Intervista a Giulia Panchieri

giulia panchieri

giulia panchieriNata a Lucca, Giulia Panchieri deve il primo contatto con il mondo della musica alla parte più sognatrice e creativa di sua madre, che la iscrive a un corso musicale per bambini in età di scuola materna. Ha poi frequentato il corso di propedeutica musicale presso l’istituto musicale pareggiato L. Boccherini di Lucca e successivamente la classe di viola del prof. Claudio Valenti, che l’ha seguita fino al diploma. Contemporaneamente ha frequentato il liceo classico Machiavelli di Lucca e dopo la maturità si dedica interamente allo studio della viola e della musica per farne il suo mestiere.

Dopo il conseguimento del diploma italiano si trasferisce a Lugano per studiare con il M° Danilo Rossi, prima viola solista dell’orchestra del Teatro alla Scala, con il quale consegue in due anni il Master in Music Performance. “L’esperienza di Lugano è stata senza dubbio importante per me: era infatti la prima volta che vivevo all’estero e investivo le mie forze in una sfida del genere lontano da casa. Il bilancio è stato molto positivo: ho conosciuto tanti ragazzi, stretto amicizie, ampliato i miei orizzonti e soprattutto migliorato il mio modo di suonare. L’esperienza di vita più totalizzante l’ho vissuta però nei tre anni successivi, in cui ho avuto la fortuna di studiare presso la International Menuhin Music Academy a Coppet ( Svizzera) nella classe del M° Ivan Vukcevic, prima viola solista dell’Orchestra della Svizzera Italiana. Sono stati anni molto duri, di grande studio, ma anche di tante soddisfazioni: ho avuto la possibilità di suonare in giro per il mondo in prestigiose sale e in importanti festival, di ricevere lezioni da Maxim Vengerov, Direttore Artistico dell’Accademia, e di imparare la disciplina e il rispetto per questo mestiere. Tutt’ora rimango legata alla Svizzera collaborando come viola di fila nell’Orchestra della Svizzera Italiana a Lugano.”

 

Cosa ti ha spinta a diventare una violista?

Ho sempre preferito il timbro, il colore, la pasta degli strumenti di registro medio-grave, si avvicinano di più al mio carattere: ero indecisa tra la viola e il violoncello; a farmi decidere è stata la qualità umana e artistica dell’ insegnante che ricopriva la cattedra di viola, il M° Valenti appunto.

Chi sono stati i tuoi mentori principali?

Ringrazio tutti gli insegnanti che ho avuto fino ad ora; ho stretto negli anni un rapporto molto forte con il M° Danilo Rossi, sia a livello professionale, per tutto ciò che mi ha trasmesso, sia a livello umano; rimane per me il principale punto di riferimento in Italia. Provo una gratitudine speciale per il M° Ivan Vukcevic: a lui devo tanto, mi ha permesso di studiare alla Menuhin Academy, mi ha seguito pazientemente per tre anni e mi ha insegnato moltissimo; il suo rigore rimane un faro per me. Infine porterò sempre con me i momenti passati con il M° Vengerov e tutto quello che ho potuto imparare da lui.
Direttori d’orchestra, Solisti, Colleghi che hanno lasciato in te un’impressione profonda?
Maxim Vengerov, per la sua disciplina e la sua straordinaria musicalità; Gyorgy Pauk per la sua intramontabile serietà; tutti i solisti di qualità che noi orchestrali abbiamo il privilegio di spiare suonandoci in concerto assieme: Marta Argherich, Misha Mainsky, Mario Brunello, Radulovic…

Qual è la tua attività professionale attuale?

Ho cominciato a lavorare in modo più continuo non da molto, fino all’anno scorso la mia attività principale era lo studio, anche se ho avuto modo fin da giovanissima di suonare in orchestre anche importanti, come il Teatro Regio di Torino e il Teatro alla Scala. Al momento collaboro con l’Orchestra Regionale Toscana e l’Orchestra della Svizzera Italiana. Continuo a fare audizioni alla ricerca di un posto stabile in orchestra.

Cosa ti dà più soddisfazione del tuo lavoro?

Il mestiere del musicista, come tutti i mestieri in cui è coinvolta l’arte, è tanto bello quanto faticoso e duro. Ciò che mi dà più soddisfazione è il raggiungimento di un obiettivo dopo una dura preparazione, il momento del concerto dopo settimane di studio, per esempio. Mi piace molto anche il lavoro di squadra che c’è quando prepariamo concerti in orchestra o in formazioni cameristiche.

Stai portando avanti progetti speciali?

