LO “STRAPOTERE” DELLA COMUNICAZIONE

Protagonisti sono i despoti dell’era moderna che nulla hanno da insegnare

di Ernesto Bodini (giornalista e divulgatore di tematiche sociali)

Non ci si stupisca, e soprattutto non ci si lamenti, se in varie emittenti a diffusione nazionale taluni ”presuntuosi” e arroganti giornalisti e conduttori, si permettono di sbroccare solo perché non hanno gradito le esposizioni dei loro ospiti, politici o persone di altro rango socio-culturale, o per imporsi sia agli ospiti in studio che ai telespettatori. Recente è il caso del giornalista Paolo Del Debbio che, durante la conduzione del suo programma Diritto e Rovescio andato in onda su Rete 4 il 21 novembre scorso, si è espresso con una frase che taluni telespettatori hanno interpretato come una bestemmia, mentre l’interessato sostiene che non voleva essere tale…, ma la frase pronunciata non lascia dubbi. E anche se in seguito il conduttore ha voluto precisare che la sua espressione non paventava alcuna bestemmia o ipotesi di blasfemia, rimane deprecabile il suo linguaggio informale e a volte, a mio avviso il modo porsi è con eccessiva veemenza… e con un lessico non proprio etico. Altri esempi analoghi riguardano l’irruenza, la strafottenza e al seguito le infinite volgarità espresse dal critico Vittorio Sgarbi in molte comparse televisive (che i conduttori-giornalisti non riescono o non sanno frenare), e ciò non è certo un bell’esempio di etica della comunicazione per un esponente istituzionale che ha ricoperto diversi incarichi pubblici. Ma a parte la citazione di questi lor “signori” (da notarsi l’iniziale minuscola), c’è da chiedersi: perché da un bel po’ di tempo a questa parte vanno sempre più aumentando queste eccessive “libertà” comportamentali attraverso l’espressione pubblica di volgarità a pie’ sospinto? Di primo acchito si direbbe che è la conseguenza di un costume e di una cultura in linea con l’evoluzione dei tempi, come se la stessa “giustificasse” tale libertà; ma questo eccesso è in netta contraddizione con i concetti (ancestrali) della buona educazione, non solo dal punto di vista comportamentale ma anche da quello del bel esprimere, quindi dell’educazione. Volendo ulteriormente disquisire in merito, si provi ad immaginare se tale mal costume dell’espressione verbale in pubblico uscisse dalla bocca del presidente della Repubblica o del Pontefice, ne deriverebbe come minimo uno scandalo, magari con qualche conseguenza… Come pure se gli sproloqui uscissero dalla bocca degli insegnanti della scuola dell’obbligo durante le lezioni. Io credo che tale evoluzione comportamentale in negativo sia frutto del troppo potere che si dà (o si lascia) a determinati personaggi della comunicazione pubblica, e quel che è peggio è che paradossalmente costoro hanno un seguito di ascoltatori, che magari dissentono ma che non smettono di seguirli e applaudirli nelle loro performance. Inoltre, va da sé che anche la popolazione adolescente (quindi soggetti di minore età) assorbono quello che sentono e quello che vedono, effetti di una vera e propria emulazione che a volte si tramuta in azioni lesive di diversa natura. Per porre un freno a questa escalation si invoca l’impegno di trasmettere esempi di buona educazione e di cultura, ma nessuno si sofferma nel precisare che non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, e peggior ignorante di chi non vuol sapere (si provi, ad esempio, a correggere un ignorante… diventerà un nemico). Un ulteriore incremento a questi episodi disdicevoli, è dato dall’avvento di internet e dei vari social che, più o meno tutti, sono un terreno fertile per “assorbire” soprattutto i peggiori esempi della comunicazione e delle azioni comportamentali, tant’è che nemmeno l’esempio di chi ben agisce e ben si comporta anche con azioni etiche e di solidarietà, sono sufficienti a far desistere i cosiddetti votati all’offesa gratuita, spesso aggravata dalla prepotenza… alcuni politici compresi. In merito a tutto ciò c’è chi dà colpa agli effetti della pandemia, ma a ben osservare episodi di mal costume sociale risalgono all’immediato post ’68, periodo di buone conquiste sociali, ma al tempo stesso anche di numerosi eccessi di libertà dalla discutibile eticità. Aggiungo, inoltre, che televisione e pubblicità continuano ad essere strumenti la cui potenza (“prepotenza”) invasiva condiziona l’animo umano, sia con messaggi spesso allusivi (e ingannevoli) che con proposte filmiche dalla trama di inaudita violenza. Per quello che mi consta, non ci sono segnali di inversione di rotta, anzi, più si lascia fare e più si peggiora con possibili conseguenze come le cronache ci informano. Ecco dunque, a mio avviso, la sintesi di un quadro sociale i cui protagonisti del potere, anche nell’ambito della comunicazione, sono da annoverarsi tra i moderni despoti… come se non ne avessimo abbastanza a livello internazionale.

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