Perché leggere “Le tue antenate” di Rita Levi Montalcini

Una scienziata, una divulgatrice anche di storia

Un exscurus storico-biografico dell’emancipazione femminile tra arte e scienza

 

Visitando le librerie può capitare di trovare ancora copie del volume di Rita Levi Montalcini (che oggi ha superati i 103 anni), in collaborazione con la sua assistente Giuseppina Tripodi: “Le tue antenate. Donne pioniere nella scienza dall’antichità ai giorni nostri” (Ed. Gallucci, 2009; pagine 153, euro 13.00). Una pubblicazione dedicata ai lettori di tutte le età, appassionati e non, in quanto si tratta di una serie di biografie di donne che hanno rivoluzionato l’intero scibile del sapere umano, sovente senza ottenere alcun riconoscimento o considerazione.

Ai primordi compare l’egiziana Ipazia (370-415 d.C.), ritenuta la più famosa tra le scienziate dell’antichità: cultrice di astronomia, matematica e filosofia; scrisse vari Commentari ed inventò modelli di astrolabio, tanto che fu ritenuta l’unica matematica donna per più di un millennio. Trotula De Ruggiero (1050), di Salerno, conseguì la laurea in Medicina affermandosi in particolare  nel campo dermatologico e ginecologico. Conosciuta in tutta Europa, i suoi trattati erano utilizzati in tutte le Scuole di Medicina più famose. Ildegarda di Bingen (1098-1179), nata in Sassonia, divenne badessa e fu una delle ecclesiastiche più colte e influenti; fu particolarmente creativa con trattati di Cosmologia e Medicina e scrisse moltissimi testi di Teologia, oltre ad inventare un linguaggio in codice che veniva usato dai membri del convento allo scopo di comunicare in presenza di estranei.

Molto ricca la presenza di scienziate e letterate dal Rinascimento al ‘600 come la danese Sophie Brahe (1556-1643), particolarmente dedita all’astronomia insieme al fratello Tycho con il quale realizzò osservazioni regolari sulla posizione delle stelle e dei pianeti mediante strumenti con lui ideati. Il suo imponente lavoro non fu mai riconosciuto. Elena Cornaro Piscopia (1646-1684) nacque a Venezia, parlava nove lingue ed aveva interessi per Astronomia, Matematica, Geografia e Scienze Naturali, conseguendo nel 1678 il dottorato in Filosofia. Fu la prima donna al mondo ad ottenere una laurea. Mary Wortley Montagu (1689-1762) nacque a Nottigham e si interessò di Medicina ma anche di problemi filosofici collegati alla conoscenza scientifica e ad altri aspetti di elevata cultura; fece ricerche sulla profilassi del vaiolo (lei stessa ne soffrì) e i suoi figli furono i primi inglesi ad essere vaccinati, tanto che nel 1786 la pratica vaccinica si diffuse ampiamente. Fu anche poetessa, critica letteraria e memorialista, ma anche sostenitrice dei diritti delle donne.

Il ‘700 fu altrettanto ricco di notevoli contributo scientifici ad opera di donne determinate e… temerarie, come la francese Gabrielle Emile Du Chatelet (1706-1749), particolarmente dedita allo studio di Latino, Italiano, Greco, Tedesco e Inglese e della Matematica in particolare. Tra i suoi tutori più famosi ebbe Voltaire; ottima autodidatta imparò le teorie della Fisica e la sua attività contribuì sensibilmente allo sviluppo della rivoluzione scientifica. Tra le sue opere tradusse scritti di Leibniz e Newton, introducendo i suoi commenti sui passaggi più difficilmente comprensibili: dimostrò che l’energia di un oggetto in movimento è proporzionale alla sua massa e al quadrato della velocità. Lottò con tenacia per realizzarsi come donna scienziata. Nicole-Reine Lepaute (1723-1788), nata a Parigi, è considerata una delle più grandi astronome di Francia per aver calcolato esattamente le date del passaggio della cometa Halley.

La russa Sofia Kovalevhaja (1850-1891), dotata di notevoli capacità matematiche, imparò precocemente la Geometria analitica; preparò quattro diverse tesi di dottorato sotto la guida del prof. Weierstrass, ottenendo risultati eccezionali, tanto da conseguire il dottorato in Filosofia. Trasferitasi in Danimarca ottenne la cattedra all’Università di Stoccolma, divenendo la prima donna al mondo professore di Matematica. Il suo contributo è stato di notevole importanza per la risoluzione dell’indagine iniziata da Eulero e da Lagrange. Maria Sklodowska Curie (1867-1934) nacque a Varsavia, e poiché nel suo Paese le donne non potevano frequentare l’università, si trasferì in Francia lavorando come istruttrice per poi iscriversi alla facoltà di Scienze Naturali della Sorbona, conseguendo nel 1893 la laurea in Fisica. Oltre a coniare il termine “radioattività”, con il marito Pierre Curie scoprì il Radio e il Polonio; ai due coniugi nel 1903 fu conferito il Premio nobel per la Fisica e nel 1911 il Premio nobel per la Chimica. Morì a 67 anni di leucemia a causa delle continue esposizioni alle sostanze radioattive.

