Sesso: misurato il ‘punto G’
Oggi è una bella giornata per chi come me ha cercato di rompere il velo di disinformazione sulla sessualità, che incombe sull’Italia. Abbiamo una bella conferma dopo tante accuse di essere pazzi, visionari, maniaci sessuali, semplicemente perché si pretendeva di informare sui fondamenti dell’anatomia sessuale.
Adam Ostrzenski dell’Institute of Gynecology di St. Petersburg in Florida ha reso noto di aver isolato e misurato il punto G: lunghezza 8,1 millimetri, larghezza da 3,6 a 1,5 mm, altezza 0,4 mm.
Parrebbe così chiudersi una polemica durata più di 50 anni.
Molti ricercatori avevano infatti negato la sua esistenza, nonostante fosse chiaramente percepibile al tatto dato che è costituito da tessuti cavernosi (o tessuti erettili), simili a quelli del pene e della clitoride, che si gonfiano se sollecitati. Il Punto Grafenberg, o Punto-G, fu così chiamato perché venne scoperto dal ginecologo tedesco Ernst Grafenberg.
Emmanuele Jannini, Docente di Sessuologia Medica dell’Università degli Studi de L’Aquila, lo ha poi fotografato recentemente, con un semplicissimo strumento di uso routinario nella diagnostica: l’ecografia transvaginale. Quella ricerca fu riportata sul Journal of Sexual Medicine, la stessa rivista su cui oggi pubblica Ostrzenski.
Il punto G si trova a circa 2,5 cm di profondità, sulla parete frontale della vagina, praticamente è situato dietro l’osso pubico, internamente.
Il motivo di tanta difficoltà nell’individuare questo punto, oltre a una serie di preconcetti culturali, è il fatto che la sensibilità del Punto G è collegata alla motilità dei muscoli vaginali (pubococcigei).
La scarsa confidenza con il proprio sesso, dovuta a fattori culturali fa sì che questi muscoli vengano poco utilizzati da molte donne occidentali. A causa di ciò circa il 50% delle donne occidentali soffre di incontinenza dopo la menopausa.
Il dottor Kegel negli anni 30 dello scorso secolo scoprì che questo disturbo è facilmente curabile, nella maggioranza dei casi, attraverso la ginnastica pelvica. Si tratta di allenare lo stesso muscolo che maschi e femmine utilizzano quando bloccano il flusso delle urine. Esattamente come stai facendo adesso.
Su You Tube con le parole chiave Pavimento Pelvico, Pubococcigeo, Perineo, trovi molti set di esercizi rieducativi. Ma anche questa scoperta è stata osteggiata da buona parte del mondo accademico. In Italia va per la maggiore, per la cura dell’incontinenza, l’intervento chirurgico. Anche D’Alema lo sponsorizzò con una campagna di promozione, quando era Presidente del Consiglio. Egli era convinto che in questo modo si sarebbe ottenuto un risparmio per la sanità italiana, gravata dal costo dei pannoloni per adulti.
In Francia, Danimarca, Svezia, Norvegia, invece da tempo l’incidenza di questo disturbo è intorno al 18% delle donne dopo la menopausa, perché in questi paesi evoluti si insegnano gli esercizi pelvici a tutte le partorienti, come metodo di prevenzione. Nei paesi scandinavi questa ginnastica viene insegnata anche a scuola perché oltretutto permette di diminuire i dolori mestruali.
Inoltre per questo 18% di donne che soffrono di questo disturbo, si ricorre raramente alla chirurgia: intensificando gli esercizi infatti si ottengono ottimi risultati.
Kegel scoprì anche che le sue pazienti non solo guarivano rapidamente da questa disfunzione ma a volte dichiaravano anche di aver sperimentato il primo orgasmo della loro vita. Infatti se l’area sessuale viene tonificata con il movimento, il Punto G diventa sensibile, facilitando l’orgasmo, sennò si instaura un meccanismo di atrofizzazione che a volte rende addirittura fastidiosa la sollecitazione di quest’area.
Negli anni ’70 grazie a ricerche coordinate da gruppi di femministe inglesi e americane, si dimostrò anche che se una donna allena i muscoli vaginali e sviluppa così la sensibilità del Punto G, oltre a migliorare la soddisfazione sessuale può sperimentare una vera e propria eiaculazione di un liquido del tutto simifwle al liquido seminale maschile (ma per fortuna senza spermatozoi, sennò noi maschi resteremmo disoccupati). Le femministe riuscirono a dimostrare l’esistenza di questo fenomeno analizzando decine di campioni di questo liquido che non ha nulla in comune con l’urina.
Peraltro molti antropologi hanno verificato che presso alcune popolazioni che conservano tradizioni matriarcali, il momento di passaggio dalla pubertà all’età adulta per le donne non è il primo mestruo ma la capacità di eiaculare. Presso altri, come i Trukese e gli Yapese dell’Oceania si considera normale che le donne abbiano l’eiaculazione durante l’orgasmo.
Anche questa realtà anatomica è stata a lungo negata e vi sono sessuologi che tutt’ora la contestano.
Ma, grazie alla pressione delle femministe, all’inizio degli anni ’80 molti sessuologi hanno riconosciuto l’esistenza del Punto G e dell’eiaculazione femminile. Il dottor Jannini ha poi fotografato anche la prostata femminile, una quindicina di anni fa, organo che si pensava non esistesse nella donna e che sarebbe responsabile della produzione del liquido femminile.
Aspettiamo ora, anche su questo punto la prova da parte degli anatomisti.
Jacopo Fo
Il Fatto Quotidiano