Giovani e mercato immobiliare: un matrimonio impossibile?
Tra agosto e settembre il Censis ha reso noti una serie di dati allarmanti sulla situazione economica e patrimoniale dei giovani italiani: “solo il 28% dei nuclei giovani (con persona di riferimento fino a 35 anni) riesce a risparmiare, il 42% non ha nessun patrimonio immobiliare, il 40% vive in affitto”. Non solo, stando alle ricerche effettuate dall’Ente, “le famiglie più giovani sono quelle più vulnerabili sotto il profilo abitativo: pagano alti canoni d’affitto oppure usano alloggi di famiglia”.
I dati non stupiscono più di tanto chi è giovane, chi ha un figlio giovane e, in generale, chi è ben addentro al contesto sociale, però sono preoccupanti per tutti.
Lo è, innanzitutto, la percentuale sul (non) risparmio, perché risparmio vuol dire spalle coperte, futuro sereno. Non dimentichiamo, poi, che stiamo parlando di persone che, visto l’attuale stato del nostro sistema previdenziale, con molta probabilità non percepiranno mai una pensione. E questo nonostante una bella quota dei loro guadagni se ne vada via proprio in contributi previdenziali. Certo, può essere che i giovani di oggi siano più “spendaccioni” delle precedenti generazioni, ma non può essere solo questo il problema.
Le indagini del Censis vanno infatti analizzate insieme ad altri dati quali, ad esempio, quelli recentemente diffusi dall’Ocse sulla situazione lavorativa dei giovani italiani: a luglio 2011 il tasso di disoccupazione giovanile era pari al 27, 9 % e il 46,7% degli occupati, nella fascia di età 15-24 anni, aveva un lavoro precario. Ciò dimostra – se mai ce ne fosse davvero ancora bisogno – che i “bamboccioni” non sono la norma e che per molti giovani continuare a vivere con i propri genitori non è una scelta di comodo ma una necessità.
Per quanto riguarda la loro situazione abitativa, le indagini statistiche confermano quello che si può comprendere anche semplicemente scambiando quattro chiacchiere per strada: se gran parte di coloro che cercano casa si lamentano perché i prezzi sono proibitivi e gran parte di chi vuole vendere o affittare case si lamenta perché non riesce a “piazzarle”, è evidente che nel mercato immobiliare qualcosa non va.
Senza scomodare gli economisti, se l’abbondante domanda di immobili non si incontra con la lauta offerta, il prezzo (costo dell’immobile o canone di locazione che sia) deve per forza essere mal tarato. Ed è mal tarato perché non è adeguato all’effettivo potere d’acquisto degli stipendi (e spesso neppure alle reali caratteristiche dell’immobile).
In questo senso vanno anche le dichiarazione del direttore generale del Censis, Giuseppe Roma: «La domanda dei giovani e dei nuovi nuclei familiari alimenta sempre meno il mercato della casa, tanto che le difficoltà del comparto immobiliare da congiunturali rischiano di diventare strutturali. Data l’importanza del comparto residenziale, che fattura circa l’80% del totale, è urgente prospettare un’offerta di abitazioni in proprietà e in affitto che incontrino le esigenze delle nuove generazioni. […] Gli affitti sono troppo alti rispetto alle disponibilità economiche delle nuove generazioni».
Tutte queste cifre, però, dovrebbero allarmare soprattutto chi – a quanto pare – un’idea di quello che è il mondo reale proprio non ce l’ha, ossia i nostri governanti. Forse, però, questi signori non sanno interpretare i tanti (forse troppi) dati a disposizione (basti pensare, da ultimo, allo scivolone del ministro Sacconi sulla riforma delle pensioni). O forse fanno finta di non saperli utilizzare: ogni dato si può, infatti, manipolare secondo il proprio fine. Del resto, i nostri politici ci hanno insegnato che la matematica, perlomeno in Italia, è un’opinione.
L’unica speranza per i giovani (ma anche per il mercato immobiliare e, in generale, per il sistema economico nazionale) è che il cambiamento parta spontaneamente dal basso. Che, cioè, i proprietari comincino a ridimensionare i prezzi. D’altronde, non è forse meglio incassare un corrispettivo ridotto che non incassarne affatto? A quel punto può darsi che le alte sfere – in un improvviso quanto improbabile momento di lungimiranza – seguano il buon esempio, venendo incontro ad ambo le parti con sgravi fiscali, incentivi ed altre soluzioni normative che consentano agli acquirenti di soddisfare i loro bisogni e agli offerenti di non perderci economicamente.
Marcella Onnis – redattrice