Proposte artistiche e culturali a Torino: incontro con Line Danielsen
di Ernesto Bodini
(giornalista e critico d’arte)
Con l’autunno si torna a prendere confidenza con i “frutti” della stagione: non solo i primi freddi e le prime nebbie, ma anche la frequentazione di sedi culturali scegliendo le proposte tematiche che possono soddisfare gli orientamenti più diversi e… insaziabili. Tra queste la torinese Tranchitella Educational Service che, giovedì 13 scorso, ha organizzato un incontro culturale sul tema “Esprimere e comunicare attraverso l’arte del dipingere e dello scrivere. Quali confini? A colloquio con l’artista Line Danielsen”, condotto dallo psicologo Pietro Tranchitella e da chi scrive. Un appuntamento non privo di una certa curiosità sia perché la relatrice è di origine norvegese (da molti anni in Italia, e oggi stabilitasi a Torino), sia perché la sua ricchezza culturale ed artistica ha offerto una panoramica senza confini…
Personalmente ho esordito richiamando il concetto di Arte la cui definizione univoca a tutt’oggi non reca alcuna paternità, proprio perché tutte le possibili definizioni mutano con il mutare del bello. Ma va anche detto che in senso lato le Arti si distinguono per ciò che esse imitano: la poesia, ad esempio, ha per oggetto gli uomini e le loro azioni, e per mezzo il discorso, il ritmo, l’armonia, l’emozione, etc. Dunque l’Arte, ho precisato, potrebbe essere interpretata a seconda del modo di osservare e criticare un’opera sia essa pittorica, scultorea o letteraria. Il Grande Tiziano sosteneva che «l’arte è più potente della Natura»; Dumas figlio, invece, precisava che «fra tutte le menzogne l’Arte è quella che mente di meno». E se non fosse temerario si potrebbe aggiungere che Dio guarda alla Natura o all’intero mondo in una maniera uguale a quella con cui noi guardiamo un’opera d’arte.
Nel prendere parola la relatrice ha espresso il suo parere sul concetto di arte, precisando che un’opera può creare dialogo originato da quella spontanea ispirazione che non può aver fine e che l’Arte stessa, una volta realizzata, non può avere confini. «Così pure – ha precisato – lo scrivere rappresenta un movimento che si compie come un ulteriore respiro per esternare e al tempo stesso interiorizzare un qualcosa. Ho vissuto e dipinto a Firenze per oltre un ventennio, e ancora dipingo e scrivo ma non mi sento appagata perché mi sono sempre imposta di esprimere con la mia immagine un qualcosa che non si può descrivere a parole… In effetti, quando scrivo, ad esempio, non posso fare a meno di creare immagini, allontanandomi dalla banalità nel rispetto di determinati valori».
Tendenzialmente, leggendo le sue opere artistiche e letterarie, questa artista è ermetica in quanto non ama dilungarsi oltre il necessario, il comprensibile per meglio appagare il fruitore e allontanando ogni possibile confusione su cos’è o cosa non è l’Arte. Il suo modo di fare arte è soprattutto ricerca, immedesimazione, ed è scavando nell’animo umano che realizza immagini che si “impongono” per vivacità materica, ma soprattutto ipercromatica che realizza con profonde tonalità di grigi, gialli e blu in particolare.
Lo psicologo Tranchitella ha incalzato la relatrice sull’esistenza o meno dei confini tra il suo scrivere e dipingere, se non quelli che vengono visti od intesi da noi stessi che talvolta ci portano a mettere in risalto il confronto con il mondo interno ed esterno, «e quando ci confrontiamo – ha sottolineato – è lì che dobbiamo essere capaci di riconoscere se ci sono dei confini che limitano il nostro operare, il nostro intendere l’Arte e la nostra stessa esistenza».
La Danielsen, come lei stessa ha spiegato, nel corso degli anni ha avuto molte critiche del suo operato letterario e soprattutto artistico, probabilmente per l’acceso contrasto dei suoi colori “dominanti”, che in qualche modo rispecchia il suo mondo norvegese dove il sole spesso diventa luna, e dove la solitudine si esprime con una discreta socievolezza… «Sentivo sin da subito che venire in Italia – ha spiegato – avrei assaporato un clima diverso, avrei incontrato diverse opportunità per esprimere al meglio la mia arte, ma anche poter allargare i miei orizzonti sociali». E alla domanda di Tranchitella: quando si realizza un’opera è per sé stessi o per gli altri?, la Danielsen ha precisato: «A mio parere realizzare un’opera è del tutto soggettivo. Personalmente ho sempre cercato di creare qualcosa che potesse diventare un valore per gli altri, un modo per superare me stessa, continuando in quest’ottica senza confini…».
Nel corso del dibattito con il pubblico è emerso non solo il talento di questa artista, ma anche le sue caratteristiche più “intime” che si leggono sia nello scrivere che nel dipingere, in quanto nei suoi scritti e nei suoi quadri la vena poetica è accarezzata da una velata malinconia, che al tempo stesso lascia trasparire il suo saper leggere ed apprezzare le cose belle della vita, come l’amicizia che considera un sentimento da rispettare; un rapporto sociale sincero, spontaneo come lo sono il suo sorriso e la sua saggezza. Così come si propone alla vita attraverso i suoi scritti e i suoi quadri, trasformando la propria esistenza in un’opera d’arte… senza confini.
Foto di Faliero Bossolesi. In alto, P. Tranchitella, L. Danilsen, E. Bodini; in basso, il pubblico