Il sublime “valore” della mente umana
La riflessione è sempre fonte di saggezza
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
C’è sempre un momento o un’occasione per cercare lo spunto per una riflessione sul comportamento umano e, a volte, l’occasione viene proprio dalla visione di un film (sia pur datato) come “La fonte meravigliosa” (tratto dal romanzo omonimo di Ayn Rand), girato nel 1949 e diretto da King Vidor, dall’ottima interpretazione di Gary Cooper (1901-1961) e Patricia Neal (1926-2010). La vicenda è ispirata a Frank Lloyd Wrigt, il genio americano dell’architettura, autore di capolavori come il museo Guggenheim (con questo nome si indicano alcuni musei in varie località del mondo, creati dalla omonima Fondazione). In sintesi, è la storia di Howard Roark (G. Cooper), giovane architetto di talento, determinato nel rinunciare a fama e carriera e a lottare contro ogni sorta di pregiudizio e convenzioni, pur di affermare il proprio genio. Nella sua battaglia contro lo status quo e per il diritto all’arte vera, libera, creatrice, Howard si imbatte in ogni variante di corruzione umana, inclusi un rivale senza scrupoli e privo di morale, Peter Keatin, e un potente editore, Ellsworth Toohey. È anche la storia (non ci poteva mancare) di un amore contrastato, struggente e impossibile che si intreccerà indissolubilmente con la vita e la carriera dell’architetto Howard. Delle varie sequenze che ho seguito, a onor del vero, sia pur a tratti, quella in cui il bravo protagonista (G. Cooper) si esibisce con una dotta eloquenza sull’etica (e non etica) del comportamento umano, attraverso la quale mette a nudo valori, potenzialità e difetti dell’Essere tanto da indurre il fruitore (del film o del romanzo) a soffermarsi e a riflettere… Per queste ragioni ritengo utile riproporre gran parte della recita del grande attore americano.
«Migliaia di anni fa un uomo riuscì a scoprire il segreto del fuoco. Forse lo bruciarono con quel legno che gli avevano insegnato ad accendere, ma lasciò all’umanità un dono insperato e con esso liberò dal buio la Terra. Durante i secoli altri uomini mossero i primi passi sulle vie nuove animati soltanto dalle loro intuizioni. I grandi creatori, i pensatori, gli artisti, gli scienziati, gli inventori rimasero soli contro gli uomini del loro tempo: ogni nuova idea era ostacolata, ogni invenzione bandita, ma ciascuno di loro andò avanti, lottò, soffrì e pagò, ma vinse. Non era mosso dal desiderio di piacere alla folla; la folla odiava il dono, ma lui cercava la verità, suo scopo era solo la sua opera, non chi ne usava; la sua creazione non i benefici che gli altri ne traevano: la creazione che dava forma alla sua “verità”; però la sua verità la metteva sopra e contro tutti gli altri».
«Andò avanti, sia che gli altri volessero seguirlo, o no; solo con la sua integrità per sola bandiera, non servì niente e nessuno, visse solo per sé. E solo vivendo per sé poté realizzare le opere che formano la gloria dell’umanità: è così che è avvenuta ogni conquista. L’uomo è nato inerme, ha un’unica arma: la sua mente, senza di essa non potrebbe sopravvivere. Ma la mente è un attributo dell’individuo, non c’è e non si può concepire una specie di “cervello collettivo”; l’uomo che pensa diviene da sé. Come può lavorare se è sottoposto a costrizioni di ogni genere? È impossibile subordinarlo a bisogni, opinioni o desideri di altri; nessuno ha il diritto di sacrificarlo. Chi crea si basa sul proprio giudizio, il parassita segue l’opinione degli altri; chi crea pensa, il parassita copia; chi crea produce, il parassita ruba; chi crea tende alla conquista della natura, il parassita alla conquista dell’uomo. A chi crea va data indipendenza, egli non comanda e non serve nessuno, tra lui e gli altri c’è un libero scambio, una libera scelta; il parassita cerca il potere e tenta di livellare gli uomini in una azione comune, una comune schiavitù, e pretende che l’uomo debba essere uno strumento ad uso degli altri, che debba annullarsi in una servitù senza gioia».
“Guardate la storia: ogni conquista, ogni bene che possediamo deriva dall’opera indipendente di una mente indipendente; ogni barbarie o decadenza nasce dal tentativo di fare degli uomini automi senz’anima, senza cervello, senza diritti personali, volontà, speranza, dignità. È un antico conflitto. Oggi ha un altro nome: individuale contro il collettivo. Il nostro Paese (America, n.d.r.) che è fra i più nobili della storia degli uomini, si fondò sul principio dell’individualismo, ossia dei diritti inalienabili dell’uomo, per un Paese dove l’uomo era libero di cercare la sua felicità, di guadagnare e produrre non angustiato dalla rinunzia; di prosperare non di languire, libero di possedere un bene inestimabile, il senso del suo valore personale è la più alta delle virtù, il suo amor proprio. Questo è ciò che i collettivisti vi chiedono (rivolgendosi al pubblico in sede processuale, n.d.r) di distruggere, come già altrove è stato distrutto…».
Dopo questa esposizione, per certi versi moralistica, si potrebbero fare diverse considerazioni, ma personalmente ritengo più saggio e intellettualmente onesto rimettermi ad una semplice riflessione che esprimo in quesiti: fino a quando l’animo umano sarà predisposto alla superiorità e all’arroganza nei confronti dei suoi simili? E soprattutto, quando riterrà il momento più opportuno per fare i conti con la propria coscienza, giacché la sua mente è l’unica e potente arma che possiede, ma che non sempre sa farne l’uso più razionale ed umano? Ad ogni lettore il diritto di tentare, se non una risposta, almeno qualche minuto di saggia riflessione!