Statistiche e considerazioni sulla stirpe umana e la sua evoluzione
di Ernesto Bodini
(giornalista scientifico)
Il Pianeta terra continua a popolarsi: una miriade interminabile di esseri umani appartenenti alle più svariate razze (anche se quest’ultimo termine a mio parere non lo reputo appropriato, ma tant’è), che tende a crescere in modo incontenibile rispetto alle risorse disponibili. Ma come si è evoluta la specie? Quale il “moto propulsore” che ha dato vita all’Uomo e alla Donna con tutto quello che ne è conseguito e che ne consegue? Di primo acchito bisognerebbe coinvolgere teologi, antropologi, sociologi, linguisti, archeologi, evoluzionisti, statistici ed altri esperti ma in realtà fa fede la Genesi (Es 21:12-14, 28; Nu 35:18-21, 31-33) secondo la quale Dio benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: «Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra. Avranno timore e spavento di voi tutti gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo. Essi sono dati in vostro potere con tutto ciò che striscia sulla terra e con tutti i pesci del mare. Tutto ciò che si muove e ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutto questo, come l’erba verde; ma non mangerete carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Certo, io chiederò conto del vostro sangue, del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto a ogni animale; chiederò conto della vita dell’uomo alla mano dell’uomo, alla mano di ogni suo fratello. Il sangue di chiunque spargerà il sangue dell’uomo sarà sparso dall’uomo, perché Dio ha fatto l’uomo a sua immagine. Voi dunque crescete e moltiplicatevi; spandetevi sulla terra e moltiplicatevi in essa». Un palese invito all’obbedienza secondo i credenti (come chi scrive) che nel corso delle ere e dei secoli, dalle origini al giorno d’oggi ha fatto “germogliare” sulla madre Terra quasi 108 miliardi di esseri umani.
Ma cominciamo a “rispolverare” il concetto di razza umana che secondo esperti come il genetista Luca Cavalli Sforza (1922) pare che le razze non esistano. Del resto basterebbe chiederci di che colore è la pelle di Dio, ed è inutile, da questo punto di vista, fare un distinguo del colore della pelle dei vari popoli e non è certo il colore della pelle a distinguere una popolazione da un’altra; tuttalpiù si può parlare di etnie ma non di razze! Charles R. Darwin (1809-1882), biologo e naturalista britannico, ha parlato di 300 razze, ma da allora ad oggi il concetto di razza resterà sempre variabile, «fondandosi – come ha affermato Cavalli Sforza al Festival della Scienza di Genova nel 2008, al settimanale Il nostro tempo – su elementi “grossolani” e molto stupidi, come il colore della pelle. Se sono neri gli africani e gli indiani e gli aborigeni dell’Australia, è chiaro che è dove il sole picchi: li conviene essere neri, così come conviene anche a noi, sotto il sole, annerirci la pelle dopo essere passati attraverso il doloroso stadio di pelle “rossa” dopo la prima esposizione. È la pelle l’unica grande differenza che determina razzismi assolutamente imbecilli». L’argomento richiederebbe ulteriori approfondimenti ma una ulteriore nota appare non meno interessante, è che dalla scoperta della Grotta del Romito (nel comune di Papasidero in Calabria) avvenuta nel 1961, è emerso che era abitata da almeno 20 mila anni fa, ed ulteriori studi archeologici hanno dimostrato che gli uomini dell’età della pietra si prendevano cura di malati e disabili e, il caso di Romito 8 (uno dei 9 individui ritrovati nella grotta di Romito) dimostra come una persona, incapace di provvedere a se stessa, potesse rendersi utile alla comunità ripagando con il suo lavoro chi lo aiutava a sopravvivere. Definire razza, quindi, gli appartenenti di minuscola società sembra davvero azzardato… un azzardo che ricorda il seguente aneddoto. Albert Einstein, giunto per la prima volta negli USA per sfuggire alle persecuzioni naziste, dovette compilare il modulo d’immigrazione, e alla domanda che gli veniva posta sulla sua razza, non ebbe alcuna esitazione rispondendo: «umana». Una risposta saggia e razionale alla quale dovrebbe adeguarsi anche la nostra Costituzione modificando l’art. 3 che testualmente recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, un invito che rammenta l’appello degli antropologi biologici dell’Istituto Italiano di Antropologia (Isita) e gli antropologi culturali dell’Associazione Nazionale Universitaria Antropologi Culturali (Anuac) che il 23 gennaio 2015 chiesero l’abolizione e quindi la sostituzione del temine “razza”.
Nel tempo l’uomo si sposta e conquista il mond0 per intuito, necessità, intraprendenza… tali da favorire l’incremento della popolazione mondiale, che attualmente ammonta a circa 7 miliardi di individui (secondo i calcoli di Carl Haub, aggiornati al 2011) e a fronte di questa cifra che tende ad aumentare, c’é da chiedersi se ciò costituisce una opportunità oppure una minaccia… Pur non entrando in merito a quanto possono sostenere esperti in questo ambito, non si può non rilevare che qualunque tipo di risposta dovrebbe considerare alcuni aspetti che caratterizzano l’esistenza umana, ovvero la povertà e l’uguaglianza, proprio perché meno povertà equivale a minor crescita della popolazione; i giovani che a seguito del progresso tecnologico contribuiscono a cambiare il mondo (posto che li si aiuti) ; le discriminazioni sessuali la cui eliminazione non solo è atto di civiltà ma ne favorisce il progresso umano e comportamentale; la considerazione dell’ambiente che richiede maggiori accorgimenti nel comportamento per la salute del Globo terrestre; e l’invecchiamento in ragione del fatto che con la fertilità che si riduce la vita media si allunga. A questo riguardo il nostro Paese è uno dei più vecchi dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (Economico), e si prevede che lo sarà ancora di più nei prossimi anni arrivando nel 2050 ad avere, ogni 100 persone che hanno tra i 20 e i 64 anni, altre 74 over 65. E il problema dell’occupazione preoccupa non poco. Secondo una nota dell’Ansa del 16 ottobre scorso, il tasso di occupazione tra le persone tra i 55 e i 64 anni è cresciuto di 23 punti tra il 2000 e il 2016 mentre quello dei giovani è diminuito di 11 punti. I redditi di coloro che hanno tra i 60 e i 64 anni in Italia negli ultimi 30 anni sono cresciuti in media del 25% in più rispetto alla fascia di età tra i 30 e i 34 anni a fronte di un gap medio nei paesi Ocse nello stesso periodo del 13%. La povertà relativa in Italia è cresciuta per le generazioni giovani mentre è diminuita per gli anziani. Ora, a fronte di questi dati, dal concetto di meglio ben definire l’umanità dal punto di vista etimologico (e della dignità), e da quello delle cifre enunciate (sia pur parzialmente), ci sarebbe da chiederci se non sia il caso di prendere in considerazione il contenimento delle nascite, come considerava l’economista e demografo inglese Thomas Malthus (1766-1834) in quanto a lungo andare la Terra non avrà abbastanza risorse per tutti, per il cui equilibrio si dovrà “ricorrere” a guerre e malattie, che a tutt’oggi madre Natura non ce ne ha risparmiate alcuna… Le sue previsioni in sostanza non sono diventate totalmente concrete, anche perché l’ingegno umano e il contributo delle circostanze hanno favorito un più o meno contenimento del problema.