In fuga dall’Ucraina: la testimonianza di due rifugiati
Sono fuggiti da Donestk con le bambine e qualche valigia. Hanno chiuso il loro centro estetico e di hair style, non senza aver preso un borsone con gli attrezzi essenziali del mestiere. Maxim Rogoustsev e Svetlana Rogoutseva, nemmeno 70 anni in due e tre figlie, hanno chiuso la porta della loro casa dopo aver consegnato le chiavi al proprietario, mentre gli oggetti personali e i vestiti li hanno consegnati ad un centro che a Donestk è simile alla Caritas, e sono volati via dall’aereoporto di Kiev, per cominciare una nuova vita in Italia, lontani dalla guerra. Ad attenderli a Borgo San Lorenzo la madre di Maxim, Marina.
“Il nostro cuore è lì, nel nostro paese” spiega Maxim “ma a Donestk non era più possibile vivere. La nostra città non era più la stessa, era spettrale, vuota. Distrutta. Gli abitanti sono scappati tutti, solo il 10% su un milione e mezzo è rimasto lì. Noi abbiamo resistito fino all’ultimo, ma non era più possibile vivere lì, mancava tutto e le mie figlie dovevano mangiare”. Svetlana piange, minuta e bella, con la maglietta grigia con su la scritta, nei colori del suo paese – Ucraina libera-, piange per il suo paese che ama tantissimo e per la violenza che il suo popolo sta ancora vivendo. Sua suocera Marina, sposata ad un italiano che ha accolto tutta la famigliola, traduce a fatica il racconto del figlio e della nuora che a volte si sovrappongono concitati.
“Noi lavoravamo” spiega Svetlana” ma pagavamo tante tasse, al governo del nostro paese c’era Viktor Ianukovich che è filorusso e lui con il resto dei suoi compagni si prendeva tutto. Noi lavoravamo per loro. “E c’era tanta corruzione” aggiunge Maxim” poi Ianukovich, d’accordo con Putin, ha tirato fuori la storia dei separatisti, li ha armati, perché voleva un corridoio libero, in Ucraina, perché Putin potesse entrare meglio nel nostro Paese e prendere quello che gli serviva: fabbriche, gas, tutto gratis o quasi, anche se la popolazione non voleva, non era d’accordo con Ianukovich. Come la Crimea, dove c’è stato il referendum, ma se su 300 seggi possibili ne apri solo 40 si fa presto ad ottenere i voti necessari. Capisci quello che voglio dire? Parlo di brogli, brogli elettorali, perché la Crimea serviva come sbocco sul mare. Quando sono arrivati i separatisti filorussi hanno cominciato a sparare, entravano nei negozi, li rapinavano, sono entrati anche in una banca italiana, la Unicredit, hanno intimato agli impiegati di uscire in appena 10 minuti e si sono impossessati della banca. Noi non potevamo fare più operazioni in quell’istituto di credito, né utilizzare il bancomat. Insomma i nostri soldi come quelli di tanti altri se li erano presi i separatisti. Poi sono arrivate le bombe.”
– Avevate paura? ” Non c’era tempo” risponde Svetlana “eravamo pieni di adrenalina, pensavamo che sarebbe passato, che non era possibile che tutto questo stesse accadendo nella nostra città.Anche se qui in Italia, quando sentiamo anche solo i botti dei fuochi di artificio ci viene da piangere per la paura” “E poi ci hanno abituato a poco a poco” interviene Maxim” è stata una escalation. Prima sono arrivati i soldati, poi i carriarmati nelle strade, poi le granate, le bombe, le violenze quotidiane, i sequestri, i saccheggi, le rapine. Un amico di mia figlia, appena diciottenne, è stato sequestrato dai separatisti per giorni insieme ad altri ostaggi, per riaverlo a casa i suoi familiari hanno pagato un riscatto, ma altri non hanno potuto farlo e sono stati violentati davanti a lui.Quel ragazzo adesso non parla, perché è ancora sotto choc.Io sono stato in piazza a Kiev, in maggio. Era una manifestazione pacifista, piena di bambini, anziani, donne con i cartelli, gli striscioni, le bandiere. Il cordone del servizio d’ordine lo facevano i tifosi della nostra squadra di football, ma la polizia ci ha caricato lo stesso e hanno sparato riempiendo la strada di feriti, anche gravi. A quella manifestazione ho capito che tutti dovevamo impegnarci per cambiare un sistema fatto di sopraffazione e soprusi, dovevamo combattere contro la dittatura di Putin, purtroppo, però, mi sono reso conto che non abbiamo forze sufficienti, perché la corruzione è troppo imponente nel nostro paese e la popolazione non è abbastanza consapevole anche se c’è molta rabbia.”
– C’è rischio di una guerra in Europa?- “Secondo me sì, l’Europa deve vigilare, perché si stanno scontrando due grandi potenze: la Russia e l’America. Fino ad oggi c’è stata la guerra fredda, poi sono arrivate le bombe nel nostro paese. E poi…?”
Francesca Lippi
Una testimonianza sconvolgente, che supera davvero l’immaginazione di chi – come me – sta seguendo la vicenda solo tramite i media. nessuno può conoscere la verità meglio di chi ci è dentro, per questo le parole di Maxim, Svetlana e Marina fanno così impressione. Francy, questo sì che è dare voce a chi non ne ha.
“Nessuno può conoscere la verità meglio di chi ci è dentro”,è vero, ed è sempre così. E’ sconcertante vedere come certe verità sono ad appannaggio soltanto di chi può manipolare i fatti e reinventare storie e accadimenti da trasmettere in altra forma per togliere voce a chi è veramente parte della realtà. Dover andar via dalla propria terra è una situazione di estrema sofferenza, dover sconvolgere il proprio vissuto è come strapparsi il cuore dal petto, dover reiniziare la propria vita altrove è un atto di grande coraggio! Per questi ed altri motivi quel “dare voce a chi non ne ha” è un gesto di grande umanità!
Un caro saluto.
Lucia