Gli zingari un popolo sconosciuto? Non proprio… ora

Alla “riscoperta” delle origini etniche e delle loro culture

di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)

Fra gli studi dedicati alle popolazioni nomadi, particolare fascino suscita quello relativo agli Zingari, del quale si sono occupati (e si occupano) molti studiosi di filologia, antropologia e cultura etnica. Da questi studi si può avere piena conoscenza che gli zingari compaiono per la prima volta in Europa verso la fine del XIV secolo. Sulla loro origine (per molto tempo avvolta nel mistero) sono state formulate molte ipotesi, miste a pittoresche leggende che gli stessi Zingari (dalla lingua incomprensibile) tramandavano di generazione in generazione. Un mistero che fu in parte svelato attraverso lo studio della loro lingua. Fu un pastore protestante ungherese, Etienne Vali, che nel 1753, in Olanda, ascoltando la conversazione di alcuni studenti indiani si accorse che questa lingua aveva molti vocaboli in comune con quella parlata dagli Zingari. Questa osservazione, approfondita da molti filologi, permise la ricostruzione dell’origine indiana degli Zingari e le tappe più significative del loro viaggio verso occidente. Agli inizi del XV secolo molti Zingari si sono diffusi in tutta Europa. La loro presenza è caratterizzata essenzialmente dal clima culturale del momento, dal valore sociale che viene attribuito alla povertà e dai grandi pellegrinaggi. Alcuni gruppi sono presenti in Germania nel 1407, in Svizzera nel 1414, in Francia nel 1419 e in Italia nel 1422. Le loro attività economiche (esercitate dall’uomo), in perfetta sintonia con l’economia preindustriale dell’epoca, sono costituite dalla lavorazione del ferro e del rame e dal commercio dei cavalli; mentre le donne contribuiscono predicendo la sorte e chiedendo l’elemosina.

A poco a poco attorno ad essi si crea un alone di mistero e di magia. Tra il XVI e il XVII secolo in Europa hanno inizio sensibili trasformazioni economiche, sociali e culturali. L’atteggiamento dei poteri pubblici nei confronti degli Zingari, come pure dei mendicanti, vagabondi, pazzi e prostitute, muta sino a considerarli elemento di pericolo e destabilizzazione della società, e pertanto, da segregare in quanto non produttori e non consumatori; ovvero, soggetti che rifiutano l’ordine sociale, religioso e morale. Verso la fine del XVI secolo Francia  e Inghilterra cominciano a deportare questi “emarginati” nelle colonie in America; mentre altri paesi europei li rinchiudono in istituti, ospedali, carceri e opifici. Ma la persecuzione più atroce gli Zingari la subiscono sotto il regime nazista. In seguito ad un decreto emanato nel 1938, che prevedeva la lotta contro “la minaccia zingara”, oltre 500 mila Zingari sono stati deportati e uccisi nei campi di sterminio. In Italia, dove la presenza degli Zingari era di circa 25 mila persone sin dagli anni ’20-’30, anche il regime fascista diede il suo “contributo” sollevando la “questione degli zingari”, richiamandosi ad argomentazioni “scientifico-culturali” di assoluta improbabile serietà. La storia della deportazione e dello sterminio degli Zingari è una storia (purtroppo) dimenticata, anche per il fatto che la documentazione a riguardo è alquanto frammentaria e lacunosa., anche se è possibile ipotizzare che la persecuzione degli Zingari in epoca nazista è forse l’unica, oltre a quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali (ma è preferibile usare il termine etniche), ossia proprio come gli ebrei, gli Zingari furono perseguitati e uccisi in quanto ritenuti di “razza” inferiore. Anche se in modo latente, ancora oggi la minaccia incombe sugli Zingari e questo, non solo perché le leggi continuano ad essere discriminatorie o le costituzioni democratiche non vengono applicate, ma soprattutto perché il rifiuto di tutti coloro che sono “diversi” e l’impostazione di una società industrializzata, basata sul consumismo e l’etnocentrismo, favoriscono l’alienazione di una atavica cultura minoritaria come quella degli Zingari.

Per quanto concerne l’immigrazione degli Zingari in Italia, essa si suddivide in tre fasce. La prima riguarda gli Zingari di antico testamento della cui presenza si hanno notizie agli inizi del 1400. Quelli stanziati in Italia settentrionale (Sinti piemontesi, lombardi, emiliani, marchigiani; Gackanè dall’Austria; Havati, dall’Istria) sono soprattutto nomadi e si dedicano al piccolo commercio, all’allevamento e commercio di cavalli, all’accattonaggio e a spettacoli viaggianti. Quelli stanziati in Italia meridionale e centrale si definiscono, in base alla regione, Rom abruzzesi, napoletani, calabresi, molisani, etc. poi c’è quella degli Zingari arrivati in Italia dopo la prima guerra mondiale. Sono Rom e provengono dall’Europa orientale, dove hanno vissuto per lungo tempo. Sono calderai, commercianti e praticano l’accattonaggio. La terza fascia, invece, comprende gli Zingari di recentissima immigrazione. Da circa due decenni è in atto una notevole emigrazione di Zingari dalla Jugoslavia verso i paesi più industrializzati. In Italia sono in genere nomadi, con tendenza alla sedentarizzazione. Vi sono i Rudari dalla Polonia e i Kanjarja dalla Serbia. Mentre gli Xoraxané, che provengono dalla Jugoslavia meridionale, sono musulmani; dediti alla lavorazione del rame e all’accattonaggio. Non meno curiosa e interessante è l’organizzazione della società tradizionale zingara la cui struttura si fonda essenzialmente sulla famiglia (tramite la principale cui viene trasmessa la tradizione) ed in seno ad essa, vengono regolati i rapporti economici e di natura religiosa. Al di sopra dell’autorità della famiglia sta un organismo interfamiliare: la Kriss. Il termine, nel loro gergo, sta per Consiglio, Tribunale, Giustizia. Essa presiede al corretto funzionamento della comunità, alla tutela del rispetto delle regole e della tradizione. Una ulteriore struttura fondamentale del mondo zingaro tradizionale è la Kumpania. Una struttura preposta per riunire un numero variabile di famiglie che si spostano contemporaneamente. È guidata da un capo famiglia denominato Kako (zio) il quale decide quando e dove spostarsi, mantiene i contatti con le autorità e, per le sue esperienze pratiche (per questo viene scelto), è chiamato a risolvere i problemi più impellenti del gruppo. Ancora una volta, è doveroso sottolineare, la società nel suo insieme si è resa e si rende “responsabile” della attestata diseguaglianza tra i popoli, pur considerando i soggetti che hanno turbato e turbano l’equilibrio della civile convivenza; ma non per questo fare di tutta un’erba un fascio!

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