LETTERA APERTA A CHI VUOL SAPERE E INTENDERE…

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e divulgatore di tematiche sociali)

Anche questa è una lettera aperta volendo rivolgermi potenzialmente a tutti i fruitori (e non) del SSN, che continua a presentare problemi che nessuno, e ribadisco nessuno, nemmeno la mente più illuminata riesce a risolvere anche solo parzialmente. Oltre alle quasi quotidiane aggressioni agli operatori sanitari, la questione delle liste di attesa sia per una visita specialistica, un esame strumentale o per un ricovero ospedaliero motivato dalla necessità di un intervento chirurgico, è una costante aggravante che ogni giorno mette “a rischio” la già precaria salute di chi ha bisogno di questa o quella prestazione. Tralascio volutamente la parentesi relativa al ricorso alla Sanità privata, peraltro gestita dai colossi del settore la cui estensione è riscontrabile un po’ ovunque, ivi comprese le convenzioni e gli accreditamenti con le varie Asl; ma intendo soffermarmi sul diritto di fruire gratuitamente del SSN e quindi delle necessarie prestazioni prescritte da un pubblico ufficiale, che è appunto un medico, e contestualmente tenendo presente il ruolo dei responsabili della gestione sanitaria, sia dal punto di vista amministrativo che politico. Pur considerando la cronica carenza di medici e infermieri, non sono da “disattendere” le cosiddette priorità delle prestazioni di cui si ha diritto ad avvalersi. Alla luce di molte lamentele pubbliche di piazza e sui mass media, vado constatando sempre più che la maggior parte dei cittadini (giovani e anziani) non conosce Leggi, Norme e Procedure che regolano l’andamento sanitario, in quanto non si informano e, in caso di “incomprensione”, non sono costanti nell’approfondire per capire se le spiegazioni e/o giustificazioni che vengono loro date ad ogni rimostranza, siano razionali e corrispondano sempre alla realtà dei fatti. Pur non volendo mettere in dubbio la lealtà e la bontà dell’operatore sanitario: medico, infermiere o amministrativo, è lecito superare la cosiddetta riserva delle incertezze e della titubanze, quindi le eventuali incomprensioni vanno sempre approfondite. Inoltre, tutto (o quasi) quello che viene da loro riferito al cittadino-paziente o potenzialmente tale, deve essere seguito da affermazioni scritte soprattutto se hanno caratteristica di specifiche dichiarazioni in merito ai diritti-doveri da ambo le parti. Facciamo un esempio. Quando un medico prescrive la necessità di un intervento chirurgico, solitamente ipotizza (o dà per certo) il periodo entro il quale dovrebbe essere effettuato senza precisare un minimo di scadenza, e a mio avviso è troppo generica l’affermazione: «Prima si interviene e meglio è»; e questo vale anche in caso della prescrizione di una visita specialistica o di un esame diagnostico-strumentale. Intendo precisare che se a causa delle liste di attesa per dette prestazioni il paziente dovesse aggravarsi, o addirittura morire, su chi ricadrebbe l’eventuale responsabilità? È certamente un bel quesito che l’interessato non si pone, e che gli “addetti ai lavori” definirebbero forse una questione di “lana caprina”, ossia di relativa importanza; ma dimostrando (con documenti cartacei) quanto necessita un paziente che si rivolge al SSN, ancorché pretendendo una precisa scadenza, o ipoteticamente tale, è logico e inevitabile risalire ai responsabili della gestione del sistema, diversamente il cittadino-paziente ne subirà le eventuali conseguenze. Per contro, bisogna precisare che tutto ciò che non ha carattere di urgenza richiede tolleranza da parte del cittadino, e comunque in ogni caso il modesto suggerimento (come da sempre) è pretendere il dialogo dal proprio interlocutore e, come ripeto, quando possibile dichiarazioni scritte affinché non possa accampare in seguit0 varie scuse, e magari scaricare la responsabilità al cittadino. Il caso evidenziato recentemente da una televisione nazionale in merito ad un paziente (75enne affetto da una neoplasia) che necessita di un intervento chirurgico presso un grande ospedale della provincia torinese, è stato messo nelle cosiddette liste di attesa da circa 4 anni; ma l’intervistatore non si è fatto dire dal paziente il codice di priorità eventualmente assegnato, che rammento essere quattro.

Criteri di accesso alle prestazioni di ricovero

Classe di priorità per il ricovero: Classe A

Modalità di programmazione – Ricovero entro 30 giorni per i casi clinici che possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti o, comunque, da recare grave pregiudizio alla prognosi.

Classe di priorità per il ricovero: Classe B

Modalità di programmazione – Ricovero entro 60 giorni per i casi clinici che presentano intenso dolore, o gravi disfunzioni, o grave disabilità ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio per la prognosi.

Classe di priorità per il ricovero: Classe C

Modalità di programmazione – Ricovero entro 180 giorni per i casi clinici che presentano minimo dolore, disfunzione o disabilità, e non manifestano tendenza ad aggravarsi né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi.

Classe di priorità per il ricovero: Classe D

Modalità di programmazione – Ricovero senza attesa massima definita per i casi clinici che non causano alcun dolore, disfunzione o disabilità. Questi casi devono comunque essere effettuati almeno entro 12 mesi.

Ora, obiettivamente come si fa a “perseguire” il rispetto di un diritto come quello del caso del paziente su citato, che non ha dato a sapere il criterio di priorità di ricovero inserendolo nelle liste di attesa da almeno quattro anni, e senza sapere quando verrà ricoverato? Rammento inoltre che le liste d’attesa sono l’emanazione di una Legge (Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021), e tale va rispettata, in caso contrario è lo stesso cittadino-paziente che deve attivarsi all’occorrenza con un esposto/diffida nei confronti di chi riterrà responsabile. Da sempre sostengo che segnalare ai mass media il mancato rispetto di un diritto, non è detto che porti alla soluzione del problema…, anzi, il più delle volte ha il solo effetto del mero sfogo pubblico, e magari la “soddisfazione” di federe il proprio nome pubblicato da questa o quella testata. Insomma, secondo la mia esperienza, continuo a constatare che generalmente gli italiani preferiscono vivere con un problema che non riescono a risolvere, piuttosto che accettare una soluzione che non riescono a comprendere!

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