Perché leggere “Pinocchio e Collodi” di Rossana Dedola

Nessun adulto può dire di aver capito Pinocchio se non ne conosce l’autore: Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini. Per chi vuole scoprire questa straordinaria figura è di grande aiuto l’autorevole e piacevole saggio di Rossana Dedola.

di Marcella Onnis

Confesso di non ricordare il nome dell’autore di Peter Pan o il Mago di Oz (vedo già qualcuno di voi ricorrere tra poco a Google), ma so sin da bambina – grazie a mia mamma – che all’anagrafe Collodi non è mai esistito: il suo vero nome era, infatti, Carlo Lorenzini.

Per circa trent’anni, però, ho ignorato che Collodi fosse il paese natale di sua madre e che dietro tale firma si celassero un uomo e un artista incredibili. Queste e altre informazioni le ho apprese grazie a Rossana Dedola e al suo Pinocchio e Collodi (Bruno Mondadori editore, 2002). È un saggio molto accurato ma allo stesso tempo accessibile a tutti, per di più scorrevole e avvincente come un romanzo. Alla ricchezza delle fonti e all’appropriatezza delle citazioni, spesso imprevedibili e di largo respiro (i paralleli vanno a pescare nel panorama europeo), si accompagnano, infatti, un’intelligente struttura dell’opera e uno stile privo di tecnicismi superflui come pure della rigidità accademica.

L’UOMO LORENZINI – Il registro stilistico, ricco di sfumature, è senz’altro coerente con l’intento dell’autrice: tracciare un ritratto quanto più possibile fedele dell’artista, ma prima ancora dell’uomo. Rossana Dedola ha capito che si può parlare in modo sobrio e partecipe senza perdere in professionalità, per questo al momento giusto si concede persino un po’ di tenerezza, come quando immagina in chiave “pinocchiesca” il funerale di Lorenzini.

Grande attenzione è riservata alla vita privata di Collodi: con discrezione, senza concedere nulla alla morbosità e al pettegolezzo, l’autrice segue il delinearsi della sua personalità non solo nei fatti che lo vedono direttamente protagonista ma anche nelle vicende della sua famiglia (compreso il difficile rapporto tra i genitori) e nel contesto storico-sociale, in cui gli toccò svolgere un ruolo ibrido e complesso, a cavallo tra servitù e nobiltà.

Questa e altre tensioni tra poli opposti lo avvicinano senz’altro alla sua più celebre creatura. Si può, ad esempio, trovare un’analogia tra l’idea che alcuni hanno del suo personaggio (simbolo della lotta tra la specialità e la normalità, il conformismo) e quanto ci racconta Rossana Dedola riguardo all’atteggiamento contradditorio di Collodi, propenso a dar di sé e del proprio lavoro un’immagine diversa da quella reale: «Dietro a tale ambivalenza si avverte una paura, quella di diventare come tutti gli altri, perdendo così un’identità che pare essere difesa proprio dalla diversità e dagli eccessi; la bizzarria e l’eccentricità paiono, infatti, tenerlo al riparo dalla normalità.» Lorenzini era così bravo a creare la propria immagine pubblica che – come fa notare l’autrice – in tanti hanno continuato a crederlo pigro, come si era definito, nonostante avessero davanti agli occhi un’innumerevole e poliedrica produzione giornalistica e letteraria.  E ridicola appare anche l’idea che abbia condotto una vita piuttosto anonima, se si guarda alla sua tormentata e movimentata esistenza in cui spicca la partecipazione alle prime due guerre di indipendenza.

LORENZINI PATRIOTA … – La figura di Lorenzini non può essere compresa appieno se non la si  collega all’Unità d’Italia ed ecco, quindi, che questo saggio si rivela anche un piacevole ripasso di storia del Risorgimento: le nozioni sono state, infatti, selezionate in maniera intelligente ed esposte in modo non convenzionale. Collodi fu parte attiva in questo contesto storico, fu partigiano ma rimase un pensatore indipendente, fedele ai suoi ideali sì, però ben ancorato alla realtà e mai ciecamente obbediente. Una bella lezione di storia, dunque, ma anche di educazione civica. Qui è Collodi – non Mazzini o Calamandrei – a ricordarci, per esempio, i valori dell’Italia unita e della democrazia, sempre più spesso minacciati e sminuiti. Ma a essere ancora attuale – esattamente come la sua opera più celebre – è, a ben guardare, tutto il pensiero di Collodi.

… E LAICO – Questo quanto alle sue posizioni politiche, ma quali i suoi rapporti con la religione e la Chiesa? Lorenzini – ci rivela l’autrice – era laico e anticlericale, il che comunque non ha impedito ad alcuni, come il cardinale Biffi, di interpretare Pinocchio in chiave profondamente religiosa (sul contrasto tra interpretazioni laiche e cristiane del romanzo si sofferma anche Paolo Fabbri ne Le avventure di Pinocchio, in cui sono raccolti gli atti di un convegno organizzato nel 2001 a Urbino).

