AL MOMENTO DELL’ULTIMO VIAGGIO…

Persistono differenze per “onorare” il commiato di chi ci precede. Ma quanto è razionale dare eccessiva enfasi a personaggi un tempo famosi, oltre a manifestazioni di platealità pur nel rispetto delle varie culture?

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Sembra banale ricordarlo: quando una persona lascia questo mondo, in realtà ci precede anche se non sappiamo con certezza la sua destinazione… spirituale o materiale. È il destino della stirpe umana (del resto come anche quello di tutti gli animali). A seguito della morte di questa o quella persona, segue il rito funebre la cui funzione varia a seconda degli usi e costumi delle popolazioni, e per la nostra cultura occidentale durante l’omelia si tende a rievocare la sua personalità, la professione esercitata, come pure le sue relazioni sociali e, immancabilmente, tutte le qualità che lo hanno contraddistinto. Ma per dirla fino in fondo, quello che non ritengo “molto razionale” è il fatto di dare eccessivo lustro a persone che erano più o meno note al pubblico, come se tale particolare attenzione ne valorizzasse la figura anche “post mortem”, aggraziandola di fragorosi battimani e coreograficamente liberando in cielo una miriade di palloncini colorati. Ma tra tutti quelli che ci hanno preceduto e ci precedono ogni giorno vi sono persone comuni, che nella vita sociale non hanno avuto (ma non è una colpa) alcun ruolo particolare e che la loro personalità non ha rappresentato  elementi di significativa rilevanza e, proprio per questo, il loro “commiato” non è seguito da altrettanta plateale manifestazione di vicinanza e tanto meno di considerazione. Si prendano, ad esempio, un nostro comunissimo vicino di casa, oppure il povero che per una vita ha vissuto di elemosina (e di pietà); persone per così dire anonime ma pur sempre persone che a mio dire meritano uguali considerazioni. Ma come ben si sa, la persona conosciuta per anni al grande pubblico e la persona estranea, sono due entità diverse… anche sul piano umano. In questi tempi di modernità di mezzi per la comunicazione è più facile porre in evidenza l’artista, lo sportivo, il cantante, l’attore, l’imprenditore od altro personaggio che hanno riempito le platee di fan, i quali se potessero (idealmente) li seguirebbero… anche senza sapere dove. Questo modo di intendere la differenza delle persone che lasciano la vita terrena, per molti è del tutto razionale mentre in realtà è irrazionale, o comunque non consono al buon senso, non fosse per il fatto che nasciamo tutti allo stesso modo e siamo tutti destinati alla stessa estinzione. Quando, però, muore una persona che ci era particolarmente cara come ad esempio un famigliare, il sentimento che manifestiamo è ovviamente più intimo, più personale e non eguagliabile, in quanto siamo stati legati da affetto o da amore; ma se veniamo a sapere che un giorno non vedremo più il clochard che sul marciapiedi di quella via era solito chiedere un obolo, quale sentimento può scattare in noi? La risposta per i “meno sensibili” può essere moralistica, ma tale non deve essere perché quella persona, per quanto ”anonima”, in realtà aveva le nostre stesse caratteristiche umane e di attaccamento alla vita, e la sua prematura scomparsa (peraltro estremamente senza alcun clamore) di fronte a Dio sarà vista con una luce più intensa.

Detto ciò, non intendo demonizzare in alcun modo persone nobili, ricche, famose e dal vissuto per certi versi più “autorevoli”, ma quale credente e buon cristiano ritengo che l’uguaglianza debba dimostrarsi anche dopo la loro dipartita, unico momento per il quale gli interessati non vedono e non sentono il clamore dei partecipanti alle sue esequie. Ho espresso un’eresia? Forse, ma ben considerando con obiettività il concetto di Persona, e salutare chi ci precede con più sobrietà è l’atto più rispettoso e più consono alla circostanza. A questo riguardo mi sovviene la dipartita del filosofo e filantropo Albert Schweitzer (1875-1965 – nella foto dove è sepolto), alle cui esequie parteciparono gli abitanti del villaggio del Gabon  (pazienti e non), unitamente ai suoi collaboratori, che di fronte alla sua salma sono sfilati tutti uniti in quel mesto e composto silenzio, e solo i tam tam echeggiavano per diffondere la notizia al mondo civilizzato. Un percorso di poche decine di metri che separavano la sua capanna dal sito sepolcrale. Del resto egli stesso lasciò detto che le proprie esequie fossero le più semplici possibili. Purtroppo, oggi, si dà molta più rilevanza a personaggi famosi e arricchiti, tutti onesti magari, ma non per questo “meritevoli” di tanto clamore post mortem!

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