In buona sostanza,  questa esposizione è per sottolineare che talune esigenze del cittadino se non sono eluse, sono considerate al rallentatore… Ovviamente non sono nemmeno poche le esigenze soddisfate più o meno in tempo utile; ma resta il fatto che sono ancora troppe le distanze tra la P.A. locale e il cittadino; per non parlare dei Ministeri che nemmeno si degnano di rispondere alla corrispondenza, specie se inviata per raccomandata. Abbiamo superato un buon inizio di secolo e oltre un secolo e mezzo dell’Unità nazionale, ma di fatto tale unità (questa volta con l’iniziale minuscola) può essere tramutata in disgregazione sociale, all’interno della quale disabili, anziani e disagiati vari come i poveri, restano alla finestra ad osservare un orizzonte sempre più lontano e poco illuminato.

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