Corsi e ricorsi nelle Ferrovie Italiane
Nelle ferrovie italiane è in atto un lungo processo di trasformazione iniziato nella seconda metà del XIX secolo. Tralasciando il periodo precedente all’Unità d’Italia, si può affermare che le modifiche dell’assetto istituzionale delle Ferrovie sono riconducibili a quattro fasi fondamentali. La prima può essere ricondotta al periodo compreso fra il 1865 e il 1905 nel quale il sistema ferroviario italiano era completamente privatizzato. Infatti la proprietà, l’esercizio e la costruzione della linea erano affidate ai privati. La struttura organizzativa diede pessimi risultati e lo Stato fu costretto ad acquistare nuovamente le linee ferroviarie. Nel 1885 le ferrovie furono riorganizzate con il sistema della Convenzione ai privati ai quali furono concesse solamente l’esercizio e le costruzioni. I privati non erano comunque incentivati a garantire un servizio efficiente. Questa circostanza insieme alle rivendicazioni del personale contribuì nel 1905 alla decisione statale di costituire una Azienda Autonoma completamente gestita dallo Stato. La seconda fase è dunque il periodo di gestione dell’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato che va dal 1905 fino al 1985.
I risultati per certi versi sono stati soddisfacenti, infatti dal 1905 al 1985 l’offerta dei treni è cresciuta fino al quintuplo, e la velocità commerciale nello stesso arco di tempo è raddoppiata. Non tutti gli aspetti della gestione statale sono stati, invece, positivi.
La soppressa Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato gestiva un servizio pubblico, ma mancava la forma imprenditoriale. La sua azione subiva pesanti condizionamenti ad opera del Ministero dei Trasporti, alla quale essa faceva capo. L’Azienda godeva di particolare autonomia contabile, di gestione, tecnica e amministrativa. Era costretta ad applicare tariffe assolutamente non remunerative, tra le più basse d’Europa e a gestire linee con scarsissimo traffico. La legge 17 maggio 1985 n° 210 trasformò l’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato in “Ente Ferrovie dello Stato”. Il nuovo Ente Ferrovie dello Stato deve operare con criteri di economicità ed efficienza, autonomia patrimoniale, contabile e finanziaria. L’istituzione dell’Ente ha costituito il primo passo per separare competenze e responsabilità, soprattutto per far emergere un conflitto di interessi fra lo Stato e l’Impresa, ma l’autonomia assegnata non era completa. In particolare il Ministero dei Trasporti aveva funzioni di controllo.
Il programma di riforma e sviluppo raggiunse finalmente una svolta decisiva nel 1992 quando l’Ente Ferrovie dello Stato venne trasformato in società per azioni con un unico azionista rappresentato dallo Stato. I rapporti della nuova Società con lo Stato sono regolamentati da tre strumenti giuridici: l’Atto di Concessione, il Contratto di Servizio e il Contratto di Programma. Con questo Atto lo Stato affida alla concessionaria oltre alla gestione dell’esercizio ferroviario, anche la progettazione, la costruzione di nuove linee e impianti, ovvero il potenziamento e l’ammodernamento delle linee e degli impianti preesistenti. L’atto di concessione non attribuisce però alla F.S. S.p.A. ampia autonomia e discrezionalità nella gestione del servizio. Con il Contratto di Programma lo Stato, in qualità di azionista unico delle Ferrovie dello Stato S.p.A. assume l’impegno, nei confronti della Società concessionaria, di provvedere al mantenimento in esercizio delle linee ferroviarie preesistenti e di garantire altresì i finanziamenti per lo sviluppo degli investimenti. Occorre precisare che il processo di privatizzazione effettuato con la creazione della F.S. S.p.A. è un tipo di privatizzazione formale, cioè un mutamento della forma giuridica dell’impresa pubblica che consiste nel fatto che da Ente Pubblico Economico è diventata società per azioni. In questa fase le partecipazioni sociali della Società appena costituita e anche il controllo dell’impresa stessa, restano interamente di proprietà dello Stato. Una vera e propria privatizzazione sostanziale comporta invece un’altra fase del processo, che consiste nella cessione delle azioni di proprietà statale a soggetti privati, con la conseguenza che il controllo della Società non sarebbe più in mano pubblica. Le finalità della privatizzazione sono sostanzialmente: conseguire una maggiore efficienza e risanamento dei bilanci statali. Per liberalizzazione si intende invece un tipo di privatizzazione che mantiene in vita l’Ente Pubblico imprenditoriale, ma nello stesso tempo abolisce il monopolio stabilito a suo favore consentendo l’ingresso di imprese private al settore produttivo.
