“Fermiamo l’Italia per una settimana!” Ce la faremo?
di Giusy Chiello
“Fermiamo l’Italia per una settimana!”, queste le parole scritte da un nostro lettore in una e-mail inviataci in redazione per esortare tutti i suoi connazionali a ribellarsi a questa gestione suicida del paese. La sua sembra una richiesta disperata di aiuto, ma non è il solo a chiederci supporto in questo senso. In questi giorni, infatti, ci sono pervenute lettere di lamentele, di sconforto, delusione e stanchezza. Gli italiani sono snervati da questo sistema, dal fatto che sono diventati le vittime degli errori politici del passato e del presente, non ce l’hanno con qualcuno in particolare ma con tutti coloro che in questi anni hanno guidato il nostro paese facendo i loro interessi e quelli di coloro che hanno meno bisogno.
Si potrebbe fare un elenco interminabile di ciò che non va bene nel nostro paese.
Si potrebbe cominciare dalle tasse. “Se tutti pagano si possono ridurre”, queste le parole del premier Monti. Ma come fa a fare affermazioni di questo tipo? Se già gran parte degli italiani non riesce ad arrivare a fine mese, come potrà pagare gli ulteriori aumenti delle imposte? Si tratterà per molti di non fare più la spesa, visto che ormai per tantissimi italiani non esistono più bisogni superflui, ma solo quelli di prima necessità. E del caro benzina ne vogliamo parlare? Con 10 euro si riesce a malapena ad avere 5 litri di gasolio. E quanto ti dura? Se lavori un minimo distante da casa tua, ogni giorni ti ci vuole il carburante. Una famiglia che deve vivere con uno stipendio minimo e già di gasolio spende in media 300 euro al mese, può andare avanti? Il mondo del lavoro, poi, continua ad essere bersagliato. Licenziare nel prossimo futuro sarà all’ordine del giorno e senza motivazioni ben precise probabilmente. “I giovani devono abituarsi a cambiare lavoro” afferma il Capo del Governo. Si potrebbe anche fare, ma con la clausola che tra un licenziamento e l’altro i disoccupati vadano a mangiare a casa sua. Tagli, tagli e tagli, ma di diminuire gli stipendi dei parlamentari non se ne parla, di snellire il numero di politici in Italia e nelle regioni nessuna proposta, se non qualcuna di gente che non viene neppure considerata. “Io ho rinunciato al mio stipendio di Capo del Governo” afferma Mario Monti. Ma il suo ruolo di senatore a vita gli frutta annualmente circa 210.000 euro. Circa 17.000 euro al mese. Non saranno un po’ troppi a confronto di un operaio che ne guadagna mille? Si tratta sicuramente di una posizione importante che non può essere paragonata a quella di un semplice lavoratore. Ma sarebbe il caso magari di ridurre il compenso ad almeno la metà? E i suoi collaboratori quanto guadagnano annualmente? Per fare alcuni esempi: Paola Severino, il ministro della Giustizia, ha reso noto che nel 2011 ha raggiunto un reddito di sette milioni di euro e Corrado Passera, a capo del dicastero dello Sviluppo Economico, è arrivato a 3 milioni e 530 mila euro. Si tratta di un vero e proprio sperpero di soldi pubblici che in questi anni sono stati sottratti dalle tasche dei poveracci, che diventano sempre più poveri, visto che sono soprattutto loro a pagare di tutto questo latrocinio. A questo saccheggio partecipano anche i partiti politici che ricevono finanziamenti annui da capogiro, come accade per le testate giornalistiche a cui fanno capo i vari partiti. Chi si avvale di informare liberamente la gente, invece, non ha nessun finanziamento ed elemosina un rimborso spese che si riduce a 5 euro ad articolo, quando va bene. E delle banche ne vogliamo parlare? Molti ritengono che gli istituti finanziari non paghino le tasse e si accordino con l’Agenzia delle Entrate, mentre al povero cittadino che non arriva a fine mese e che non riesce a pagare le rate gli vengono sottratti i beni immobili e viene lasciato nel lastrico, con la conseguenza che c’è gente che si ammazza per i debiti.
Per ribellarsi a tutto ciò, i nostri lettori credono che bisogna smetterla di stare a sedere e subire, ma bisogna agire. La proposta di uno dei nostri lettori. C. L., è quella di far fermare l’Italia per una settimana, dal nord al sud, niente produzione, niente di niente. I politici capiranno che per andare avanti bisogna lavorare e sbracciarsi quotidianamente per mandare avanti la barca che sta affondando?
Bisogna provarci però!
“Fermiamo l’Italia per una settimana! Il futuro dipende da noi”.