IL POLIEDRICO LORENZINI – Tra le tante vesti di Collodi c’è poi quella del traduttore (grazie a lui siamo cresciuti con Barba-blu e Cappuccetto Rosso anziché con i Barba Turchina e Berrettina Rossa della precedente traduzione ad opera di Cesare Donati). Non solo, precorrendo i tempi, lo scopriamo difensore del Made in Italy. Così, infatti, fa spiegare a un personaggio di un altro suo libro, Giannettino, perché bisogna preferire i prodotti italiani agli stranieri: «[…] io credo sia dovere di ogni buon italiano di dare alle arti e all’industrie paesane un po’ di quell’incoraggiamento, del quale hanno tanto bisogno.» Da segnalare, poi, l’attenzione prestata da Collodi – seppur per motivi anche affettivi – alla manifattura di Doccia, fondata dal marchese Carlo Ginori e divenuta un’eccellenza nella produzione delle ceramiche. Questo passato glorioso è proseguito come Richard-Ginori per poi approdare al tormentato presente che conosciamo: il fallimento e l’acquisto da parte del gruppo Gucci.

L’IMPEGNO SOCIALE E CIVILE – Intellettuale satirico, autoironico e acuto, mise a servizio dell’impegno sociale e civile queste doti.  L’autrice – e il lettore con lei – resta colpita da un suo scritto in cui «pone l’accento sulla contraddittoria natura dell’uomo che fonda gli ospedali e nello stesso tempo studia armi sempre più micidiali, usa il cloroformio par anestetizzare e poi inventa mine e mitragliatrici, costruisce arti artificiali ma anche un cannone che porta via di netto le gambe.» Davanti a questo scenario, la conclusione di Collodi è amara: «Se questo uomo si ha da chiamare un animale ragionevole, io non so davvero che cosa pensare degli animali irragionevoli». Come sarà dispiaciuto, da lassù, nel vedere che non abbiamo saputo sanare alcuna di queste contraddizioni, ma, anzi, ne abbiamo partorito di nuove…

LORENZINI EDUCATORE – La volontà di essere parte attiva nella società influenzò anche le sue scelte professionali. Preoccupato per la diffusione dell’analfabetismo e sposando – consapevolmente o no, non m’è dato saperlo – il motto “Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani”, a un certo punto abbandonò quasi del tutto il mestiere di giornalista per dedicarsi all’insegnamento. Poi proseguì questa missione con la letteratura per ragazzi e la redazione di manuali scolastici nei quali impresse – purtroppo senza convincere il Ministero – il suo “credo didattico”: per Lorenzini l’educazione non poteva essere slegata dalla dimensione giocosa, non doveva essere fredda e rigida, ma doveva passare per il confronto – fosse anche scontro – costruttivo con gli allievi.

Guardando alla sua ostilità per i precetti moralistici, in particolare quelli cattolici, e all’interpretazione data alla storia di Pinocchio, non è un grande azzardo ritenere, inoltre, che per Collodi la crescita di un essere umano – la sua iniziazione alla vita adulta – dovesse passare per l’errore, che il cammino verso la consapevolezza debba esser sì assistito ma non condizionato, debba cioè essere libero, autonomo e personale. E se così è, forse esiste una chiave di lettura per rendere più gradito il finale di Pinocchio agli adulti, tendenzialmente più critici nel giudicarlo rispetto ai bimbi, rileva Rossana Dedola. Forse – e qui sì, commetto un azzardo, ma seguo una direzione abbozzata dall’autrice – l’epilogo della storia non ha un intento moralistico ma morale: in quel “Com’ero buffo, quand’ero un burattino!”, pronunciato da Pinocchio bambino davanti alle sue spoglie di legno, probabilmente non c’è la volontà di rinnegare la propria diversità, ormai superata, quanto piuttosto lo sguardo teneramente severo con cui ognuno di noi ripensa agli errori e all’ingenuità di cui è stato capace in passato (e non solo da bambino). Errori e ingenuità senza i quali comunque non saremmo le persone che siamo. Del resto, anche nelle parole che la Fata rivolge in sogno a Pinocchio, prima della trasformazione in bambino, c’è l’apprezzamento dei suoi pregi senza rinnegare le sue mancanze. Afferma l’autrice – ecco il mio appiglio – che «È espressa qui la sensazione dell’essere accettati per quello che si è e non nell’adeguamento a un modello di ubbidienza e di buona condotta imposto dall’esterno».

PINOCCHIO – Immergersi nei significati e nella simbologia di Pinocchio richiede tempo e professionalità che non possiedo, per cui mi limiterò a dire che, tra le tante fonti disponibili, questa è fondamentale perché basata sulla profonda conoscenza dell’autore e sul confronto critico tra opinioni e fatti come pure tra interpretazioni divergenti.

UN PICCOLO NEO – Se proprio dovessi rimproverare qualcosa a Rossana Dedola – o all’editore Bruno Mondadori? – sarebbe giusto il titolo, che inverte l’ordine di priorità, la “gerarchia” suggerita dall’ordine cronologico e dalla natura (Collodi, creatore, è nato prima di Pinocchio, creatura), dalla struttura del libro (la prima parte è dedicata all’autore ed è ben più lunga della seconda, dedicata al burattino) e dall’obiettivo del suo lavoro (riscattare Collodi dall’oblio in cui la sua stessa creatura, sia pure involontariamente, l’ha sepolto).

CONCLUSIONI – Ma un particolare così insignificante non offusca certo il valore di questo libro, capace di accompagnare piacevolmente il lettore alla scoperta di Collodi, alla (ri)scoperta di Pinocchio e, perché no, alla scoperta di sé.

 

La caricatura di Carlo Lorenzini con l’inseparabile tuba (datata 1875) è di Angiolo Tricca, mentre le moderne raffigurazioni di Pinocchio sono opere di Fabrizio Antonio Ibba

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