La Società per azioni “Ferrovie dello Stato Spa” costituita nel 1992 ha avuto fin dalla sua costituzione quella “separazione contabile” stabilita dalla Direttiva 440.
Le contabilizzazioni dei compensi per l’utilizzo dell’infrastruttura avvenivano in modo “virtuale”. Nel 2001 si è arrivati ad un’ulteriore trasformazione “interna”. Il Governo Italiano, nell’ottica di adeguamento alle normative europee ha provveduto alla creazione di tre nuove società. La Ferrovie dello Stato SPA che è una Holding Società capofila con al suo interno le altre società. Le principali sono Trenitalia S.p.A. costituita il 1° giugno 2001 e Rete Ferroviaria Italiana costituita a luglio 2001. Con la nascita delle nuove Società la separazione fra la gestione dell’infrastruttura ferroviaria e la gestione del trasporto non è più solamente contabile, ma diventa netta e reale.
La Società RFI è controllata al 100% dalla Holding Ferrovie dello Stato e di conseguenza del Tesoro, cui spettano le funzioni strategiche di indirizzo, coordinamento e controllo. La missione di RFI è in primo luogo di assolvere il suo ruolo di Gestore dell’Infrastruttura secondo quanto attribuitogli dall’Atto di Concessione ed in base al Contratto di Programma che regola i rapporti con lo Stato. In quanto gestore dell’infrastruttura, RFI ha anche il compito di commercializzare le tracce orarie disponibili per quelle imprese di trasporto che siano in possesso di apposita licenza e certificato di sicurezza. L’organizzazione attuale non rispecchia completamente le norme impartite dalla Comunità Europea. In particolare Rete Ferroviaria Italiana, (RFI), la società che gestisce l’Infrastruttura è controllata da una Holding alla quale fa capo anche Trenitalia. Ciò fa dubitare della imparzialità di giudizio e di trattamento di RFI, nella attribuzione della capacità dell’infrastruttura e quindi del rispetto della “par condicio” nei confronti delle altre imprese di trasporto. Nel contempo si fa notare che Trenitalia, impresa dominante nel mercato del trasporto ferroviario, è una società interamente in mano pubblica. L’organismo incaricato di organizzare le gare per l’attribuzione dei contratti di servizio pubblico è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questo determina un “grave scostamento” da uno dei principi comunitari che reggono la disciplina dei servizi pubblici, nella nuova costituzione economica.
Il conflitto di interessi appare nel fatto che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è contemporaneamente azionista unico di Trenitalia e nello stesso tempo organismo che indice le gare per l’attribuzione del servizio. In altre parole le funzioni di Regulator del mercato non sono attribuite ad un organismo indipendente.
Alla fine del 2003 il problema della autonomia del Gestore dell’Infrastruttura si è aggravato in seguito ad una segnalazione al Governo e al Parlamento da parte dell’Autorità Antitrust Italiana.
Si intravedeva quindi un altro cambiamento organizzativo delle Ferrovie Italiane. Considerato che, come sinteticamente illustrato, la storia delle Ferrovie Italiane è un rincorrersi di corsi e ricorsi, si puo’ anche ipotizzare che, in un futuro non troppo lontano, le Ferrovie potrebbero diventare “private” per poi essere nuovamente nazionalizzate.
Maria Eugenia Maxia
(Articolo tratto dal libro “La liberalizzazione del trasporto ferroviario in Italia. Dal monopolio alla libera concorrenza.” Edizioni Accademiche Italiane)