Anche in politica quasi sempre l’asino primeggia per insegnare al suo simile
di Ernesto Bodini
(giornalista e opinionista)
Ci sono persone, di qualunque ceto, che vantano di conoscere più lingue (sia in forma scritta che parlata… magari un po’ meno la pronuncia), ma resta da stabilire quanto bene (o non bene) conoscano l’italiano ad “offesa” di Dante che, a sentire costoro, si rigirerebbe nella tomba in continuazione. Ogni tanto, soprattutto in clima di elezioni, i politici si “rimproverano” tra loro accusandosi a vicenda di non sapere coniugare i verbi e i congiuntivi, e via proseguendo con strafalcioni di varia “foggia” e con incontrollata ostentazione…; ma che l’asino voglia insegnare ad un altro asino a ragliare (ossia a parlar bene) credo che rasenti il primato dell’assurdo pontificare… senza a nulla approdare. È di questi giorni un classico esempio citato da La Stampa, in cui Antonio Razzi (FI) rimprovera a Luigi Di Maio l’uso non corretto della grammatica, per poi egli stesso esprimersi con un «a me mi piaceva» (solitamente si preferisce «a me piaceva» o «mi piaceva»), ed ancor peggio con la frase «mi hanno imparato» (mentre è noto che si dice “mi hanno insegnato”; ed ancora con lo scivolone «è inutile che lo chiamo» (mentre è più corretto esprimersi con “è inutile che lo chiami”). L’accusa a Di Maio su tema italiano, infine, è «se fossi in lui mi vergognerei», probabilmente riferita all’abbinamento con la sua candidatura… Questi esempi sono i più recenti riportati dalla cronaca, ma ben sappiamo che soprattutto i politici delle ultime generazioni (Silvio Berlusconi compreso), avrebbero bisogno di un minimo ripasso per non essere segnati con la matita rossa, che un tempo alle elementari aveva veramente un significato! Ma oggi, purtroppo, non c’é matita rossa che tenga, e nemmeno satire ed ironie allo stile di Crozza giacché, è il caso di ricordare: “il più bel scritto non fu mai letto, come il più parlar non fu mai udito”. Aforismi? Certamente, ma non solo, perché un’aforisma razionale ed intelligente ha sempre un fondo di verità, frutto della saggezza di chi vuole correggere grazie all’ammissione dei propri sbagli. Anche se a mio modesto avviso, paradossalmente, scrivere è più facile che vivere; ma in questo caso per i politici è più facile vivere che scrivere… e parlare!