Appello di Assindatcolf: deducibilità totale sugli assistenti familiari
La proposta di Assindatcolf: “rendiamo totalmente deducibili dal reddito del datore di lavoro domestico i contributi previdenziali versati, senza previsione di alcun massimale,
nonché l’intero costo del lavoro”
L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI PER COMBATTERE LA CRISI: DEDUCIBILITA’ TOTALE SUGLI ASSISTENTI FAMILIARI
L’Italia è tra i tre più grandi mercati di lavoro domestico in Europa: le conseguenze economiche dei contratti irregolari sul welfare e le proposte dell’associazione di categoria.
L’Italia è tra i tre più grandi mercati di lavoro domestico in Europa, ed è costituito da lavoratori immigrati in prevalenza, (il 77,3% del totale) rispetto a quelli italiani (22,7%); donne, l’82,4% del totale, rispetto agli uomini (17,6%); per il 92,8% dei lavoratori il lavoro domestico è l’attività principale. Un mercato che crescerà ancora di più nei prossimi anni: se nel 2001 erano 1.083.000 i lavoratori domestici, già nel 2013 l’offerta ne conta 1.655.000, pari a +53%, con una domanda familiare che, però, ne richiede 2.600.000. E, per il 2030, l’offerta raggiungerebbe quota 2.151,000, con un +98% totale (Dati Censis).
IL CONVEGNO – E’ stato questo il punto di partenza iniziale del convegno organizzato in occasione del 30° anniversario dalla sua fondazione, dall’ASSINDATCOLF- Associazione Nazionale tra i Datori di Lavoro Domestico – con il Patrocinio della Camera dei Deputati, che si è aperto stamattina a Roma presso Palazzo Montecitorio – Sala Aldo Moro –. Diverse le voci esperte in materia che interverranno durante l’incontro e tra loro figura Luigi Enrico Golzio, Direttore Scuola Dottorato Fondazione Universitaria “Marco Biagi” e Professore nell’Università di Modena e Reggio Emilia.
“Nell’economia del Paese, ed in particolare di quella della famiglia, il lavoro domestico sta diventando sempre più rilevante – afferma Renzo Gardella, Presidente ASSINDATCOLF – Il settore è in espansione e conta oltre 1.500.000 lavoratori e altrettanti datori di lavoro. In un Welfare che lo Stato non riesce più a garantire in un modo universale, si vuole evidenziare che l’assistenza a soggetti non autosufficienti, bambini e anziani, rende gravoso per le famiglie l’onere dell’autogestione. Per quanto ci riguarda, quindi, questo Convegno lo vogliamo considerare non un punto di arrivo, ma un vero e proprio punto di partenza per i prossimi anni”.
“Oltre agli obiettivi interni, quali la celebrazione del 30° dalla costituzione e la volontà di far conoscere di più l’Associazione e le Sue attività – spiega il Dott. Andrea Zini, Vice Presidente Assindatcolf – abbiamo voluto toccare il tema sociale, che non è primario nella nostra missione, ma è fondamentale per poter capire tutte le dinamiche del settore e, in parte, anche le dinamiche sociali della evoluzione della società italiana, di cui le famiglie sono il nucleo primario. In questo studio abbiamo voluto inserire anche una domanda concreta di aiuto che le famiglie datrici di lavoro incessantemente ci segnalano: la gravosità dell’assistenza ai familiari non autosufficienti. Sia per il tempo che per la spesa che i singoli nuclei debbono sostenere”.
IRREGOLARITA’ CONTRATTUALI – Lo sfasamento tra domanda e offerta di “assistenza familiare” persisterà perché aumenterà il numero degli anziani bisognosi di cura: l’indice di vecchiaia è passato da 127,1 (2001) a 142,8 (2008). La domanda è anelastica per la metà delle famiglie, non una libera scelta, ma un vincolo. L’Italia, inoltre, è il paese europeo con il minor numero di anziani ospitati in case di riposo.
Per le lavoratrici, quelle straniere rappresentano la quasi totalità: le badanti straniere sono 747.000 su 830.000, il 90%; con contratto di lavoro regolare 232.000, pari al 38%; irregolarmente presenti in Italia, o regolarmente presenti, ma senza contratto sono 463.140 (62%). Le badanti straniere non regolari (in nero e in grigio) sono il 62%, 6 su 10, pari a 463.140 su 747.000.
