IL DOLORE: SIMBOLO DELLA SOFFERENZA UMANA
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)
Un vecchio adagio recita: soffrire è patire. Sembra un voler rimare due parole, ma non è così perché quando si soffre significa che si ha un dolore fisico e/o psicofisico, e patire è la condizione in cui ci si trova proprio a causa del dolore e quindi della sofferenza. È immaginabile che tutti (o quasi) gli esseri umani abbiano conosciuto (o conosceranno) il dolore e quindi abbiano avuto un periodo di sofferenza: il 93% degli italiani, ad esempio, ha avuto un episodio di dolore durante l’ultimo anno, secondo i risultati della terza edizione dell’indagine Global Pain Index sul dolore muscolo-scheletrico, condotta da Gsk, come cita il Corriere della Sera del 25 novembre. E sul dolore c’é da dire che la letteratura è assai copiosa, sia dal punto di vista prettamente scientifico che meramente culturale e divulgativo. Si potrebbe cominciare citando la ricca elaborazione de’ “Il dolore e la sua storia” (Hyroniche Edizioni Telematiche, 2005) dello storico e filosofo Roberto G. Salvadori (1926-2014); un corposo lavoro che prende in considerazione alcuni cenni storici del dolore, e come appendici il dibattito contemporaneo su Giobbe, e alcune annotazioni sul dolore e sulla terapia. Una ricca illustrazione de’ “Storia del dolore – Temi ed immagini” dell’anestesista-rianimatore Armando Sarti (Ed. Primula, 2010, in collaborazione con Lilly); un’opera che sviluppa non solo gli aspetti storici nelle varie epoche, ma anche i vari tipi di dolore e le loro cause, completati da numerose figure e tavole artistiche come l’emblematica “Cacciata dal Paradiso” del Masaccio (1401-1428), e lo storico dipinto “Vecchio che soffre” di Vincent van Gogh (1853-1890). Un altro contributo alla divulgazione titola “Interpretazione del dolore – Eziopatogenesi, clinica e diagnosi” di Pietro Fontana, medico specialista in Anestesiologia e Rianimazione e in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare (Ed. CMP, 2011, in collaborazione con Ely Lilly); un’opera, come si evince dal sommario, che comprende la dinamica del dolore, il danno reale, potenziale e ipotetico; la classificazione patogenetica del dolore, l’espressività temporale del dolore, la diagnosi patogenetica del dolore, e la descrizione di alcuni casi clinici; oltre ad illustrazioni e grafici per una migliore comprensione. Nel 2002, a cura del dottor Mario Falconi, la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) ha dato alle stampe “Il dolore – Caratteristiche e indicazioni di trattamento”, indicato per chi intende muovere i primi passi per il trattamento del dolore in quanto, come precisato in quarta di copertina: «… curare il dolore, sia acuto che cronico, sia connesso alla malattia neoplastica che ad altre lesioni, richiede non solo un sapere tecnico ma anche una preparazione culturale, una sensibilità e una disponibilità, che si impara stando vicino alla sofferenza». Altri contributi, anche di tipo “promozionale” come quello della Roche, riguardano, ad esempio, “La storia del dolore”, a cura dei proff. Gualtiero Bellucci (1925) e Mario Tiengo (1922-2010), ambedue specialisti in Anestesiologia e Rianimazione.
