L’angolo di Full: “Il messaggio”
Qualcosa urta contro lo scafo… toc… toc-toc, magari è un ramo o, sempre più spesso, un rottame, un rifiuto. La costa è sparita oltre l’orizzonte ed io mi sono fermato a sistemare una piccola avaria. I galoppanti aquiloni che avevo in testa hanno ceduto il posto ai manuali di bordo.
Da un paio d’ore non avvisto altre imbarcazioni. Solo… sono solo. Ma non nel senso che s’intende. In altura, quando la solitudine è totale, non è più solitudine, è qualcosa di diverso. In altura si prende coscienza della propria entità universale e si diventa elementi di un insieme. Noi e il mare, altrettanto vasti, immersi uno nell’altro. È un rapporto che si vive alla pari: in alleanza o in battaglia, nel silenzio o nel fragore. Ci si ama e ci si manda reciprocamente a quel paese.
Ogni volta che esco in barca penso di tornare con storie di vento, di onde, di cielo, di burrasche negli occhi. Torno invece con storie di emozioni, di sentimenti, di sensazioni nel cuore.
Toc…toc-toc, il battito è verso prua. Mi sporgo aggrappato alla battagliola… eccolo, sembrerebbe un rottame, poi riconosco una bottiglia di vetro. Ha una bella forma artistica e, se galleggia, significa che è vuota e ben chiusa. M’incuriosisco e la tiro su col retino. È appannata per la condensa e, agitandola, resta muta. Così l’apro.
Incredibile a dirsi, contiene un messaggio: sono due fogli arrotolati e scritti a mano con una grafia molto nitida e in francese; una lingua che io balbetto appena, ma che leggo abbastanza agevolmente:
“Sapevo che un giorno t’avrei ritrovato. Tu sei il cuore di una di quelle grandi farfalle di mare che vedo veleggiare all’orizzonte e che mai potrò inseguire se non con il pensiero. Ti ho riconosciuto dal nobile gesto, slegato da ogni età, proteso oltre il bordo a raccogliere il mio messaggio.
Non è un caso che proprio tu mi stia leggendo: solo chi possiede il tuo o il mio cuore si ferma a raccogliere una bottiglia in mezzo al mare
Tu sei quello che abbracciava dolcemente la donna dei suoi sogni nelle lunghe notti insonni. E la salvavi dai lupi, dai teppisti, dalle fiamme, dalle acque impetuose del torrente.
Non puoi avermi scordata del tutto. Io sono quella che, nel frattempo, da qualche altra parte, si faceva salvare da te: dai lupi, dalle fiamme, dai teppisti, dal torrente.
Io sono quella che salvava te amandoti dolcemente.
Sono quella che t’è rimasta fedele anche dopo, quando uscivi con quell’altra. Ti ero fedele nelle mie domeniche solitarie mentre tu passeggiavi con lei nelle ore deserte della domenica, e in tutta la strada c’era solo una donna che innaffiava i gerani alla finestra.
Vi tenevate per mano, ma lei non sapeva parlare in silenzio al tuo cuore. In quei momenti lei desiderava le vie del centro con le vetrine, i monili, le mode ed altre povere cose che a te non importano.
Io sono quella che innaffiava i gerani alla finestra…”
Il ricordo di certi pomeriggi domenicali affiora prepotente da chissà quale anfratto della mia mente. Avevo iniziato la lettura con distacco. Del resto, io non sono il cuore di una candida farfalla di mare che veleggia all’orizzonte. La mia barca va a motore come, a motore, va tutto il mondo, comprese le romantiche barche a vela che, si sa, non possono comandare il vento. Ma in questo momento, il pensiero che prevale è un altro: se in tutta la vastità del mare quella bottiglia è venuta a bussare alla mia piccola barca, una ragione ci sarà.
Ancora una volta rientrerò dall’altura con un’emozione nuova, diversa, inattesa. Riprendo la lettura con altro sentimento:
“…Io sono quella che innaffiava i gerani alla finestra.
Sono quella che ti conosce più di chiunque altro e tu sei quello che più mi conosce. Con nessuno, mai, abbiamo osato ripetere certe parole. Con nessun’altro, mai, abbiamo confuso le nostre lacrime.
Mai più abbiamo amato, quanto noi ci siamo amati. ”
È firmato “La donna dei tuoi sogni” e in un angolo leggo “Denise”.
Segue un breve giochino a indovinelli destinato a identificare il recapito del mittente e che potrei forse risolvere. Istintivamente mi volgo intorno come a capire da quale punto della costa può essere partita quell’invocazione, ma intorno non è che cielo e mare.
Chissà da quanto tempo naviga quel messaggio! E quale senso potrebbe avere ormai?
Rigiro a lungo quei fogli fra le mani e infine mi decido a rispondere perchè convinto che potrei essere benissimo io il destinatario di quelle parole.
Poi restituirò la bottiglia alle onde perché non c’è altro da fare.
Così, scrivo il mio nome e vi aggiungo poche righe:
“Grazie Denise. È tutto vero quel che dici di noi due.
È anche vero che quell’altra non sa parlare in silenzio al mio cuore e vive dentro cose che a me non importano.
Lo so che lei pensa ben poco a me.
Eppure, perdonami Denise, ma io non so pensare che a lei.”
Fulvio Musso
Non ricordavo questo tuo scritto che, come immaginerai, mi è piaciuto moltissimo, anzi mi ha colpito davvero. Ottimo carissimo amico, mi hai riconciliato l’umore che viaggiava sul nervoso andante… 🙂 Ciao Fulvio, a presto