AI LUNEDÌ DELLA SALUTE DI TORINO SEMPRE PIÙ “COINVOLGENTI” I TEMI DELLA  SANA ALIMENTAZIONE E SAGGIO INVECCHIAMENTO

Foto by donna.nanopress.it

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico)

Dott.ssa Bo

Penultime conferenze, lunedì 20 maggio, su argomenti tanto utili quanto attuali come L’alimentazione nella terza età a cura dell’internista dott.ssa Simona Bo, e della dietista dr.ssa Valentina Ponzo; e Geragogia, ovvero educazione ad invecchiare. Utopia o realtà? a cura del geriatria dott. Bruno Bertagna. Con il primo intervento si è anzitutto voluto ricordare che la percentuale di persone ultra 80enni in Europa, è l’unica fascia di età raddoppiata negli ultimi 20 anni… Anche per questo è importante considerare che la vita sia di buona qualità raggiungendo una certa autonomia: un buon invecchiamento in salute per prevenire malattie e disabilità e, per ottenere questi risultati, non meno importante una sana alimentazione. Ma quando si parla di malnutrizione cosa si intende? «Apporti nutrizionali inadeguati – ha spiegato la dott.ssa Bo – in particolare ai fabbisogni della persona, sia dal punto di vista della quantità che della qualità: tipo di alimenti e nutrienti assunti. Un indicatore molto aspecifico che dà un’idea dello stato nutrizionale della persona è l’indice di massa corporea, che si calcola dividend0 il peso in Kg. per la statura al quadrato espressa in metri. Altra misura è la circonferenza (girovita) che si misura con un metro, e da questa misura si può dedurre la quantità di grasso corporeo normale o in eccedenza localizzato a livello addominale, che facilmente corrisponde al grasso viscerale. Relativamente ai valori da considerare normali, gli stessi variano a seconda delle etnie». Le condizioni di una non buona qualità di vita nella terza età sono dovute quindi al sottopeso, all’eccessivo calo ponderale, tenendo presente che il 60% della popolazione è in sovrappeso e/o obesa; quindi bisogna considerare che nella terza età si distinguono tre livelli relativi al concetto nutrizionale: soggetti in buona salute la cui nutrizione continua ad essere regolare nel tempo; soggetti con malattie acute o croniche, che devono essere nutriti di più e in modo diverso da prima della malattia; e soggetti deboli che si nutrono poco o male. «Ma l’alimentazione – ha precisato la relatrice – induce a considerare il bilancio energetico soppesando le calorie spese e quelle assunte, ma anche altri fattori in quanto il nostro organismo va incontro a delle modificazioni a livello addominale, ossia quando  aumenta la quota di grasso a livello dell’addome. Diverse sono le condizioni che influenzano lo stato nutrizionale come l’anoressia, la sarcopenia (perdita di massa e funzionalità muscolare, ndr) e alterazioni della composizione corporea, la disfagia, e alterata percezione del gusto e degli odori, il malassorbimento dei nutrienti e il rallentato svuotamento gastrico; inoltre gli stati infiammatori cronici, i problemi socio-economici, la depressione, gli effetti collaterali dei farmaci e precedenti diete in eccesso”. Nel concludere la dott.ssa Bo ha ricordato che diverse condizioni patologiche/o psicosociali possono predisporre a sviluppare la tendenza alla malnutrizione soprattutto nella terza età. Inoltre, dato l’aumento della vita media e l’impatto sui costi sanitari a causa della malnutrizione, è importante conoscere tutti quei fattori che influenzano lo stile di vita, e avere più oculatezza nelle scelte alimentari per favorire un invecchiamento di successo.

