Rivisitazione delle disparità tra paesi ricchi e paesi poveri
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Talvolta si crede che determinate pubblicazioni, proprio perché datate, siano da considerare superate sia concettualmente che dal punto di vista editoriale. Personalmente non credo che sia sempre così, come ad esempio per quanto riguarda il corposo volume “La ricchezza e la povertà delle nazioni – Perché alcune sono così ricche e altre così povere” dello statunitense David S. Landes (Ed. Garzanti, 2000, pagg. 692). Questo autore (1924-2013), che è stato uno dei massimi storici economici contemporanei, ci illumina sul divario sempre più crescente tra i ricchi e i poveri tant’è che ampia e particolarmente documentata è la letteratura a riguardo. Basterebbe ricordare, ad esempio, che nel corso degli ultimi seicento anni i Paesi più ricchi del pianeta sono stati quasi tutti europei e, verso la fine del XX secolo, il problema ha interessato l’Asia, dove paesi come il Giappone si sono sviluppati con notevole rapidità. Scorrendo queste fitte pagine il lettore ha anche modo di conoscere le riflessioni dello scozzese Adam Smith (1723-1709), il padre dell’economia politica, che per primo affrontò in modo capillare il problema di quali fossero i fondamenti della prosperità e della povertà dei Paesi con l’opera “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni”, pubblicata nel 1776, quando la rivoluzione industriale era ai suoi albori soprattutto in Inghilterra.
Ma secondo l’economista statunitense, i Paesi occidentali hanno potuto svilupparsi velocemente grazie a una società in grado di valorizzare e favorire il lavoro e la conoscenza, e ottenere così l’aumento della produttività e la creazione di nuove tecnologie. I detentori dell’economia mondiale stanno seguendo proprio questo percorso, mentre chi resta indietro non è stato in grado di replicare questa formula e, la condizione necessaria per aiutare le nazioni arretrate, è comprendere la lezione della storia… L’autore ammonisce che chi rappresenta il sale del mondo è «il tipo di persone che pensano in positivo, e sanno essere propositive; e quand’anche queste sbagliano, sono positive, e questa è la strada che porta al progresso, al miglioramento, al successo». È evidente che le conseguenze “originate” dalla ricchezza-povertà sono molteplici, e ne basterebbe una per tutte: la salute, la cui garanzia è data in primis dalla prevenzione e dall’assistenza. La dimensione planetaria della qualità in ambito sanitario coinvolge molti Paesi e importanti istituzioni come la Banca Mondiale (istituita nel 1945 assieme al Fondo Monetario Internazionale), sempre più impegnata nel migliorare i risultati assistenziali dei poveri, rafforzare i sistemi sanitari e garantire i finanziamenti per il sostegno degli stessi; soprattutto mirati a ridurre il tasso di mortalità e morbilità. Anche per un continente come l’Africa (oltre 1 miliardo e 200 milioni di abitanti), vi sono particolari attenzioni su questi temi (non ultimo il fenomeno delle emigrazioni: un esodo senza fine), tant’è che già nel 1994 l’Unione Europea aveva sottoscritto una convenzione di finanziamento con il governo del Gabon, per un valore di 11 milioni di Ecu. «L’obiettivo generale – spiegò allora Saidou Pathe Barry, responsabile del progetto sanitario dell’Unione Europea per il Gabon, in occasione di un convegno internazionale – è consentire alla popolazione di accedere a cure qualitativamente valide…». Il progetto riguardava il miglioramento delle strutture, degli impianti, delle competenze del personale e l’organizzazione dei servizi. Per raggiungere questi risultati fu fatta un’analisi della situazione per quanto riguarda le cure e l’assistenza negli ospedali; in particolare fu evidenziata la percezione del personale sanitario sulla “qualità” delle cure infermieristiche, la valutazione dei pazienti e dei supporti necessari, e la valutazione della realizzazione delle possibili cure.
Da queste constatazioni e dall’approfondimento dell’opera di David S. Landes (nella foto) appare evidente che la effettiva realizzazione dei servizi e la loro qualità sono diventate una questione planetaria legata ai processi di sviluppo in atto; processi che sembravano determinare una serie di condizioni, sperimentate soprattutto nei Paesi dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), elemento centrale della vita sociale, ma anche una “sfida” per le politiche. Tra queste in ambito sanitario, l’aumento di soggettività sociale e il rafforzamento delle società civili conseguentemente all’incremento della domanda di qualità dei servizi e di giustizia dei cittadini; la diffusione di una nuova cultura della salute e dei nuovi orientamenti cognitivi associati a modelli di comportamento. In questo contesto va rilevato l’emergere, o il rafforzarsi, di un ceto medio colto e informato anche nei Paesi in via di sviluppo (PSV), esposti a flussi comunicativi di natura transnazionale; ma anche la nota crisi delle forme tradizionali di finanziamento dei sistemi di welfare; il rafforzarsi di gruppi professionali all’interno dei diversi sistemi sanitari nel quadro di programmi di dialogo scientifico e di scambio; come pure va considerato il peso del partnership tra attori pubblici, privati e non-profit per la governance e la gestione dei servizi come quelli per la salute. Ma la realtà non era e non è così semplice, viso il perdurare dei problemi contingenti, sia dal punto di vista politico che da quello più meramente culturale, soprattutto nel contesto africano, dove ancora è notevole la carenza di personale sanitario, in particolare quello medico (nonostante la presenza di associazioni di volontariato operanti in diversi Paesi, sic!), ancora al di sotto degli standard OMS. Lo stretto legame esistente tra la salute e lo sviluppo (spesso determinato dal non meno esistente legame tra la ricchezza e la povertà) implica la necessità di una messa a punto non solo della “qualità” dei servizi che si intende erogare, ma anche la necessità di una integrazione tra i diversi approcci, metodi e tecniche di analisi e miglioramento degli stessi.
Ma lo sviluppo centrato soprattutto sugli attori umani non sembra avere ancora quella rilevanza…, tant’é che appare opportuno che la Comunità scientifica si impegni sempre più a valorizzare le conoscenze esistenti sulle “particolari” problematiche che sono proprie di almeno un terzo della popolazione mondiale, confrontandole con quelle dei Paesi più avanzati, al fine di recuperare le risorse umane colpite da forme di disabilità o rientranti nelle mappe di rischio sanitario territoriale. Intanto, in molti di questi Paesi permangono problemi legati alla fame, alla sete, alla prevenzione delle più importanti malattie infettive ed altro ancora; mentre il mondo occidentale sta alla finestra ad osservare e commentare le diatribe e le “marachelle” dei potenti del mondo: uno spettacolo di vergogna tanto che mi viene da rammentare una lapidaria osservazione di Socrate: «La pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi».