Questione di linguaggio… in evoluzione
Da tempo, ormai, si commentano di più i programmi di gossip ed altri fatti altrui piuttosto che argomenti di maggior importanza sociale (come star meglio in salute, come far fronte alla burocrazia, come difendersi dalle ingiustizie, come migliorare il proprio status comportamentale, etc.). Ma perché questa tendenza ha sempre più il sopravvento su quello che dovrebbe essere il comportamento di persone razionali, equilibrate e … non impiccione? Probabilmente perché, come evidenziava uno studio di qualche tempo fa, il linguaggio umano potrebbe essersi evoluto prima di tutto per chiacchierare… Il suo antenato sarebbe infatti la “spidocchiatura” reciproca, attività a cui le scimmie e il gruppo di animali dai quali abbiamo avuto origine, dedicano gran parte del loro tempo. Più che liberarsi dai parassiti questa singolare “attività” serve per conoscersi meglio, acquistare fiducia l’una nell’altra, rappacificarsi.
Come noi, le scimmie hanno gerarchie precise: si conoscono personalmente, formano amicizie e alleanze, covano rancori e si studiano per prevedere chi farà, che cosa, per decidere con chi stare; perfino per ingannarsi. Ma curare i rapporti sociali, si sa, richiede intelligenza, razionalità e tempo. Tra i primati, infatti, più numeroso è il gruppo in cui si vive, più grande è il cervello e più tempo bisogna passare a “spidocchiarsi”. Un bel problema per i nostri antenati che vivevano nei gruppi più numerosi in quanto avevano il cervello più grosso: secondo i calcoli degli antropologi, per curare i rapporti sociali i nostri antenati avrebbero dovuto “spidocchiarsi” per il 40 per cento del loro tempo. Da qui, inevitabile la domanda: dove avrebbero trovato il tempo per procurarsi da mangiare?
Lo “spidocchiamento” fu sostituito dalla parola. Il linguaggio è infatti un modo infinitamente più efficace di scambiarsi delle informazioni, e non impedisce di fare contemporaneamente anche altre cose. Ma come facciamo a sapere che le cose sono andate proprio in questo modo? Innanzitutto, nella maggior parte delle scimmie sono le femmine a formare e a mantenere unito il gruppo, creando un senso di solidarietà emotiva tra tutti i suoi membri. E nella nostra specie le bambine imparano a parlare, a leggere e a scrivere solitamente prima e meglio dei coetanei maschietti.
Ma le conferme più interessanti sono emerse da uno studio di gruppi di persone che chiacchierano a casa, al bar, allo stadio, sul posto di lavoro o all’università; insomma, ovunque ci siano conversazioni tra amici o conoscenti, dedichiamo tutti circa due terzi del tempo a parlare di noi stessi e dei nostri conoscenti. Qualunque sia il livello sociale o culturale, si parla di simpatie e antipatie (quello che in gergo moderno viene definito “sparlio”); si raccontano esperienze e performance personali, commentando il comportamento di questa o quella persona. Sarà una coincidenza, ma nelle librerie si vendono in genere, per due terzi, libri di narrativa cioè storie di persone; e in media due terzi delle notizie riportate dai giornali raccontano storie personali, come dimostrano le vendite di settimanali e periodici di cronaca rosa, mondana, etc.
Quando hanno analizzato gli altri argomenti di conversazione come politica, cultura e lavoro, i ricercatori hanno scoperto che nessun altro, neppure lo sport, occupa in genere più del dieci per cento del tempo totale. Gli stessi studi hanno rilevato che le donne non sono affatto più pettegole degli uomini, anzi, questi ultimi amano occuparsi dei fatti altrui esattamente quanto le donne, ma solo quando sono tra loro; in compagnia dell’altro sesso, invece, il tempo che dedicano ad argomenti seri (o comunque più impegnativi) passa da un 5 per cento ad un 15-20 per cento come se cercassero di darsi un contegno, o comunque una giustificazione.
Secondo i ricercatori le conversazioni miste assomigliano un po’ a delle arene in cui i maschi vengono a mettersi in mostra in modo inconsapevole, naturalmente, per farsi scegliere; un po’ come avviene tra i pavoni o i galli cedroni. Per questo nei gruppi di persone più giovani le donne tendono a passare due terzi circa del tempo dedicandolo ad argomenti sociali, a parlare di altre persone, e un terzo a parlare di se stesse. Gli uomini, invece, fanno esattamente il contrario: passano due terzi del tempo a parlare di loro stessi, cioè a farsi pubblicità e un terzo a parlare degli altri. Una volta che i nostri antenati ebbero imparato a parlare, nulla poté più fermarli… È stato il linguaggio che permette di accumulare e trasmettere le conoscenze, ad avviare il progresso culturale e tecnologico dell’umanità; ma la necessità di chiacchierare, anche di cose all’apparenza banali, non è per questo cessata.
A mio parere la conseguenza è la seguente: proprio perché sono molte le persone che non possono (o non riescono) a farsi i fatti loro parlando (o sparlando) alle spalle di parenti, amici o semplici conoscenti, alle altre (davvero poche) non rimane che invocare una sorta di otite per non ascoltare sproloqui e maldicenze del tutto… gratuiti!
Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Sono d’accordo con Lei Ernesto. La civiltà moderna ( a mio parere ) ha perso il significato nell’ascolto del silenzio.