Acqua pubblica o privatizzazione? Quale futuro ci attende?
Acqua pubblica o privatizzazione? Si tratta di una questione molto attuale, soprattutto in vista dei referendum previsti per questo fine settimana. L’acqua è una risorsa naturale indispensabile e insostituibile, e ancora oggi oltre un miliardo di persone nel mondo soffrono per l’assenza di questo bene prezioso. La dichiarazione dei diritti dell’uomo definisce quello all’acqua un “diritto uguale per tutti, senza discriminazioni” . E ancora: “Gli Stati nazionali dovrebbero dare priorità all’uso personale e domestico dell’acqua al di sopra di ogni altro uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questa quantità sufficiente di acqua sia di buona qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole dalla propria casa.” Possiamo ritenerci molto fortunati per il fatto che non solo oggi abbiamo l’acqua ad una distanza ragionevole, ma dentro le nostre case. Ciò a cui si potrebbe andare incontro invece è che l’acqua, come dice poco prima la dichiarazione, smetta di diventare “accessibile economicamente a tutti”. E’ questo il rischio paventato da coloro che sono contrari alla privatizzazione dell’acqua. Si è consolidata nel tempo l’idea che il prezzo dell’acqua debba essere basso ed accessibile, come è stato fino a pochi decenni fa, grazie a gestioni pubbliche, che permettevano di usufruire delle risorse idriche a prezzi sociali. Da qualche tempo però, anche a livello internazionale, a seguito di una domanda maggiore d’acqua, si sono introdotti strumenti e metodi basati su principi di mercato. In alcuni casi questo ha comportato la privatizzazione, e la conseguente difficoltà economica per alcune categorie di popolazione. L’acqua è quindi un bene in vendita e le regole del mercato rischiano di farla diventare da bene primario a bene di lusso. I più estremi paventano il pericolo che l’acqua diventi il nuovo petrolio, l’oro, questa volta blu delle compagnie. Finirà davvero così?
Veronica Atzei