Sakineh: la vita di una donna appesa a un filo.
La vicenda di Sakineh Mohammadi Ashtiani è ormai nota a tutti. La sua foto ormai campeggia nei tg, sui giornali, su internet. Chiuque è in grado ormai di riconoscere il volto velato della donna condannata alla lapidazione nel suo paese, l’Iran, con l’accusa di adulterio e concorso nell’omicidio del marito. Quello di Sakineh non è il primo caso di condanna a morte ad avere un eco internazionale, non è la prima volta che il mondo si mobilita per salvare la vita a un condannato, sia esso uomo o donna, cristiano o musulmano. La vicenda di Sakineh però ha assunto risvolti differenti, nuovi. La donna fu condannata nel 2006 alla lapidazione, e i suoi figli hanno cominciato una lunga battaglia per far conoscere al mondo la sua storia.
Nel mondo occidentale la storia di Sakineh ha riscosso grande partecipazione, in tanti si sono mobilitati per la causa della sua liberazione. Non sono mancate neppure le controversie attorno a questo caso. La stampa iraniana ha definito la première dame francese Carla Bruni “prostituta italiana”, per aver cercato di difendere la causa di Sakineh firmando la petizione per la sua liberazione.
E’ circolata in rete anche la notizia secondo la quale in Iran la lapidazione fosse vietata dalla legge, in quanto sospesa da una moratoria del 2008 e che quindi tutto il clamore attorno alla storia di Sakineh fosse dovuta al fatto che “le TV italiane sono prese da una vera e propria furia anti-iraniana”.
La magistratura iraniana ha compiuto almeno due tentativi negli ultimi anni per abolire, o almeno sospendere la pena di esecuzione tramite lapidazione e la sentenza di morte di Sakineh è stata comunque sospesa dalle autorità iraniane nel mese di luglio.
La vita di questa donna rimane comunque sempre legata alla decisione dei giudici, e con lei quella di tanti altri uomini e donne nel mondo condannati a morte.
Veronica Atzei
Nella foto Sakineh