Alessio Boni a Borgo San Lorenzo con lo spettacolo “I duellanti”
Non si dovrebbe fare, perché non è professionale farsi fotografare con un attore, cantante o qualsivoglia personaggio famoso, ma ieri sera non ho resistito e mi sono lasciata catturare dallo scatto del fotografo Andrea Lapi con …Alessio Boni! Il famoso attore e, oggi, anche regista, bello e affascinante come non mai, di una gentilezza e una cordialità disarmanti, si trovava infatti al teatro Giotto di Borgo San Lorenzo, per lo spettacolo “I duellanti” di cui era attore protagonista con Marcello Prayer nonché regista con Roberto Aldorasi. Lo spettacolo, che ha visto al Giotto il tutto esaurito, è stato tratto da un romanzo di Joseph Conrad, tradotto e adattato da Francesco Niccolini ed era impeccabile sotto ogni punto di vista. Ma, partiamo dal contesto che ci porta in uno spaccato della Francia napoleonica, in pieno ‘800, tra battaglie e onori cavallereschi, tra disfatte di intere armate francesi in Russia e duelli tra singoli. E proprio di questo tratta “I duellanti”, di due ufficiali Ussari, della grande Armée di Napoleone Bonaparte, Gabriel Florian Feraud e Armand D’Hubert, incredibilmente diversi tra loro, che per vent’anni duellano, in più occasioni, ferendosi reciprocamente e tenendo in pugno l’uno la vita dell’altro. Tra amori, battaglie, disfatte e orrori i due si incontrano sempre per il fatidico duello. Eppure siamo in epoca napoleonica e l’imperatore, che con la sciabola non era certo bravo, né tantomeno con la spada, i duelli li aveva aboliti. Ma il duello è dentro di te, è quella parte di te più in ombra che ogni tanto riaffiora, perciò Feraud è l’altro di D’Hubert e viceversa, in un gioco di specchi continuo. Non aggiungiamo altro, per chi volesse andare a vedere uno spettacolo dove Boni combatte usando la spada come un esperto spadaccino, le luci dirette da Giuseppe Filipponio offrono al combattimento effetti speciali e slow motion da far sembrare tutto incredibilmente vero. Nella pièce la scenografia imperiale e decadente rispecchia perfettamente l’epoca, la musica del violoncello le dona quel tanto di raffinatezza che serve, senza invadenza, l’uso della voce è ben calibrato, il ritmo è serrato e avvincente e tiene gli spettatori in sospeso, curiosi di sapere come andrà a finire la storia. E poi tutto riporta alla nostra epoca attuale, basta una frase del ministro che nella scena parla a D’Hubert, per farci ricordare che “guerra è sempre” poiché ” la coscienza finisce quando inizia il proprio vantaggio”. Chapeau!
Francesca Lippi