Dr.ssa Ponzo

Mangiare sano dalla cucina alla tavola, e ciò sembra essere una indicazione scontata… E con questo imperativo è intervenuta la dr.ssa Ponzo che ha suggerito la scelta di piatti bilanciati con cereali integrali non raffinati, alimenti ricchi di proteine sane, verdure, frutta e acqua. Per cereali si intendono frumento, orzo, mais, riso, etc., ma anche tutti i derivati come le farine, quindi pane, pasta e prodotti da forno. Per l’assunzione di questi prodotti in commercio è consigliabile controllare le etichette per conoscere la loro composizione: ingredienti e tabella nutrizionale rilevando quantità di grassi e di zuccheri. Ma perché è importante alimentarsi con cibi integrali e non raffinati? «È importante – ha spiegato la relatrice – perché la fibra produce una serie di vantaggi come l’aumento di sazietà, e ne rallenta l’assorbimento di grassi e zuccheri, quindi minore sarà l’indice glicemico. Per gli alimenti contenenti proteine è importante il consumo nella giusta dose distribuite nella giornata (dieta associata) e suddivise nei tre pasti principali, al fine del miglior utilizzo delle proteine stesse da parte dell’organismo (sintesi proteica). Mentre per quanto riguarda il consumo di verdure di stagione, è bene optare in base al colore che identifica le proprietà nutrizionali; lo stesso vale per la frutta di stagione che è consigliabile consumare da due a tre porzioni al giorno e in qualunque momento della giornata. Per i condimenti utilizzare oli sani come l’olio extra vergine di oliva, in quanto contiene una certa dose di acidi grassi monoinsaturi e sostanze antiossidanti come la vitamina E». Va inoltre rilevato che l’olio d’oliva è stabile anche ad alte temperature, ma non bisogna eccedere nella quantità in quanto è di per sé molto calorico; da limitarsi anche  l’assunzione di alimenti di origine animale (burro, strutto, lardo, etc.); le bevande sono necessarie per evitare la disidratazione (soprattutto negli anziani), quindi molto indicata l’acqua ma non le bevande zuccherate se non occasionalmente, e ovviamente limitare (o evitare) gli alcolici. «Ma una costante e soprattutto corretta alimentazione – ha ribadito e concluso la dr.ssa Ponzo – è data dalla varietà dei cibi anche al fine di evitare carenze od eccessi nutrizionali, quindi cibi di stagione e alimenti non processati ossia quelli industriali. Limitare anche il consumo di sale (non oltre 5 gr. al giorno) che si trova praticamente in tutti gli alimenti cosiddetti trasformati; come pure la pizza e i dolci. Quindi, “destreggiarsi” in modo da mantenere un certo equilibrio alimentare».

