Affetti in carcere: lettere fra “uomini ombra”
Riceviamo e pubblichiamo:
Lettere fra “uomini ombra” delle Case di Reclusione di San Gimignano e Padova
Quasi tutti i giorni, mi sento un uomo ombra e un fantasma. Oggi, invece, mi sono sentito un padre e un nonno perché mi sono venuti a trovare mia figlia e i miei due nipotini Lorenzo e Michael con la loro madre Erika.
È stato il primo colloquio che ho fatto nell’area verde del carcere con i miei due nipotini.
Prima mi era vietato perché Lorenzo e Michael erano colpevoli di essere nipoti di un nonno detenuto in “Alta Sicurezza”. Per qualche ora mi sono sentito sereno e felice a giocare con i miei due nipotini. Mi hanno fatto venire anche il fiatone perché non ci ero più abituato a giocare con i bambini all’aria aperta.
(Fonte: diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com).
Da quando la redazione di “Ristretti Orizzonti” ha lanciato la campagna per “liberalizzare” le telefonate e consentire i colloqui riservati delle persone detenute con i propri familiari, come già avviene in molti Paesi, molti prigionieri hanno iniziato a scriversi. Come una volta. Fra un carcere e l’altro per raccogliere le firme da inserire nel sito www.ristretti.org . E grazie a questa iniziativa hanno iniziato a scriversi anche gli uomini ombra (come si chiamano fra loro gli ergastolani). Rendo pubblica la lettera di Salvatore del carcere di San Gimignano.
Caro Carmelo, ho raccolto tutte le firme della mia sezione e le ho spedite a Ornella Favero nella sede esterna di Ristretti Orizzonti, via Ciotolo da Perugia, 35, 35138 Padova.
Questa iniziativa mi ha fatto venire in mente un episodio di tanti anni fa quando ero detenuto nel carcere di Palermo. Avevo mia moglie incinta.
E mentre dietro al bancone la consolavo per darle conforto in maniera affettuosa toccandole la pancia per sentire muoversi il bambino, la guardia mi aveva richiamato a stare giù con le mani. E lo aveva fatto ad alta voce ed in maniera brusca, facendo capire chissà che cosa a tutte le altre persone presenti nella sala colloquio.
Ci siamo sentiti osservati. E mia moglie era diventata rossa ed anch’io mi ero vergognato (penso persino per la creatura che doveva nascere) e non ci ho più visto. Alla guardia gliene ho detto di tutti i colori. E l’ho mandata pure a quel paese. Mi hanno sospeso il colloquio. Poi mi hanno punito con il regime di sorveglianza particolare. E come se non bastasse mi hanno trasferito in un carcere della Sardegna dove per ovvi motivi di distanza e finanziari non ho più visto mia moglie ed il bambino che nel frattempo era nato.
Silvio l’ho visto solo quando aveva già compiuto un anno.
E tutto per colpa di un gesto affettuoso scambiato fra poco più che adolescenti in attesa di un bambino. Adesso mio figlio ha appena compiuto venti anni e proprio l’altro giorno gli ho raccontato questo episodio. E spero che finalmente anche in Italia fanno una legge per stare con la propria famiglia in un ambiente riservato.
Salvatore.
Carmelo Musumeci
Carcere di Padova 2014
La redazione di Ristretti Orizzonti ha lanciato la campagna per “liberalizzare” le telefonate e consentire i colloqui riservati delle persone detenute con i propri familiari, come già avviene in molti Paesi.
Se volete aderire e sapere di più di questa iniziativa, visitate il sito www.ristretti.org o www.carmelomusumeci.com
La foto è tratta da “Undici ore d’amore di un uomo ombra” di Carmelo Musumeci – Gabrielli Editori 2012