Appare evidente che solo una lavoratrice su tre è in regola. Le assistenti italiane con condizioni contrattuali totalmente regolari sono il 26,4% contro il 36,9% delle assistenti straniere. Il 20,5% delle assistenti italiane ha condizioni contrattuali parzialmente irregolari contro il 42,9% delle assistenti straniere. Sono soprattutto le assistenti italiane quelle con condizioni di totale irregolarità, con un 53,1% contro il 20,2% delle assistenti straniere.
Il profilo professionale delle lavoratrici è qualificato da competenze prevalentemente di “basso livello”: semplici o manuali per il 41,6%, che si occupa delle sole faccende domestiche; medie per il 41,1%, che alle competenze semplici aggiunge la cura di base a persone della famiglia; medio-alte per il 13,9% che ha le competenze per l’assistenza a persone non autosufficienti; alte per il 3,45% che ha le competenze specialistiche per erogare servizi specialistici e di cura.
L’ANALISI ECONOMICA – “La regolamentazione del lavoro domestico – spiega il Prof. Luigi Golzio – equipara la famiglia all’impresa, entrambi datori di lavoro, che stipulano il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il lavoratore e sostengono il costo del lavoro con le stesse componenti (paga base + contributi). La discriminazione consiste nel non permettere al datore la detrazione del costo del lavoro domestico dal proprio reddito, ad eccezione di caso, limitato, dell’assistenza per anziani non autosufficienti e della deduzione parziale dei contributi previdenziali. Ma è insita anche nel mancato riconoscimento da parte dello Stato della convenienza dell’assistenza sociale e sanitaria gestita dalla famiglia rispetto a quella gestita dalle strutture pubbliche”.
L’attuale regime delle deduzioni parziali dei contributi INPS e della detrazione del costo per gli anziani non autosufficienti ha fallito come incentivo per l’emersione del lavoro nero e dell’evasione fiscale. Questo perché solo la detrazione/deduzione non inferiore al 100% del costo del lavoro o dei contributi determina l’interesse a stipulare contratti regolari.
LA PROPOSTA – Oggi il 16% delle famiglie non arriva a fine mese, di cui l’11,1% in stato di povertà relativa ed il 5,2% in povertà assoluta, l’incidenza del costo di accompagnamento sul reddito mensile della famiglia è di circa il 30%, con sottili differenze tra Nord e Sud. “L’indennità di accompagnamento è un costo gestito a livello centrale – aggiunge il Prof. Golzio – in costante aumento negli anni, ma mal controllato, e di entità doppia rispetto al costo di tutti i servizi sociali dei comuni italiani, pari a 6,6 miliardi di euro secondo gli ultimi dati, con criteri di assegnazione variabili. Un problema che preoccupa se rapportato allo stato di crisi attuale”. Chiediamo la deducibilità dell’intero costo del lavoro della badante ai fini del calcolo dell’imponibile a condizione della stipula del contratto di lavoro domestico regolare, accompagnato da ferrei controlli e sanzioni per gli eventuali evasori. Il consenso delle badanti richiederebbe la restituzione dei contributi (assegno, più conveniente per lo Stato) anche in assenza dei requisiti per la pensione, rispetto all’attuale corresponsione della pensione ai previsti limiti di età.
Lo status quo (detrazioni e deduzioni parziali) e quello delle deduzioni totali si rifanno a due concezioni alternative di Welfare. La prima si ricollega al modello della tax security, per il quale è la crescita economica del paese che determina l’ammontare del Welfare sostenibile, basandosi solo sulla produttività economica e considerando il lavoratore pronto all’impiego. La seconda, invece, riguarda il modello dello sviluppo umano, per il quale è l’investimento nel Welfare che stimola la crescita economica, avendo come limite il vincolo del bilancio statale alla spesa di welfare.
“Il welfare familiare ha una incidenza molto elevata nel nostro Paese – spiega Alessandro Lupi, Responsabile Ufficio Studi Assindatcolf – e completa in misura determinante l’offerta dei servizi assistenziali pubblici, soprattutto quelli indirizzati alle persone anziane bisognose di assistenza. Se si riconosce valenza sociale a tale fenomeno, non si può negare il dovere dello Stato di sostenere i soggetti che si fanno carico dei costi economici e sociali di tale forma di sostentamento, cioè le famiglie. ASSINDATCOLF propone, pertanto, di rendere totalmente deducibili dal reddito del datore di lavoro i contributi previdenziali versati,senza previsione di alcun massimale, nonché dell’intero costo del lavoro quanto meno per i rapporti che coinvolgono gli addetti all’assistenza (livelli di inquadramento contrattuale BS, CS, DS), tanto più osservando che tali forme di reddito, essendo il datore di lavoro nel 99% dei casi persona fisica, deriva in maggior parte da lavoro o da pensione e quindi già tassato”.