L’angolo di Full: “Bello di una bellezza maschia e risoluta”
Oggi vi proponiamo un Full d’annata per ricordarvi – e ricordarci – che l’(auto)ironia è uno dei segreti del buon vivere.
Prima di lasciarvi in compagnia del maestro Musso, vi ricordiamo che anche voi potete alimentare questo spazio con i vostri brani: è sufficiente seguire le indicazioni del regolamento di Raccontonweb .
Bello di una bellezza maschia e risoluta
Ricordo che, sul mio sillabario, c’erano soltanto due parole scritte in maiuscolo: DIO e DUCE. Per quanto avessi solo cinque o sei anni, quell’accoppiata mi suonava strana e, alle mie domande, spiegavano: perché il DUCE è il nostro CONDOTTIERO. E anche nella pronuncia evidenziavano le lettere maiuscole mediante una speciale tecnica vocale da Regime.
Nel libro di religione, già zeppo di parole maiuscole, s’erano aggiunte PAPA e CHIESA, forse per bilanciare la firma del CONDOTTIERO sui Patti in Laterano.
Questa pomposa veste tipografica era al servizio di un linguaggio enfatico proseguito ben oltre la caduta del Regno. Ormai in piena Repubblica, sul mio libro di Storia, la biografia di Garibaldi cominciava così: “Bello, d’una bellezza maschia e risoluta…”.
Evidentemente, il germe della scrittura m’era già nel sangue perché quella frase mi conquistò sin da ragazzino e non mi mollò più. La usavo nelle occasioni più diverse. Se una sorella –o amica– mi chiedeva il parere sul suo ragazzo, decisamente scorfano, la rassicuravo: “Lo direi bello d’una bellezza maschia e risoluta”.
Ripetevo, più o meno, la stessa frase per riferire di un libro o di un’opera d’arte che ignoravo e che avrei dovuto conoscere. Allo stesso modo davo morale all’amico che s’era svenato per comprarsi un terreno edificabile a mezza collina, riconoscendo a quella pietraia desolata, “una sua bellezza maschia e risoluta”.
Se m’aspettava una prova ardua e decisiva come un esame o un appuntamento figo, mi piantavo davanti allo specchio del bagno suonandomi la carica: “BELLO! D’UNA BELLEZZA MASCHIA E RISOLUTA!” mi dicevo pronunciando tutto maiuscolo come avevo imparato con CONDOTTIERO.
Con gli anni se n’è andato il bello e, con la salute, ha rallentato il maschio. Mi resta il risoluto che è certamente il termine più ganzo: quello che, davanti allo specchio, piegato da un qualche acciacco, mi dà l’impudenza per esplodere ancora adesso: “BELLO! D’UNA BELLEZZA MASCHIA E RISOLUTA!”… e qualche volta mi raddrizzo.
Fulvio Musso