SEMPRE PIÙ LONTANO IL RAPPORTO TRA ISTITUZIONI APICALI E CITTADINO
Scrivere ai Ministeri per sapere o per avere, serve? Non proprio: da quasi mezzo secolo la carenza di comunicazione diretta persiste…, evidentemente il povero “pantalone” non deve sapere e non deve avere
di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)
I sempre più difficili, se non elusi, rapporti tra cittadino e istituzioni, sono tuttora un nervo sempre più scoperto, e pare non esserci alcun antidoto se non il buon senso civico e l’onestà intellettuale soprattutto da parte dei secondi. Nella mentalità e cultura del politico al potere non esiste il “culto” della corrispondenza diretta “ad personam”, se non quella di perseguire il cittadino attraverso i vari Organi di Stato nel caso di qualche inadempienza o irregolarità amministrativa. In effetti, quando è il cittadino a rivolgersi per iscritto alle Istituzioni Parlamentari: ministri o dirigenti di questo o quel Dicastero, il “povero” mittente-contribuente anche se scrive una dettagliata raccomandata (a/r) con tanto di richiesta di riscontro, solitamente non riceve risposta. Premesso che non mi risulta che sulla scrivania dei vari destinatari giunga molta corrispondenza da parte dei cittadini, non si capisce perché questi arroganti che ogni giorno pontificano a destra e a manca non considerino i loro “sudditi” (perché di tali si tratta), i quali se scrivono ai “lor Signor” è perché hanno da segnalare o chiedere qualcosa di molti serio, e quasi sicuramente perché le autorità locali e decentrate non sono in grado di soddisfare le richieste dei loro residenti. Dall’alto dei vertici si continua a valorizzare il contenuto della Costituzione, ma nessuno spiega le ragioni della inosservanza/inadempienza di alcuni articoli in particolare della stessa. Questo malcostume, tanto per usare un eufemismo, si protrae da quasi mezzo secolo in quanto, ricordo, che nei primi decenni della Repubblica i politici-amministratori anche ministeriali erano soliti considerare di più il cittadino, cercando di capire le sue esigenze e attraverso il proprio ufficio di Segreteria dedicare un cenno di risposta. Sicuramente le richieste non erano molte ma alle quali si dava un minimo di importanza. Ma con il trascorrere dei decenni sono cambiati i vari modi di intendere il rapporto epistolare con la cittadinanza, più o meno facilitato dai moderni mezzi di comunicazione, e nello stesso tempo anche la mentalità del politico al potere… sempre più distante dal cittadino-contribuente, ma molto più vicini solo quando si tratta di scattare dei selfie, o di “avvicinarlo” in qualche (ludica) occasione in aria di elezioni. Di questo vergognoso opportunismo la cosiddetta “plebe” non se ne avvede, e proprio per questo continua a subire… e a questo riguardo rammento che oltre due secoli fa Massimo D’Azeglio (1798-1866) disse: «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani», una affermazione che si addiceva ai suoi tempi proprio per quei momenti storici ma che, a mio avviso, alla luce dei fatti si addice anche alla nostra attualità, in particolare a molti connazionali, non solo per la ragione descritta all’inizio dell’articolo, ma anche per tante altre ragioni, in testa alle quali la persistente burocrazia. Tornando alla carenza epistolare ritengo essere una mancanza di rispetto della dignità del cittadino che scrive per sapere o per ottenere… ma continua ad essere calpestato dalla insensibilità e non curanza dei despoti al potere. Purtroppo credo che non esista alcuna Legge che obblighi letteralmente quei “lor Signori” al rispetto di quella che io definisco etica epistolare nei confronti dei cittadini che si rivolgono a loro, ripeto, per sapere o per chiedere; e questo sembra essere un castigo perché di tale si tratta essendo tale comportamento equiparabile a vessazione. Se Socrate vivesse ai tempi nostri di fronte a tale “strapotere” e insensibilità, probabilmente anticiperebbe il proprio destino chiedendo egli stesso in anticipo la cicuta e, pur contestando tutte le accuse, continuerebbe a rispettare le Leggi volute dai suoi stessi detrattori. Quindi, anche la sua saggezza mantiene il suo valore, ma non mi risulta che di fronte allo “strapotere” ci sia un italiano residente che condivida l’etica del sommo filosofo; al contrario, i casi più disperati preferiscono venir meno alle Leggi, o subire passivamente… In buona sostanza, riprendendo il filo della non comunicabilità delle Istituzioni verso i cittadini, verrebbe da dire che abbiamo un Governo che ci meritiamo, ma con la sostanziale differenza che chi scrive da sempre si discosta da tale considerazione, mantenendo agli atti la propria documentazione a dimostrazione di questo malcostume “made in Italy”! Un’ultima osservazione: a seguito della pandemia le relazioni sociali, come pure il rapporto con le Istituzioni, si è modificato (in negativo) sensibilmente anche per il fatto che sono aumentate richieste e lamentele d’ogni tipo e, manco a dirlo, nessuno vuol farsi carico dei problemi altrui, comprese le stesse Istituzioni: salvo casi improrogabili.