Barbara McClintock (1902-1992) nacque nel Connecticut da una famiglia che comprese e accettò il suo interesse per la scienza, in particolare la Citologia, la genetica e la Zoologia. Poiché a quei tempi alle donne non era consentito seguire i corsi di genetica, questa intraprendente americana aggirò l’ostacolo iscrivendosi al Dipartimento di Botanica, portando la Genetica come materia accessoria, e laureandosi nel 1925. Pubblicò diversi articoli scientifici dimostrando che i geni si trovano realmente nei cromosomi: aveva così fondato la Genetica cellulare. Ebbe il Premio nobel per la Medicina nel 1983, ossia trentadue anni dopo la sua rivoluzionaria scoperta. Eugenia Sacerdote De Lustig (1910-2011) nacque a Torino, e contravvenendo alle convenzioni del tempo, con la cugina Rita Levi Montalcini, si iscrisse alla Facoltà di Medicina, divenendo allieva di Salvador Luria e Renato Dulbecco, futuri nobel in Medicina. Si dedicò allo studio delle colture in vitro nel laboratorio dell’istologo Giuseppe Levi. Nel 1939 si trasferì in Argentina a causa delle leggi antisemite, dedicandosi alla coltura delle cellule cancerose e alla ricerca sul virus della poliomielite, recandosi negli Usa e in Canada (inviata dall’Oms) per apprendere la metodologia per la preparazione del vaccino Salk, adoperandosi, una volta tornata in Argentina, per estendere in tutto il Paese l’inoculazione del vaccino contro la poliomielite.

Ma altre scienziate sono tuttora presenti nel mondo della ricerca, come la statunitense Rosalyn Sussman Yalow (1921), laureatasi in Fisica nucleare nel 1941, ottenendo quattro anni dopo il dottorato presso l’Università dell’Illinois. Poiché nel dopoguerra si stava diffondendo la conoscenza degli isotopi radioattivi, la scienziata ha pensato di applicarli in campo medico dopo aver seguito una conferenza di Enrico Fermi sulla fissione nucleare. Ha inventato e messo a punto, con il collega Solomon Aaron Benson, la tecnica del dosaggio radioimmunologico, che consente la misurazione di quantità anche minime di sostanze biologiche. Grazie a questa scoperta è stato possibile misurare l’ormone della crescita e l’insulina. La messicana Carolyn Spellam Shoemaker (1929) ha iniziato la sua carriera di astronoma nel 1980 presso il California Institute of Technology e all’Osservatorio di Monte Palomar, e detiene il record per il maggior numero di comete scoperte da una sola persona: 32 comete, al 2002, e più l’individuazione con David Levy della cometa Shoemaker-Levy nel 1993; scoperta diventata famosa perché si è trattato del primo caso in cui una cometa è stata osservata mentre veniva “catturata” dalla forza gravitazionale di un pianeta (Giove).

La tedesca Christiane Nusslein-Volhard (1942) è appassionata di scienze, in particolare della Biochimica. La sua fama risale alla pubblicazione sulla rivista Nature della sua ricerca sui geni e sulle loro mutazioni, individuati come responsabili di una notevole percentuale delle malformazioni congenite. Nel 1991 ha vinto il Premio Lasker per la ricerca medica di base, e nel 1995 il Premio nobel per la Medicina e la Fisiologia (assieme a Eric Wieschaus e Edward B. Lewis) per la scoperta dei geni responsabili dello sviluppo degli organismi. Altrettanto valido il contributo della statunitense Rebecca Cann (1951) che, insieme al marito Mark Stoneking e ad Allan Wilson dell’Università di Berkley, ha il merito di aver fornito la prima prova molecolare per la ricostruzione dell’albero evolutivo. Grazie alle sue scoperte sul DNA mitocondriale è stata scoperta una comune antenata per la popolazione umana, recente e di origine africana, alla quale è stato dato il nome di “Eva africana”, che richiama l’omonimo titolo (“Eva era africana”) del libro del 1995 scritto dal nobel Levi-Montalcini e pubblicato dal medesimo editore, Gallucci.

 

Ernesto Bodini

(giornalista scientifico)

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