Dott. Bertagna

Con il secondo intervento si è posta l’attenzione sul processo di invecchiamento la cui massima estensione per l’uomo è di circa 120 anni. Si invecchia soprattutto per il benessere economico e per il progresso della Medicina, unitamente ai mutati stili di vita e del welfare. Ma bisogna distinguere  l’invecchiamento fisiologico da quello patologico. Nel primo caso si tratta di un processo individuale dovuto a cambiamenti fisici, psicologici e sociali che si osservano nel tempo e che si influenzano reciprocamente più o meno in modo contemporaneo. La diversità del modo di invecchiare è definita “principio dell’eterocromia dell’invecchiamento”. Ma quali sono i fattori che influenzano il processo di invecchiamento? «Il fattore principale – ha spiegato il dott. Bertagna – è quello genetico, la trascrizione delle nostre proteine, ma anche altri fattori come le molte malattie, lo stile di vita, l’attività fisica, l’alimentazione, l’atteggiamento (positivo o negativo) nei confronti della vita; inoltre le condizioni economiche, il livello culturale, le relazioni sociali. Se consideriamo tutti questi aspetti si ha la dimensione dell’invecchiamento, quindi la dimensione cronologica, biologica, psicologica e sociale; ma anche quella economica, culturale e ambientale. Dal punto di vista cronologico le persone tra i 65 e i 75 anni non sono considerate “vecchie”, in quanto per la Geriatria l’invecchiamento interviene successivamente dopo i 75 anni; nel periodo precedente si parla di senescenza graduale; mentre tra i 75 e gli 85 anni si parla di anziani “veri”; oltre gli 85 anni si dicono longevi». L’invecchiamento può essere valutato anche dal punto di vista bio-psicosociale, ma se la valutazione della persona è di tipo psicologico la stessa dimostra una certa età psicologica…, lo stesso se dal punto di vista sociale. Se si considerano queste valutazioni nell’insieme si ottiene un invecchiamento attivo, e quindi un successo che consiste nella ottimizzazione di tutti quei parametri che servono  a valutare la persona che invecchia, ma ciò è un evento assai raro. Si ha poi l’invecchiamento nella condizione di benessere, oppure di debolezza, seguita da disabilità e non autosufficienza. Ma le persone non sono classificabili con un unico termine in quanto sono un complesso, sia dal punto di vista psichico, fisico che sociale. «I geriatri – ha precisato il relatore – classificano le persone in anziano robusto, cronico, fragile, disabile, non autonomo, non autosufficiente con disturbo neurocognitivo, o addirittura terminale. È evidente che nell’invecchiamento ci sono dei cambiamenti di tipo fisico… invecchiare fisicamente significa avere delle alterazioni a livello strutturale e funzionale, o soltanto cambiamenti nella forma fisica e quindi dell’aspetto corporeo per la presenza di eventuali malattie. Quindi, cambiamenti cognitivi la cui massima espressione è l’intelligenza, oltre a cambiamenti psicologici e della sfera affettiva. Questi due ultimi aspetti avvengono proprio durante l’invecchiamento in quanto anche gli anziani hanno emozioni (le provano e le provocano), sono molto forti e simili a quelle dei giovani con la differenza che sono meglio “modulate”, meno espresse, le trattengono nella loro interiorità». Nelle persone anziane, infatti, c’è la tendenza all’appiattimento del tono dell’umore, una certa melanconia che però non è depressione ma una “malinconia esistenziale”, peraltro non curabile dal punto di vista farmacologico. Ne consegue spesso una difficoltà nell’adattamento a situazioni nuove e questo induce un po’ alla flessibilità di comportamenti, in quanto gli anziani sono più “rigidi” in fatto di meccanismo di difesa nei confronti delle cose nuove, del mondo che avanza. Se vi è tendenza a concentrarsi  su sé stessi fino ad essere introversi e quindi ad autoisolarsi, ciò è espressione di paura del nuovo e quindi ne consegue un meccanismo di difesa. Ma in merito all’invecchiamento patologico cosa può condurre a un cattivo invecchiamento? «Anzitutto – ha spiegato il clinico – ad una alimentazione scorretta, alla ridotta attività fisica, minor impegno intellettivo, quindi invecchiano meglio le persone che hanno un’attività intellettuale importante. Inoltre, l’isolamento sociale e la solitudine provocano un invecchiamento patologico e un rischio di morte più elevato rispetto alle persone che hanno delle relazioni sociali importanti; ma anche ’inosservanza” delle regole della prevenzione, e la medicalizzazione della vecchiaia: le medicine devono essere assunte in modo opportuno secondo prescrizione medica… Le malattie cronico-degenerative come il diabete sono evitabili (soprattutto nell’anziano), oltre all’ipertensione arteriosa, la depressione etc.». Le conseguenze del cattivo invecchiamento sono accelerate e in questi casi vanno incontro precocemente  alla fragilità e alla disabilità… sino alla morte precoce. Secondo il clinico si rende necessario adottare dei provvedimenti di “contrasto” al fine di evitare la morte, ma al tempo stesso favoriscono il benessere e la salute, il cui concetto è ben esplicitato dall’Oms. Questi provvedimenti hanno anche un effetto secondario ma fondamentale, ossia quello di sostenere il sistema sanitario che diversamente non sarebbe sostenibile… Tutto ciò aumenta l’attesa di vita libera da disabilità con minori oneri a carico della persona anziana, della sua famiglia e della società. Ma quand’è che si inizia a pensare alla vecchiaia? «Si inizia – ha precisato il relatore – in un periodo che oscilla intorno ai 60 anni, e tale periodo è identificato come “crisi dell’età matura”. Nel corso di questi anni  il rapporto con il nostro corpo  cambia, e tale cambiamento muta anche il concetto che abbiamo di noi stessi, in quanto si manifestano a volte problemi dal punto di vista sociale, subentrano le prime malattie, le modificazioni famigliari (le separazioni, i lutti), modificazioni abitative, cambia lo status economico, e le reti amicali talvolta traballano. In questo periodo dei 60 anni della crisi, si è indotti a fare il bilancio delle proprie esperienze e dei propri obiettivi, domandandosi quale sia il significato della nostra esistenza e interrogandosi sul senso della propria vita». Ma in sostanza cos’è la vecchiaia? In realtà a questa domanda non c’è una  risposta definitiva, ma la si può cercare soltanto all’interno di noi stessi. Ad esempio, utile sarebbe rievocare come è stata affrontata nel corso dei secoli dai filosofi, dai poeti e da altri saggi come Mimnermo (VII sec. a.C.) che disse: «Quale vita, che dolcezza senza Afrodite d’oro? Meglio morire, quando non avrò più cari gli amori segreti e il letto e le dolcissime offerte che di giovinezza sono i fiori effimeri per gli uomini e le donne. Quando viene la dolorosa vecchiaia che rende l’uomo bello simile al brutto, sempre nella mente lo consumano malvagi pensieri; n’é più s’allieta guardando la luce del sole; ma è odiosa ai fanciulli e disprezzata dalle donne: tanto grave Zeus volle la vecchiaia». Molti altri autori del passato, si sono espressi in merito alla vecchiaia, come ha voluto ricordare (da buon biografo) il dott. Bertagna. Tra questi lo psichiatra Romolo Rossi (recentemente scomparso che, tra l’altro, ha scritto: «Il concetto di anziano, e se si vuole di vecchiaia, comporta l’idea di perdita. Perdita della mente e del corpo… E allora cosa può fare l’anziano se non negare?».

