L’angolo di Full: “L’oca che si gratta”
Ogni racconto del maestro Full è un regalo per i lettori, ancor più se ispirato a una sua personale esperienza. Quello di oggi, però, è ancora più prezioso perché – con la delicatezza senza fronzoli che caratterizza questo autore – ci aiuta a riflettere su un problema purtroppo sempre attuale in modo serio e da un punto di vista poco esplorato.
Diminutivo di Barbara, Barbie è una bambola adulta che riflette l’aspirazione infantile alle cose “da grandi”.
A me, ne era capitata una in carne e ossa, gli stessi capelli lisci, il corpo snello, il viso perfetto e, soprattutto, la posa da adulta. Era una Barbie di otto o nove anni, vicina di casa. A periodi, mi suonava il citofono con insistenza e a tutte le ore del giorno: un modo scriteriato tipico dei bambini. Veniva a farmi visita e si comportava come una signora dandomi la mano e parlandomi con garbo manieroso.
“Come stai? Che tempaccio! Ogni anno è peggio: non si sa più cosa pensare”. A tratti tornava bambina: “Perché la tua cagnolina non fa i cuccioli?”
Qualche volta portava la sua, di cagnetta, “così giocano un po’ insieme”, per quanto fregasse un bel niente a entrambe.
Barbie si fermava un’oretta, poi si congedava sempre d’improvviso: “debbo andare, ciao”.
Quando cominciavo ad accettarla… mi svuotava la casa.
Dapprima trovavo singolari quelle visite poi risolsi che la bambina giocava a fare la signora e aveva scelto me come compagno di giochi perché non ne aveva della sua età e… ancor meno della mia.
Ogni volta sospendevo il mio daffare –o il mio poltrire– per fare gli onori di casa o… di giardino e la congedavo sempre con un regalino: dei girini in un vasetto d’acqua per la sua vasca, un bulbo da interrare per scoprire cosa nascerà o una bustina di mangime speciale per i merli. Ma, il massimo della considerazione, lo raggiunsi quando le insegnai a disegnare l’oca che si gratta.
«Spero che la bambina non la infastidisca» mi disse la madre che faceva l’assistente da un dentista. Ma la nonna di Barbie mi guardò in modo troppo serio. Così, dalla visita successiva, ebbi cura di lasciare sempre il cancello del giardino spalancato. Evitavo, se possibile, di entrare in casa con la bambina e ridussi anche i regalini: la rinuncia più penosa per me.
Rabbrividii ricordando che, in collegio, avevo conosciuto degli strani bambini capaci di raccontare bugie diaboliche. E considerai che, nelle attività venatorie, la sola caccia che non viene mai sospesa è quella alle streghe.
Chi colpisce l’infanzia fa due categorie di vittime: i bambini e tutti noi che non possiamo più comportarci da persone normali e pulite.
La mia piccola amica divenne presto una ragazzina e, alla compagnia di un signore maturo e acciaccato, preferì quella di ragazzi immaturi e molto in salute. Per lei resterò quello che le ha insegnato l’oca che si gratta. Per me rimane la Barbie che mi riempiva la casa fingendosi una signora e, da signora vera, non raccontava strane bugie di bambina. In pratica… le devo la pelle.
Fulvio Musso