ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CONTINUA EVOLUZIONE PANDEMICA
Il paradosso della eccessiva informazione: in parte causa del disorientamento e della incertezza ancora di molti
di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)
Visto il protrarsi della pandemia e delle relative conseguenze, è il caso di “rimettere” in discussione l’utilità o meno di quanto si è sinora detto (e scritto) e si continua a dire (e scrivere). In questi due anni troppe persone si sono avvicendate per informare e spiegare (?) l’origine della pandemia, cercando di individuare al meglio cause e determinate responsabilità puntando il dito indice ora a destra ora a manca. Per sintetizzare si potrebbe affemare che è stato detto tutto e il contrario di tutto, ma resta incontrovertibile il fatto che il fatidico virus esiste, i malati ci sono stati e ci sono, come pure i decessi e, per fortuna, anche i guariti. Ma a mio avviso, proprio perché tutti hanno diritto di parola e di esprimere il proprio pensiero (le competenze sono un’altra cosa), fior di clinici e cattedratici in gran parte hanno fatto la passerella tra un talk show e l’altro soprattutto in televisione, sottoponendosi ad interviste e a diffuse dichiarazioni in parte in contraddizione tra loro… pur essendo gli stessi valenti esperti virolgi, immunologi, infettivologi, microbiologi, ricercatori, se non anche giornalisti, etc.; ma questo “andirivieni” (i più saggi non compaiono mai o molto raramente) non ha fatto altro che creare confusione tra la popolazione e anche tra loro stessi… Ora, se chi detiene il cosiddetto sapere è fatto di “frammentarietà”, non mi sembra che si possa addivenire ad ulteriori chiarimenti, perché un conto è la ricerca e la realizzazione di un vaccino per favorire la risposta immunitaria in grado non solo di proteggere l’organismo, ma anche di combattere una malattia, un altro è contestare e negare un’evidenza che è data proprio dai continui contagi, ricoveri, decessi… sia pur a ben sperare di ottenere agognate guarigioni. In buona sostanza va sottolineato che in questo bailamme (mi si perdoni il termine ma è per rendere meglio l’idea) l’esasperazione non solo è prodotta dai cocciuti negazionisti del covid-19 (non c’è peggior ignorante di chi non vuol sapere), ma anche dagli autori delle informazioni poco appropriate e, a questo riguardo, come ripeto, se si seguono alcuni talk show televisivi sul tema, il più delle volte gli interventi dei relatori-ospiti si sovrappongono in continuazione, per non parlare poi degli interventi del pubblico in esterna… i cui sfoghi ed invettive non hanno limiti, e non c’è moderatore che tenga perché la sostanza è sempre la stessa: interminabile confusione. Personalmente mi sento di affermare che quando l’informazione è “condizionata” da una politica editoriale, ognuna segue la propria linea, sia pur con diritto di esercizio, ed è a questo punto che il messaggio arriva a destinazione a volte distorto, tal’altra, impreciso e incompleto o poco comprensibile.
Ho sempre avuto (ed ho) rispetto per il lavoro dei colleghi, ma nel contempo mi riservo di dissentire qualora riscontrassi determinate incompetenze od eccessiva ambizione di presenzialismo: l’informazione medica in particolare non ha bisogno di scoop e di sensazionalismo, anche se ad onor del vero a volte bisogna essere incisivi e puntuali. Rievocando il passato, in particolare alcune tappe storiche della Medicina, si rileva che in situazioni come l’attuale gli effetti epidemici e pandemici sono stati a dir poco devastanti, con l’attenuante (si fa per dire) che in quelle epoche c’era molta più ignoranza (anche in campo scientifico), così come pressoché inesistenti erano i mezzi di comunicazione; oggi, invece, proprio perché abbiamo tutto e di più se si vuol sapere, paradossalmente per certi versi sappiamo meno… e male! Sarò un nostalgico ma rispulciando decine di volte ciò che è stato l’evento epidemiologico, ad esempio della poliomielite in molti Paesi del mondo, non posso che richiamare alla memoria le tappe della ricerca scientifica percorse dagli scienziati Albert B. Sabin (1906-1993) e Jonas E. Salk (1914-1995), il cui frutto dopo oltre un trentennio di ricerca e dedizione è stato la realizzazione del reciproco vaccino, peraltro non brevettato da entrambi, e quindi negli anni disponibile in tutto il mondo e in Italia reso obbligatorio nel 1966, debellando così la malattia. Ma il paradosso è il seguente: nel nostro Paese nei primi anni ’60 il vaccino antipolio era già disponibile e non obbligatorio, ma l’allora ministro della Sanità non volle renderlo obbligatorio con la conseguenza che si infettarono circa diecimila soggetti e quasi mille furono i decessi per infezione grave respiratoria; oggi, invece, è una parte della popolazione e qualche “resistenza politica” che non vogliono rendere obbligatorio il vaccino anticovid anteposto, però, da opportune rassicurazioni…! In sintesi, il non voler considerare le esperienze del passato (anche tra le ultime generazioni di medici e di studenti in Medicina), la beata ignoranza la fa ancora da padrona a riprova della recrudescenza dei casi covid-19, e con essa l’amarezza nel constatare che il progresso, scientifico e non, a volte ha un costo maggiore rispetto al danno cui si è destinati a patire. Il segreto sta nell’avvalersene nella giusta misura e nel modo più etico possibile… senza lasciarsi andare in puerili ed inutili enfasi!