Appello per fermare lo sciopero della fame di Roverto Cobertera

Riceviamo e, associandoci all’appello, pubblichiamo:

 

Condannato, fa lo sciopero della fame. Ristretti Orizzonti gli chiede di fermarsi

Il Mattino di Padova, 26 agosto 2013

C’è un uomo che nel carcere di Padova ha deciso di mettere a rischio la sua vita con uno sciopero della fame: quell’uomo, Roverto Cobertera, sostiene di essere innocente e di aver subito ingiustamente una condanna all’ergastolo.

Ha già perso sedici chili, fatica a parlare, è diventato uno spettro. Noi della redazione di Ristretti Orizzonti gli chiediamo pubblicamente di fermarsi, di non lasciarsi morire, e lo chiediamo con una lettera aperta alla presidente della Camera, e le testimonianze di chi, nella redazione del giornale del carcere di Padova, è in ansia per la vita di Roverto.

 

Gentile Presidente della Camera, gentile Laura Boldrini,
Le chiediamo di fare qualcosa per un uomo, che nel carcere di Padova sta rinunciando al suo diritto alla vita per dimostrare la propria innocenza: lo inviti a interrompere il suo sciopero della fame, siamo sicuri che un suo cenno sarebbe per lui importantissimo

Quando il 4 luglio 2013 Roverto Cobertera ha iniziato lo sciopero della fame, speravamo che qualcosa succedesse, che qualcuno gli prestasse attenzione, qualcuno capisse che, se un uomo è disposto a mettere in gioco la sua vita per gridare la sua innocenza, forse si è conquistato per lo meno il diritto di essere ascoltato. Roverto è uno della nostra redazione, un uomo che, da quando è entrato a far parte del nostro gruppo, non ha mai smesso di dire di non aver commesso l’omicidio, per cui è stato condannato allìergastolo.

È passato un mese e mezzo, Roverto pesava 82 chili, oggi ne pesa sedici di meno, e fa paura: è tutto pelle e ossa, ma ha ancora il suo sorriso triste che risalta contro la pelle nera. E noi della redazione di Ristretti Orizzonti oggi abbiamo paura, perché non sappiamo quanto resisterà. E gli chiediamo con tutto il cuore di smetterla, di fermarsi, di non rinunciare a vivere perché deve esserci un altro modo per lottare per affermare la propria innocenza.

Roverto ha avuto in primo grado una condanna a 24 anni per omicidio, che in appello è diventata un ergastolo, fine pena mai. Si ironizza spesso che in galera si sentono tutti innocenti, nella redazione di Ristretti Orizzonti non è così, le persone si assumono le loro responsabilità, e lo fanno anche davanti a centinaia di studenti che ogni anno entrano in carcere e ascoltano le loro testimonianze. Dunque se una persona lì dentro dice di essere innocente, non è una fra tanti che non hanno voglia di sentirsi responsabili, e se quella persona è disposta a mettere a rischio la sua vita per dimostrarlo, noi continuiamo a dire che quella persona è particolarmente degna di attenzione.

Gentile Presidente della Camera, gentile Laura Boldrini, chiediamo prima di tutto a lei, che da anni si batte per la tutela dei diritti umani, di dare un segnale forte di attenzione anche al diritto alla vita di un singolo uomo, così disperato che alla vita invece vuole rinunciare, in cambio di un po’ di giustizia. Il segnale che vorremmo è un invito, un piccolo invito a Roverto Cobertera a tornare a vivere, e a sperare di cambiare le cose senza dover dare in cambio la propria vita.

Agli altri, a chi ha a cuore i diritti di tutti, chiediamo invece: qualcosa si può fare perché si riapra un processo, che si è concluso con una condanna senza speranza? Qualcuno può aiutare Roverto? Qualcuno può prendere in mano le carte del suo processo e, se si convince che ci sono elementi seri per provare che quella condanna è ingiusta, prendersi a cuore il suo caso e dargli una mano?

La redazione di Ristretti Orizzonti

 

 

Vale più la libertà o la salute?

Questa è una domanda che si pone chiunque inizia uno sciopero della fame in carcere. Di solito lo scopo dello sciopero è richiamare l’attenzione delle autorità verso problemi che non hanno trovato soluzione attraverso le “strade normali”, tracciate dal sistema. Lo sciopero della fame quindi è spesso legato a questioni complicate, che non sempre si risolvono in tempi rapidi: e il tempo, che diventa il fattore decisivo, sta remando contro anche a Roverto che si trova in sciopero ormai da più di un mese e mezzo perché vorrebbe un altro processo per provare la sua innocenza.

Sicuramente la sua condanna non è stata limpida. Roverto viene condannato in primo grado a 24 anni per concorso in omicidio. Fa ricorso in appello ma la condanna si traduce in un ergastolo. Ora Roverto dice che preferisce morire urlando la propria innocenza, piuttosto che rassegnarsi ad una silenziosa condanna a vita.

Ho conosciuto diversi ragazzi che hanno trascorso settimane nel rifiuto totale del cibo. Si tratta di un processo autodistruttivo fisico e psicologico: da un lato, la rabbia lascia il posto alla rassegnazione mentre la voce si spegne sempre di più, la fame aggredisce la massa muscolare e quella grassa, mentre la ritenzione idrica gonfia in modo poco umano caviglie e piedi.