Ho in mente alcuni progetti, rivolti principalmente a giovani musicisti: la creazione di un festival in cui finalmente siano protagonisti potrebbe essere un inizio… Vediamo se avrò la forza di portarli avanti.

Cosa ci dici dell’ambiente violistico in Italia?

Sono critica nei confronti del sistema italiano della formazione musicale, in particolare quella violistica.  Gli studenti in Italia si formano molto lentamente, arrivano ad essere violisti “fatti” più tardi che i giovani europei, e spesso sono costretti a trasferirsi all’estero in cerca di un’offerta formativa adeguata. Urge un atto di verità in tal senso: se i nostri giovani musicisti il più delle volte decidono di terminare i propri studi e svolgere la specialistica all’estero un motivo ci sarà, no?! Non c’è una grande scuola di riferimento, un’Accademia nazionale che possa attrarre giovani talenti italiani ed esteri; l’internazionalizzazione è fondamentale nel mondo di oggi.  Come sempre ci si affida alla bravura del singolo insegnante senza che però quest’ultimo sia supportato da un sistema che funziona. Le energie vecchie e nuove non mancano nel nostro paese, bisogna metterle in comunicazione e farle diventare “sistema”.

Al congresso hai rappresentato le nuove generazioni. Puoi parlarci del tuo vissuto come giovane violista italiana oggi?

Come ho già detto, per approfondire la mia formazione, dopo il diploma, mi sono dovuta trasferire all’estero. A livello personale è stata un’esperienza arricchente, anche se talvolta difficile da sostenere; certamente indice del fatto che il sistema formativo italiano non è all’altezza. Ho poi sperimentato anch’io sulla mia pelle il destino dei giovani italiani di oggi: anche nel mondo della musica stiamo assistendo alla precarizzazione del lavoro. I concorsi sono sempre più rari e si procede con audizioni che ingrossano le file degli aggiunti. Ciò, oltre ad avere, conseguenze molto negative per la vita dei giovani, incide anche sulla qualità delle orchestre. Da musicista e da cittadina chiedo un cambio di prospettiva affinché l’Italia torni ad occupare il posto che le spetta nel panorama musicale internazionale. I giovani musicisti italiani si facciano sentire.

Cosa pensi delle Associazioni della Viola?

Ad essere sincera conosco solo l’AIV di cui ho apprezzato già prima dell’organizzazione del Congresso di Cremona l’iniziativa dei ViolaFest, vere e proprie maratone violistiche, di uno o più giorni, a livello cittadino, regionale o nazionale. I momenti di aggregazione sono importanti perché, come tutti sappiamo, diventano occasioni di condivisione, di stimolo, di apertura di orizzonti, di possibilità di esibirsi e quindi migliorare. Ecco, questa è una finalità dell’AIV che condivido pienamente e rispetto alla quale mi impegno a dare una mano.

Hai partecipato ad altri congressi? Cos’è stato per te il Congresso di Cremona?

Purtroppo non ho partecipato ad altri congressi, questo di Cremona è stato un inizio col botto! Innanzitutto una grande festa, persone con la viola in spalla e il sorriso in faccia camminare per le vie di Cremona soddisfatti di partecipare al Congresso.
Un grande momento di condivisione e di approfondimento, una full immersion in tutti gli aspetti che riguardano la viola.
Ho avuto occasione di imparare divertendomi e conoscere tanti violisti con i quali magari instaurare una bella amicizia e una collaborazione professionale.  Due parole sul titolo e il tema centrale che abbiamo scelto per il Congresso: Connecting Culture and Generations. Mi auguro che, anche dopo la sua chiusura, sia un piccolo germoglio per un cambio di rotta nel panorama musicale italiano verso una maggiore attenzione ed un maggiore altruismo da parte delle “vecchie” e più esperte generazioni nei confronti delle “nuove” che si affacciano al mondo del lavoro e che spesso, invece di trovare braccia tese ad aiutare ed accompagnare questo percorso, trovano muri ed ostacoli difficili da sormontare. E che da qui parta un messaggio verso una maggiore internazionalizzazione del mondo musicale italiano. Ci vuole più curiosità e apertura verso le esperienze dei nostri colleghi stranieri. E che prevalga il merito! Sempre!

Un messaggio ai violisti che ci leggono?

Partecipate sempre numerosi! Occasioni del genere in Italia sono rarissime. E poi divertitevi!

 

Intervista realizzata da Dorotea Vismara – Coordinatrice del Congresso
https://43rdinternationalviolacongresscremona2016.wordpress.com

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