Una chiave “aprì” le porte ai raggi X
La Radiologia ha oltre un secolo
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Una scoperta quasi fortuita (serendipità) quella dei Raggi X (così chiamati perché sconosciuti), un mezzo di indagine diagnostica che, per merito del fisico tedesco Wilhelm Konrad Röentgen (1845-1923), ha rivoluzionato gran parte della medicina e delle scienze umane, sino a favorire l’evoluzione di sofisticate apparecchiature. Sono la casualità, l’entusiasmo e il fine filantropico che hanno reso celebre questo barbuto e compassato professore di Fisica, nativo di Lenne, una cittadina della Renania situata sulla riva sinistra del Reno, quando. l’8 novembre del 1895, aveva vissuto una vicenda davvero incredibile! Röentgen, che si era da tempo appassionato allo studio dei “raggi catodici” (scoperti nel 1876 dal fisico tedesco Eugene Goldstein, 1850-1930), aveva inavvertitamente appoggiato su di una pila di lastre fotografiche la chiave della sua scrivania; poi, era andato a fotografare i fiori nel giardino dell’Istituto di Fisica dell’università di Wurzburg, di cui era direttore. Ma quando sviluppò le lastre fu a dir poco sorpreso nel vedere su di una, invece di un fiore, l’immagine della chiave della scrivania. Riflettendo per alcuni giorni si rese conto che dai tubi sotto vuoto (tubi di Crookes), nei quali faceva passare la corrente elettrica, si sviluppano dei misteriosi raggi (raggi X, appunto) capaci di attraversare un corpo solido e di fissarne l’immagine su di una lastra. Della validità di questo fenomeno ebbe ulteriore conferma quando provò ad interporre la propria mano tra il tubo radiante e lo schermo: si delineava nettamente l’ombra della mano, anch’essa “trasparente” ai raggi; ma… era solo la carne ad essere attraversata dai raggi, mentre le ossa “li fermavano”.
Prima di rendere pubblica questa scoperta, aveva bisogno di prove concrete da presentare a sostegno di quanto avrebbe asserito. La moglie Anne Bertha Ludwig (1839-1919) si rese disponibile a farsi “fotografare” la mano con quei raggi misteriosi, lasciando un documento che in breve avrebbe fatto il giro del mondo: la prima radiografia della storia della radiologia, una delicata mano di donna con tanto di fede all’anulare sinistro. Sempre nello stesso anno, Röentgen si affrettò a depositare alla Società fisico-medica di Wirzburg una comunicazione preliminare dal titolo “Uberline neue Art von Strahlen” (Una nuova specie di raggi). Il 4 gennaio 1896 furono esposte all’Associazione dei fisici di Berlino alcune radiografie eseguite dallo stesso scienziato e, nonostante l’incredulità e le obiezioni di alcuni, la scoperta ebbe il sopravvento tant’è che il 13 gennaio, il fisico tedesco fu invitato dall’imperatore Guglielmo II a ripetere a Berlino le sue esperienze alla presenza di autorità e scienziati. Il trionfo non si fece attendere e, dieci giorni dopo, alla Società fisico-medica di Berlino, fu deciso all’unanimità di chiamare “Röentgen” i nuovi raggi. Le fantastiche possibilità dei raggi X non mancarono di provocare tra la gente comune episodi di eccessiva esaltazione: divenne di moda farsi radiografare la testa o le mani come souvenir; nelle fiere di paese vi erano dei box dove bastava pagare qualche centesimo per vedere il proprio scheletro. Tale mania, però, provocò un’ondata di circospetta meraviglia nell’opinione pubblica, che incredibilmente vide in quei raggi una potenziale minaccia all’intimità personale e, mentre da una parte l’ignoranza in materia dilatava questo bizzarro timore, dall’altra vi fu chi ne trasse profitto mettendo in commercio biancheria intima “non penetrabile” ai raggi X.
Inizialmente il nuovo metodo non ebbe notevole impiego in diagnostica: nei primi anni, fu utilizzato solo per evidenziare fratture e corpi estranei. Una cautela peraltro giustificata anche dal fatto che già allora si rilevava la pericolosità delle radiazioni, in quanto producevano ustioni sulla pelle (da qui la necessità di schermare le apparecchiature). Tuttavia, fu proprio il rilievo di questi effetti secondari dei raggi X a dare inizio alle prime forme di röentgen terapia. Risultato di grande ingegno, quello del fisico Röentgen, al quale nel 1901 il re di Svezia consegnò il Premio Nobel per la Fisica. Nel 1972 l’ingegnere inglese Godfrey N. Hounsfield (1919-2004) e il neuroradiologo A.J. Ambrose mostrarono per la prima volta le parti interne del cervello, utilizzando la tomografia assiale computerizzata trasversale (Tac); nel 2004 l’elemento chimico numero 111 fu intitolato al fisico, il Röentgenio fu sintetizzato in laboratorio nel 1994.
Come il professor Albert Sabin, scopritore del vaccino contro la poliomielite (al quale non fu riconosciuto il nobel per la Medicina), anche Röentgen non volle brevettare la sua scoperta, mettendola al servizio dell’umanità; non volle nemmeno che i “Raggi X” prendessero il suo nome, anche se questo avvenne indipendentemente dalla sua volontà. Scoperte che richiamano anche il problema serendipità (scoperta fatta per caso) il cui concetto si concreta nella perfetta definizione data dallo scienziato ungherese Szent-Györgyi Nagyràpolt, premio nobel nel 1937 per la Medicina: «La scoperta consiste non nel vedere ciò che ognuno vede, mal nel pensare ciò che nessuno pensa». Mentre il professor Sabin sosteneva: «Un buon ricercatore deve avere un’enorme curiosità, tenacia ed una grande onestà. Se una sua scoperta gli sembra troppo bella per essere vera, ci sono buone possibilità che non lo sia».