L’angolo di Full: “Lo smottamento”

Lo smottamento

Lazzaro aveva fatto notizia e, ormai, le riesumazioni ordinate dai giudici non si contano più. Del resto, chi sceglie una professione che gli consente di giudicare i propri simili e decidere per loro, un po’ padreterno lo è.
Accadde che un magistrato decise di violare la salma di un uomo che nulla c’entrava con un delitto, se non per la eventualità di fornire un reperto genetico utile all’accusa.
Capitò nel minuscolo cimitero di un paesino affacciato fra le colline e suscitò  scalpore il fatto che, anziché il cadavere di un uomo, rinvennero quello di una donna.
Si pensò a un errore durante l’allestimento della tomba, ma dopo aver scoperchiato vari sepolcri, si scoprì che uno strato del terreno era scivolato verso valle di un paio di metri. Siccome la crosta superficiale, era rimasta ancorata al selciato, le sottostanti salme risultavano sfalsate di uno o due posti rispetto alle lapidi e relative visite, lacrime e  preghiere.
Per anni, un assessore comunale, inconsolabile vedovo, aveva portato fiori sulla salma di una nota prostituta locale mentre la sua defunta signora veniva visitata regolarmente dal proprio dentista, convinto di onorare la vecchia madre. Ogni anno, a novembre, il gestore di un emporio copriva di fiori lo sconosciuto che gli aveva svaligiato il negozio, credendolo un proprio fratello. Una signora forestiera che portava spesso una rosa rossa all’amore della sua vita, in realtà omaggiava un medagliato colonnello, noto rompicoglioni e, ogni sabato, le beghine più assidue del cimitero facevano il giro delle loro numerose sepolture sbagliandole tutte.

Quando la notizia si diffuse fu subito evidente che sarebbe stato impossibile rimettere le cose a posto, soprattutto per l’ingente costo. Di conseguenza, i frequentatori del cimitero manifestarono i comportamenti più diversi.
I titolari della rare cappelle di famiglia, che non avevano subito danni grazie ai loculi sopraelevati, infittirono le loro visite perché, privilegi e ricchezze, si gustano e si ostentano quanto più ampio è il divario con gli altri. Viceversa, i frequentatori delle tombe comuni, sopperirono ognuno a proprio modo: l’assessore scalò i suoi requiem di due lapidi finendo davanti alla fotografia di certo Emidio Tirabassi, noto tombeur, il cui sguardo beffardo finì con l’innescare, nello sconsolato vedovo, vaghi sospetti. Due lapidi le scalò anche il gestore dell’emporio, ateo convinto, che si ritrovò chino sulla pietra tombale di un vecchio parroco. Ignara dello smottamento, la bella forestiera continuò a portare rose rosse al colonnello rompicoglioni che mai, in vita, aveva ricevuto omaggi d’amore. Le beghine continuarono a visitare le stesse lapidi perché la loro dedizione si limitava alla lucidatura dei marmi e degli ottoni. I più devoti, infine, spartirono fiori e preghiere fra le vecchie e le nuove postazioni.
Soltanto un’anziana, delicata signora, smise di visitare le singole tombe e si limitò a sostare in preghiera nella cappelletta del camposanto dove, almeno nella morte, quello smottamento aveva reso tutti uguali.

Fulvio Musso

 

NdA: ogni riferimento a magistrati e riesumazioni reali è puramente casuale.

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