A chi il nobel per la Pace?
Protagonismo e notorietà non fanno il bene dell’umanità
Da alcuni giorni si va ripetendo la candidatura a Premio nobel per la pace del Pontefice e del premier russo Vladimir Putin. Ma come è possibile pensare di candidare (tra i 275 in lista in tutto il mondo) personaggi che ricoprono un ruolo altamente istituzionale? Dirigere un Paese od essere di riferimento pastorale per la popolazione mondiale dovrebbe rientrare tra i rispettivi doveri (istituzionali), e non per questo sono da considerarsi più meritevoli di altri che, per differenza, non hanno alcun ruolo istituzionale ma dedicano la propria vita privata al raggiungimento di obiettivi come la pace nel mondo. Questa tendenza, a mio avviso, rasenta l’inverosimile: è come se si volesse candidare al nobel per la pace (od altro) un insegnante, un medico, un vigile del fuoco od altri professionisti solo perché in virtù della loro professione hanno fatto del bene (in realtà hanno svolto il loro dovere). Il distinguersi fra esseri umani è ragionevolmente umano, ma non è certo concepibile se tale atteggiamento “sfrutta” il fatto di ricoprire una determinata posizione istituzionale: Albert Schweitzer (premiato nel 1952), Martin Luther King (nel 1964), Madre Teresa di Calcutta nel 1979), Nelson Rolihlahla Mandela (nel 1993) ed altri ancora, non hanno mai ricoperto un ruolo istituzionale ma hanno spontaneamente dedicato l’intera esistenza al servizio dell’umanità. (E.B.)