L’angolo di Full: “Campo indiano – Il raduno degli autori”
Oggi vi proponiamo una favola fulminea del Maestro del racconto con “taglio web”. Vi troverete immaginazione e morale come si conviene a una vera favola, ma se vi attendete (oppure temete) un sermone in salsa romantica, resterete delusi (o piacevolmente sorpresi).
Campo indiano – Il raduno degli autori
La notte avanzava nella radura e una bianca falce di luna, a picco sulla rupe, le faceva d’accento mutandola in rupè.
Chiappe Tonanti valutò il silenzio che s’era fatto intorno a lui e gli sguardi appesi alla sua figura che sapeva solenne. S’accomodò, per quanto possibile, sul minuscolo seggiolino pieghevole e si risolse a chiudere la serata e il Raduno annuale degli Autori con la rituale parabola conclusiva.
I fuochi, intorno, crepitavano creando un’atmosfera suggestiva oltre a fugare i molesti insetti notturni. Occhio Spento, una delle organizzatrici della serata, riempì il boccale di chinotto e whisky, la bevanda preferita di Chiappe Tonanti che vi bagnò appena le labbra e attaccò senza nemmeno battere quattro:
«Il compiacimento dell’Autore per la propria opera è qualcosa di morboso, un sentimento forte, secondo a pochi altri. Conta il narcisismo, l’amore per la scrittura, il sacro fuoco dell’arte e dell’artista… Guai a sfidare il morbo d’autore!…».
Istrione come pochi, Chiappe Tonanti giocò subito una doppia pausa teatrale a isolare il suo “morbo”.
«A sfidare questa calamità», riprese, «ci provarono Orango Tango e Carmelita Scalza: “Non mi ami più come prima e forse non mi hai mai amato”, chattavano queste e altre amenità come fanno spesso le coppie. Carmelita Scalza avanzò una proposta perversa: “Non devi esprimere il tuo amore dedicandomi poesie. Se davvero mi ami, dimostralo facendo il contrario: cancella dal web i tuoi versi più belli!”. Orango Tango, che non intendeva cancellare nemmeno una parola delle proprie opere, le propose di fare altrettanto togliendo le sue poesie migliori. Conclusione: nessuno dei due cancellò un bel niente se non i propri chat amorosi.»
Nella radura, imbiancata dalla luna, si levò un brusio. Dunque, noi Autori saremmo condannati a subordinare l’amore alla nostra arte, stupiva un’autrice di favole.
Non è lecito sacrificare tutto, persino l’amore, sull’altare dell’arte, obiettava una poetessa della tragedia.
Un autore Cult sfotteva: Ma quale arte della minchia!
Chiappe Tonanti scolò il boccale, cambiò il gluteo d’appoggio sul minuscolo seggiolino e riprese la parabola.
«Qualcosa del genere capitò anche a me quando ero più giovane e mi facevo chiamare Cavillo Pazzo. Amavo Scalpo Mechato, una brava poetessa. Nel corso di un’accesa discussione, cedemmo anche noi alla tentazione di soppesare amore e opere, avanzando le stesse stupide proposte di Orango Tango e Carmelita Scalza. Ma, a loro differenza, noi ci amavamo per davvero e mai avremmo distrutto l’opera dell’altro! Per cui, in tacito accordo, ognuno di noi scelse fra i testi meno riusciti e che meno ci rappresentavano. Cancellammo i brani con piacere e… continuammo ad amarci come e più di prima. Dunque, cari amici, l’amore vince su tutto, sempre e comunque!»
Come accadeva quando si emozionava, Chiappe Tonanti tuonò. Il poderoso rombo giocò colla suggestiva eco delle rupi circostanti e concluse in euforia, come ogni anno, il Raduno degli Autori.
Fulvio Musso
… L’Amore vince su tutto!…
concordo in pieno.
Grande arguzia in questa “favola” , complimenti!
Solo l'”arte della minchia”, ci può salvare.
“Morbo d’autore”, pienamente d’accordo con te, carissimo Full.
Spesso gli autori sono invischiati di quel male che si chiama invidia e sono disposti a tutto pur di ottenere un alloro, non la palma… sarebbe troppo… non resisterebbero al supplizio!
Io, forse, sono più una Cavilla Pazza che una Scalpa Mechata: ho comunque deciso di non nascondere l’età! Dei mie scritti, naturalmente, non la mia!
Piacevole lettura. Grazie.
Un abbraccio.
ciao, Lucia