L’angolo di Full: “Momenti”
Momenti
Nell’aria fresca del mattino c’è una purezza quasi religiosa, ogni cosa palpita nella campagna ancora avvolta nel candore del risveglio e il nuovo giorno è un fantastico dono appena incartato che gli uomini apriranno con noncuranza e, in molti casi, sciuperanno senza nemmeno guardarci dentro.
Il solo essere che sembra riconoscere ed apprezzare la grandiosità di questo dono, unico e nuovo per tutti, è questo cagnolino che corre a perdifiato e si rotola nell’erba rorida, poi si ferma ansante ad aspettarmi come volesse spartire con me la sua gioia e ringraziarmi del gesto che gli regala questa pazza fuga nella libertà… ad insegnarmi, forse, i momenti che contano nella vita.
La sera vado sempre a letto cotto come un manovale dopo un giorno di piccone, eppure dormo meno di un nevrotico sfaccendato. In ogni caso, ogni mattina alle sette sono pronto per la mia scarpinata quotidiana nella campagna dietro casa accompagnato dalla pazza felicità del cagnolino dei miei vicini, gli Amerighi, che mi lasciano fare. Infilo il braccio fra le sbarre del loro cancello e faccio scorrere il chiavistello, sgancio il moschettone della catena che lega la bestiola e, in sua compagnia, cammino per venti o trenta minuti nella valle, giusto per ossigenarmi e per contenere lo stress del lavoro che m’aspetta un’ora più tardi in città.
Come arriviamo a fondo valle, la bestiola parte come un fulmine verso l’argine del torrente, nel punto in cui il rovo è più fitto e la sua fioritura si protende in una bellezza quasi soprannaturale. Lì, il cagnolino si acquatta, improvvisamene calmo, fermo. Come sospeso.
Due metri sotto il terreno pietroso della riva, riposa da qualche anno il suo padrone, signor Amerighi, ancora abbracciato a mia moglie, credo.
Bisogna dire che, per una sepoltura, non c’è niente di più appropriato della riva di un torrente che ringhia minaccioso. A furia di rinforzarne l’argine, il poco pietrisco che avevo buttato sui loro corpi ha raggiunto uno spessore di piena sicurezza, in ogni senso.
A parte i diretti interessati, cioè la signora Amerighi ed io, tutti sapevano dei due amanti, tanto che questi avevano ormai deciso di fuggire insieme, quando li colsi.
Così, tutti trovarono naturale la loro scomparsa e li considerarono lontani e felici nel loro “chissà dove”.
Peraltro, la lettera ricevuta dalla famiglia Amerighi era esplicita:
“Scusatemi per il disagio che vi sto arrecando, ma sono certo che questa separazione tornerà utile a tutti”.
Anche la carta da lettera e la grafia erano state riconosciute al di là di ogni dubbio. Del resto, avevo spedito lo stesso foglio che l’Amerighi mi aveva infilato sotto l’uscio quando aveva iniziato a costruire un muricciolo sul confine delle nostre proprietà.
Anche stamattina colgo dalla sepoltura un rametto fiorito da portare in ufficio. In definitiva, sono rimasto tal quale al marito romantico e galante di un tempo.
Fulvio Musso