Storie di cani per cani: Il salvataggio
Guido in direzione dell’abbazia del Valvisciolo, alle falde dei monti Lepini. Ancora lontano scorgo, sul ristretto ponte quasi al centro-strada, accucciato ed immobile, un pastore maremmano. Rallento, quasi mi fermo. Sembra tranquillo. È sceso dalla collina sovrastante e per qualche bizzarria si è sistemato lì. E proseguo. Un’ora dopo, o poco più, ripasso sul ponte: il cane è ancora lì. Stesso punto. Stessa posizione. Non mi convince. Accosto al margine della strada e mi fermo. Non sembra ferito. Non è aggressivo. Mi avvicino. Mi chino verso di lui. Solleva il muso appoggiato tra le due zampe e guarda verso me. Sguardo docile e dolce. Mi ha accettato. Sembra quasi contento di vedermi. Fa lo sforzo di sollevarsi ma non può. Sospetto qualche ferita all’addome. Lo accarezzo. Spossato dallo sforzo ripone ancora il muso tra le zampe e lo sguardo si perde lontano tra le prime malinconiche ombre che salgono dalla pianura. E sembra ignorarmi. Chiedo aiuto al canile. Mi indicano un numero di emergenza. Grazie a Dio qualcuno mi risponde. Ottengo ancora un numero telefonico di riferimento. Chiamo. Verranno a prendere il cane. Non subito. Aspetto. Le macchine ora sono più numerose: è ora di rientro a casa. Gli automobilisti hanno comprensibilmente fretta. Sta calando la sera rapidamente. Le luci dei fari illuminano un cane a terra e una donna discosta ed immobile al bordo della strada. Si ferma appena una macchina. Una signora, visibilmente contrariata, si sporge dal finestrino giusto il tempo di ordinarmi di spostare il cane dal centro strada. E prosegue. Un uomo si ferma. Chiede notizie. Si impietosisce. Può fare qualcosa? Sono in attesa che venga il soccorso. Lo ringrazio per l’aiuto che mi offre. Rimette in moto e prosegue. Per fortuna ho sempre qualcosa in macchina per le emergenze. Verso dell’acqua in un piatto di plastica e lo porgo al cane. Una leccata distratta. Un accenno di stanco scodinzolìo. E rimane nella stessa posizione. Gli accarezzo il muso. Dopo un primo cenno di gradimento, sembra perda completamente interesse a me. Arriva una macchina. Si ferma. È il veterinario che sta rientrando a casa. Aspetterà con me che arrivi il furgoncino del soccorso. Meno male: cominciavo ad essere preoccupata! Il tempo di ragguagli essenziali ed il ragazzo del centro soccorso animali, arriva. Scarica una capiente gabbia e persuasivamente sollecita il cane ad entrare. E il cane sembra comprendere: con uno sforzo lento sulle zampe malferme ed esitanti si orienta all’imbocco. Entra. Si accascia. “Sembra incinta“, dice il veterinario. Un saluto riconoscente e si va via. Mi guardo intorno sulla strada momentaneamente calma. È scesa pienamente la sera. Dalla collina sovrastante il buio scende a valanga. Un lieve chiarore lunare, ammiccante, la incorona. Le luci della città in pianura aumentano gradualmente. Un baluginio diffuso segnala una vita che freneticamente continua. Prima della sospensione breve e mai completa nella notte inoltrata che verrà. Sono sollevata. Si salverà. Metto in moto e rientro a casa con questa speranza nel cuore. L’impressione viva di quello sguardo mite e sofferente non mi abbandona. L’indomani, con trepidazione, mi dirigo al centro di soccorso per animali a cercare il mio cane. “Quale cane?” mi domanda l’addetto! ” “Il maremmano soccorso ieri sera sul ponte del Valvisciolo!” rispondo io. Breve ricognizione di notizie da una stanza all’altra e poi: “Il maremmano, ieri sera, all’incirca un’ora dopo l’arrivo, è morto!”. Non mi dilungo oltre. Vado via. Capisco: la maremmana non era incinta. L’urto violento con qualche macchina le aveva causato un versamento addominale. E le è stato fatale.Sono triste. E piango.È troppo vivo in me lo sguardo confidente e dolce di un cane rimasto impotente e solo su una strada di collina.
Emanuela Verderosa
Grazie, Emanuela! Mi spiace veramente che la Maremmana sia morta. Sono felice, però, che il suo ultimo ricordo di un essere umano e dello sguardo di un essere umano sia del tuo volto e del tuo sguardo su di lei.
La Maremmana sicuramente si ricorderà – aldilà del “ponte dell’arcobaleno” – della tua tenerezza e del tuo amore per lei, in quel lasso ti tempo in cui sei stata accanto a lei in quella strada!
20 anni fa dal ditorno da una cena con mio marito e un’altra coppia abbiamo soccorso un cane investito dalla macchina presedente, Era un simil setter, con una corda legata al collo. Ho cercato sul giornale il veterinario di guardia e alle 2 di ntte, l’ha visitto. io e mio marito l’abbiamo szeccato fino alle 5 di mattina, dopodichè mio marito è andato a pescare come programmi già fatti, io alle 8 accompagnata da mia cognata perchè allora non avevo ancora la patente ho portato il cane nello studio veterinari dove hanno fatto tutti gli accertamenti, aveva il bacino tutto rotto. Io ho avuto la fortuna di incontrare un veterinario che si è messo in gioco, portando il cane a San Siro, all’Università , mi sembra di Urbino, alla clinica di Padova, (non ha voluto un soldo, farei il nome ma non so se posso farlo), insomma a farla breve nessuno si è preso la briga di operaro perchè non davano la riuscita dell’intervento. Io avevo un’altro cane in casa che non ha accettato l’ntruso e me ne ha fatte di tutti i colori, ma io sono riuscita a tirarlo in piedi, tutti i giorni lo portavo in terrazza e con l’aiuto di uno straccio sulla pancia lo facevo camminare, in casa avevamo fatto le strade con i tappeti. Pasquale, così l’abbiamo ribattezzate, perchè era diventato un divo, tutti i ns amici venivano a trovarlo e dicevano come stà Pasquà? E’ morto dopo 10 mesi, e vi assicuro che mio marito non particolarmente amante degli animali quando è morto ha pianto, non ha pianto per nessun altro mio animale, ma per lui ha pianto. Non era il nostro cane ma l’abbiamo amato molto