Per fortuna i ragazzi che ho conosciuto alla fine sono stati ascoltati. Tuttavia, pur nella tragedia evitata, il costo pagato in termini di salute è sempre alto. Quando sono ritornati a mangiare si sono accorti dei danni fatti al proprio fisico. Riattivare l’apparato digestivo è doloroso e ti accorgi che denti, gola, stomaco e intestino sono tutti atrofizzati.

Consapevole degli effetti che produce lo sciopero, l’ultima volta che ho visto Roverto, dopo aver cercato inutilmente di convincerlo a rinunciare a farsi male, l’ho pregato di pensare almeno di ridurre il danno alla sua salute. L’ho consigliato di assumere con regolarità olio di ricino, per tenere lubrificato l’intestino. Si è convinto ed è andato dal medico scoprendo che l’olio di ricino non è più disponibile.

Con le vacanze estive, in carcere sono sospese le attività culturali, la scuola e i vari corsi: camminando nei corridoi si ha l’impressione che si sia fermata la vita di tutto il carcere. Roverto invece continua a vivere, ma per quanto? La settimana scorsa sono venuti a trovarlo il nonno di cento anni e la moglie con le figlie. Facile immaginare il loro spavento e le loro preghiere di smetterla con lo sciopero; comprensibile anche capire l’ostinazione di chi si sente piccolo e schiacciato dalla macchina gigante della giustizia, ma vuole rialzarsi e avere una rivincita.

Roverto ha deciso di usare il suo corpo e di sacrificare la sua salute per avere un altro processo. Ma il pericolo è che finisca per sacrificare la vita. In Italia la revisione del processo è molto difficile: basti pensare che solo da pochissimo tempo è stato affermato il principio che quando la Corte europea rileva delle cause di non equità del processo, allora il processo deve essere rifatto. Una strada che potrebbe percorrere anche Roverto, solo che un processo alla Corte di Strasburgo dura circa quattro anni, un tempo davvero lungo per chi grida ogni notte la propria innocenza.

Elton Kalica


 

Il sogno di una giustizia giusta

Roverto Cobertera è un detenuto condannato all’ergastolo, un uomo di 50 anni di origine domenicana. È in carcere da 4 anni e non ha mai smesso di proclamare la sua innocenza. Sappiamo tutti che noi detenuti, per lo meno all’inizio della detenzione, gridiamo spesso la nostra estraneità ai fatti di cui veniamo accusati, ma poi ci si rassegna, la maggior parte perché si è veramente colpevoli, in altri casi perché non ti crede nessuno, e ti ritrovi solo.

Roverto NO! Lui ha deciso di combattere e ha incominciato uno sciopero della fame e della sete per attirare l’attenzione sulla sua storia, cercando di trovare una persona che riponga fiducia in lui, che creda veramente in un sistema dove la giustizia alla fine vince.

Vorrei cercare di farvi capire che in realtà però viviamo in un sistema molto bravo a trovare colpevoli, ma incapace di ammettere che a volte può sbagliare, e per non ammetterlo butta in un dimenticatoio degli esseri umani che appartengono di diritto alla società.

Se sei uno “che conta”, il potere è quello che ti può permettere di combattere, che ti dà la forza necessaria per andare avanti in una battaglia personale, ma chi non ha questo potere? Allora io chiedo a uno di questi “potenti” di aiutare Roverto a cercare la verità. La storia di Roverto è pubblica su internet, e con un po’ di attenzione si capisce che ci sono tante incongruenze, troppe cose poco chiare.

Io non sono molto pratico di quanto un essere umano possa resistere a non mangiare e bere, ma so che si può morire. Io sono colpevole dei miei reati, dunque non troverei mai la forza per affrontare una protesta del genere, per questo vorrei che venisse presa seriamente la protesta di Roverto cercando di scoprire la verità, se no a cosa serve la giustizia?

Lorenzo Sciacca

 

 

Urla d’innocenza fra le sbarre

Roverto Cobertera è nato all’estero ed ha doppia cittadinanza statunitense e domenicana. È detenuto nel carcere di Padova. È stato condannato alla “Pena di Morte Viva” (così viene chiamata da noi ergastolani la pena perpetua).

É un uomo di colore e forse anche questo ha pesato sulla sua condanna perché lo straniero e per giunta nero è il colpevole ideale. Roverto Cobertera, ha i capelli neri come il carbone e un sorriso di luce sempre stampato sulle labbra.

L’ho incontrato nella Redazione di “Ristretti Orizzonti” e sapendo dei miei studi universitari di giurisprudenza lui mi ha passato le sue carte processuali. Dopo qualche tempo ho letto la motivazione del primo grado e dell’appello e mi sono fortemente convinto della sua innocenza, perché conosco molto bene la differenza fra la verità vera e quella processuale.

Roverto Cobertera ha deciso da qualche tempo di dimostrare la sua innocenza con la propria vita, l’unica cosa che gli è rimasta.

Dal quattro luglio ha iniziato uno sciopero della fame per urlare la sua innocenza fra le sbarre.

Ed è disposto a morire per ritornare dalla sua famiglia e dai suoi meravigliosi figli.

Io non posso fare altro che trasmettere tutta la mia solidarietà, da uomo ombra, a Roverto Cobertera.

E sostenere la sua battaglia perché venga provata la sua innocenza fra le sbarre con la speranza che qualcuno al di là dal muro di cinta ascolti e senta le grida di una persona che con la sua protesta afferma con forza che preferisce morire da innocente che vivere da colpevole.

Carmelo Musumeci

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