Questa edizione del 2005, fuori commercio, raggruppa una serie di riferimenti sulla Storia del dolore dall’antichità all’era moderna, e Studi sul dolore nel XIX e XX secolo, completati da ricche immagini e fonti iconografiche di particolare rilievo storico. Il Gruppo 24 Ore Libri de’ Il Sole 24 Ore Sanità nel 2011 ha pubblicato una ricchissima dispensa sul tema “Cronaca di una legge che ci difende dal dolore” (con chiaro riferimento alla Legge 38/2010), a cura di Marco Filippini e Manuela Maria Campanelli, rispettivamente farmacista e manager in ambito farmaceutico, e giornalista. Questo corposo lavoro, con la prefazione del prof. Umberto Veronesi, consta di numerosi capitoli suddivisi nelle prime due parti che vanno dalla situazione prima della Legge all’approfondimento della stessa descrivendone l’evoluzione a livello europeo, e la terza dedicata al post-legge. Non manca poi una miriade di articoli in forma divulgativa nella cui esposizione il dolore è descritto sotto le più diverse titolazioni ed approfondimenti. L’articolo più recente è quello de’ Il Corriere della Sera del 25 novembre, una mezza pagina che titola “Del dolore non si vuole parlare”, una affermazione che si rileva secondo un’indagine condotta su 24 Paesi, fra cui l’Italia, a firma di Elena Meli. Il testo pone in evidenza quella che possiamo definire una sorta di “sotto cultura e scarso senso civico”, in quanto c’é poca attenzione al fatto che «… il dolore – come spiega nell’intervista il dott. Claudio Cricelli, presidente della Simg – è un campanello d’allarme ed è importante non trascurarlo, individuarne le cause e intervenire tempestivamente, e fin dalla comparsa dei primi sintomi evita che si aggravi con le relative conseguenze sulla qualità di vita…». Un suggerimento di non poco conto considerando che non solo la legge n. 38 del 15/3/2010 (“Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”) è tra le più evolute in Europa, ma anche per il fatto che le fonti di informazione non mancano, come pure le disponibilità per i relativi trattamenti. A questo riguardo il dott. Cricelli nell’intervista ancora precisa: «Il medico di base è spesso il primo punto di riferimento per i pazienti e fin dalla prima visita è importante approfondire tutti gli aspetti del dolore per valutarne l’entità e l’impatto sulla qualità di vita, ma anche le cause e i trattamenti più opportuni. Un buon rapporto medico-paziente è quindi assolutamente essenziale per riuscirci ed è importante che ci sia un dialogo il più possibile chiaro ed esauriente, senza reticenze, sull’episodio del dolore».
Suggerimenti quanto mai saggi, ovviamente, ma ritengo che si debba considerare che quando il paziente lamenta un sintomo e si reca dal proprio medico curante per farsi visitare ed ottenere una ipotesi di diagnosi, in caso di prescrizione per un approfondimento diagnostico e/o terapeutico sulla ricetta deve essere indicato uno dei vari gradi di priorità finalizzata alla prenotazione stessa. Ma quando si contatta il cosiddetto Sovracup per la prenotazione, non di rado il paziente si deve scontrare con le lunghe liste di attesa, sia perché il medico ha “dimenticato” di indicare il “codice di priorità” nella apposita casella sulla ricetta (fac simile a lato), sia perché il paziente non chiede lumi in merito, e sia perché egli stesso a volte sottovaluta la possibile urgenza per ottenere quella determinata prestazione, tanto in ospedale quanto sul territorio. Per utilità rammento che tali codici sono suddivisi in classi. U: prestazione non rimandabile e urgente, che deve essere garantita entro 72 ore dalla richiesta, B: prestazioni che sono differibili (comunque entro i 10 giorni dalla richiesta), D: prestazioni che sono differibili (comunque entro i 30 giorni per le prime visite, entro 60 giorni per le prestazioni diagnostiche), P: prestazione programmabile, non urgente. Ci sono, invece, alcuni esami che non richiedono prenotazione, e per questo bisogna consultare il sito dell’assessorato Sanità della propria Regione. Ma nonostante i chiarimenti in materia di dolore e le disposizioni dei rispettivi SSR, non sono rari i casi di pazienti che del dolore ne fanno (loro malgrado) il compagno delle loro giornate e, la legge 38/2010 come i saggi consigli degli esperti, restano confinati nel limbo del non ottenimento…
Nella foto in alto rappresentazione del Gruppo marmoreo di Laoconte – I sec. A.C. (Musei Vaticani); la seconda foto il frontespiszio di una delle altre pubblicazioni.