I poeti qualche volta interpretano molto meglio degli scienziati e dei filosofi i sentimenti delle popolazioni esprimendosi sull’invecchiamento, fra questi emerge lo svizzero Hermann Hesse, premio Nobel per la Letteratura nel 1924, che in una sua poesia in sintesi recita: «… e se vado stanco e impolverato e dietro a me resta esitante la giovinezza, china il capo e non vuol più inseguirmi avanti». Ora, se l’invecchiamento è una perdita non possiamo avere delle ricadute a noi note come il malessere, la malinconia, il rifiuto, il disorientamento, la disperazione o la rassegnazione, la solitudine, la malinconia, etc. Come ci sono stati dei pensatori che hanno individuato il motivo principale dell’invecchiamento, ve ne sono stati altri che hanno ritenuto questa fase della vita la più importante nel momento della sublimazione di una vita intera, hanno altresì ritenuto che l’invecchiamento sia trasformazione, cambiamento, occasione di opportunità. Cicerone (44 a.C.) scrisse: «Le grandi cose non si ottengono con la forza, con la velocità o con l’agilità del corpo, ma con la saggezza, con l’autorità, con il prestigio, virtù delle quali la vecchiaia di solito non solo non è priva ma anzi ne è ricca. La vecchiaia, specialmente quella che ha conosciuto tutti gli onori, possiede un’autorità che vale ben più di tutti i piaceri della giovinezza». Tralasciando altre dotte citazioni storiche, il dott. Bertgana ha personalmente  realizzato alcune considerazioni a seguito dei suoi 45 anni di esperienza quale (medico di famiglia) e geriatra, intendendo conciliare le perdita e l’investimento e, nel concludere la sua relazione, ha precisato: «Vecchiaia non significa negare i cambiamenti dovuti all’età, ma diventarne consapevoli, elaborare il significato delle perdite, prendere coscienza della possibilità di colmare i vuoti che si sono creati con dei nuovi contenuti, dei nuovi investimenti. L’invecchiamento è occasione per la formulazione di una nuova progettualità di vita; sviluppo (personale, famigliare, sociale). Armonia tra l’esperienza  passata e le opportunità presenti e future. Ottimizzazione delle capacità di funzionamento fisico, psichico e sociale».

Foto a cura di Giovanni Bresciani

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