La comunicazione al bivio a causa dei benpensanti e non
Evoluzione dei costumi
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Siamo arrivati al punto che non c’è programma televisivo (ma anche radiofonico) il cui palinsesto non comprenda un monte ore dedicate a talk show, tribune, dibattiti, incontri d’ogni sorta (con o senza pubblico in trasmissione). Appuntamenti quasi quotidiani dove politica, cronaca nera e/o giudiziaria, e cronaca rosa infarcita di interminabili pettegolezzi la fanno da padrone; e la cui conduzione da parte di questo o quel giornalista (in molti casi sarebbe meglio dire showman) sembra essere più un “direttore d’orchestra senza bacchetta”, tant’è che il concetto di comunicazione (verbale, appunto) perde il suo nobile significato sia etimologico che pratico. Potrei citare alcune titoli di queste trasmissioni (ma sono noti a tutti) che in pratica sono una sorta di congerie, un ammasso di persone e soprattutto di voci che si sovrappongono continuamente (tanto che il cervello umano non fa in tempo a recepire, proprio per i suoi limiti), e che talvolta sfociano in turpiloqui e reciproche offese (le parole feriscono, e anche se non hanno mai ucciso nessuno, possono lasciare indelebili tracce di dolore nell’animo umano) lasciando il “moderatore” non certo allibito in quanto perfettamente cosciente del suo ruolo ma sicuramente “spodestato” dal suo podio tanto che gli orchestrali della non-comunicazione non lo considerano, se non parzialmente…
Questi ultimi decenni rientrerebbero nell’era della Comunicazione ma si fa sempre più fatica a considerarla tale, proprio perché il gusto del buon parlare, discorrere e ragionare con l’obiettivo di comprendersi a vicenda è tramutato in una sorta di amarezza che umilierebbe sia Socrate che Dante Alighieri. Ma a cosa è dovuto questo fenomeno della incomunicabilità più becera e deleteria? Senza appropriarmi meriti di Sociologia, credo che paradossalmente la prima causa è la troppa opportunità di comunicare; inoltre il mezzo televisivo costituisce un impatto mediatico di particolare effetto sull’ascoltatore, tanto da indurlo (anche se indirettamente) ad ogni possibile e a volte imprevedibile reazione, e ciò nonostante i più “calamitati” del video continuino a seguire detti programmi, a criticarli e persino a odiarli… ma senza rinunciarvi. Ipocrisia, ignoranza, abitudine, incoerenza, analfabetismo di ritorno, dispotismo? Forse di tutto un po’, ma sta di fatto che forse il più bel parlare non fu mai udito e, in ragione di questa mia considerazione, vorrei concludere rammentando quanto sosteneva Emile De Girardin, giornalista e uomo politico francese (1806-1881): «La potenza delle parole è immensa. Forse non ve n’è una più grande al mondo. Una parola opportuna è stata a volte sufficiente per fermare un esercito in fuga, cambiare la disfatta in vittoria e salvare un impero. Vi sono parole sovrane: una certa parola fu più potente d’un monarca, più formidabile di un’armata». La nostra era è infarcita di troppe parole e di innumerevoli sovrapposizioni delle stesse, una escalation inarrestabile che nemmeno i più dotti hanno saputo prevedere e… prevenire.