L’angolo di Full: “Danza vitale”

uomo che punta una pistola verso chi guarda

uomo che punta una pistola verso chi guardaDanza vitale

Il sicario è scivolato dentro la casa, silenzioso e nero come la sua ombra. Eppure, dall’interno della sua camera, la vittima l’ha sentito: la porta della stanza è socchiusa e l’impulso è quello di correre a sprangarla, ma nessun muscolo muove in quella direzione. Il corpo resta paralizzato mentre il pensiero accompagna il tragitto muto del killer che lascia la sala d’ingresso, sale la breve scala e s’avanza sulla passatoia. Poi, il fascio di luce che attraversa la fessura della porta s’interrompe: l’assassino è lì, dietro lo stipite.
I sensi dilatati della vittima avvertono persino lo scatto lieve della sicura tolta all’arma e il fruscio del silenziatore avvitato sulla canna. Improvvisamente, la molla compressa dal terrore si sgancia in un disperato impulso che gli fa arraffare un’automatica dal cassetto e scaricare l’intero caricatore verso l’aggressore.

La vittima designata è l’architetto Oreste Croce e sa perché lo vogliono uccidere. Conosceva il giorno, l’ora e il luogo dell’esecuzione. E in quel giorno, in quell’ora, s’è fatto trovare solo in casa, puntuale, con la porta aperta, l’allarme disinserito e la domestica allontanata.

  Tre volte, Oreste Croce, aveva tentato il suicidio e tre volte aveva fallito. Ogni fallimento non faceva che aumentare la sua convinzione a chiudere i conti con la vita, ma l’uomo aveva ormai capito che mai avrebbe saputo trovare la determinazione, il coraggio, la freddezza necessari a quel gesto.
Poi, molto banalmente, un brutto telefilm gli aveva fornito l’idea. E Oreste Croce s’era risolto a ingaggiare il proprio assassino.

Ma, ancora una volta, i nervi l’hanno tradito nell’attimo fatale e la sua incontrollata, maldestra reazione ha ottenuto soltanto la fuga dell’aggressore.

Svuotato dalla snervante emozione e avvilito per l’ennesimo fallimento, Oreste Croce riarma la pistola come un automa.
Tuttavia, quest’ultimo scellerato avvenimento gli ha lasciato qualcosa di nuovo, qualcosa che non sa definire, ma che assomiglia a un sentimento positivo. E’ come se la violenta emozione avesse agito da elettrochoc sulla sua depressione e, per la prima volta dopo mesi, intravede uno spiraglio nella fogna che lo sta ingoiando.
primo piano di Fulvio MussoIl solo elemento emerso imperiosamente è il suo viscerale attaccamento alla vita. Un istinto che, per la prima volta, gli evolve in pensiero, in sentimento, diventa coscienza di quel profondo senso di appartenenza universale che, da solo, basta a desiderare, amare e dare un significato all’esistenza. Ed ora osa pensare che la vita, riconciliata, potrebbe riprendere a danzare anche per lui.

Oreste Croce solleva lo sguardo sul prezioso specchio della consolle che gli rimanda un’espressione penosa, ma non più angosciata, insieme all’improvvisa, vivida immagine di chi possiede, ormai, il suo tempo: è un flash. Poi la vita riprende a danzare per lui nel brioso volteggio di una mosca sedotta dal rosso arabesco che va ritagliando il pavimento intorno a una sagoma nera come la sua ombra.

Fulvio Musso

5 thoughts on “L’angolo di Full: “Danza vitale”

  1. Il mio killer è più buono! (sono di parte) Quello che col dito puntato mi voleva fare fuori perché lo spingevo verso la lettura…e provava sempre “una violenta emozione”, quando gli squadernavo davanti un libro da leggere! Ma forse per lui quel gesto rappresentava l’orlo di quel precipizio in cui l’istinto di sopravvivenza non lo faceva sprofondare. Giusto come Oreste Croce che una volta messo di fronte al fatto compiuto di un killer che non ha nessuna voglia di tergiversare sul compito che gli è stato assegnato, prova “una violenta emozione” che lo scuote a tal punto da difendersi da se stesso; questo è puro istinto di conservazione della specie, giusto come quello che nella fisica meccanica enuncia la conservazione della massa… perché “la vita è bella” sempre e comunque e in ogni dove. Difendersi da se stessi non è sempre facile, ma necessario e vitale, sopravvivere ai dardi infuocati della perigliosa esistenza un atto di pazienza, un atto d’amore verso se stessi. Non è egoismo, è realtà tramutata in bene.
    Ciao, Full, grazie anche per questo racconto.
    a presto leggerti, Lucia

  2. Grazie.
    Il finale è a scelta del lettore.
    1) Il bravo sicario non si era affatto dileguato e appare all’improvviso nello specchio uccidendo il protagonista
    2) Il protagonista s’è finalmente deciso a premere il grilletto ponendo fine ai suoi giorni.
    3) Il protagonista ha premuto il grilletto uccidendo il sicario ricomparso improvvisamente.
    Avevo letto il brano fulmineo di Lucia. M’era rimasta impressa la definizione “arena” (per la scuola) e la citazione di Maspes che da bambino avevo visto
    al velodromo Vigorelli di Milano.
    Ciao Lucia, ciao Marcellina.

  3. Io opto per la scelta n.3 per il solo motivo che la vita deve sempre danzare, in ogni caso, e nello specifico del racconto ha ripreso proprio a danzare perché il ritaglio sul pavimento di quella sagoma nera non è altro che il passato che muore e si disperde, pur lasciando il ricordo di quanto è stato. Il sicario non è altri che il sé che trasforma il sé! In meglio, per fortuna!
    Ciao, Full, un grazie con tanti Auguri.
    Ciao, Marcella, Auguri.
    Lucia
    P.S. dopo quanto letto in questi ultimi giorni, nel mio “brano fulmine” alla definizione di “arena” aggiungo… “arena ad un euro”.
    ciao

  4. intrigante, mi piace molto.
    Avevo immaginato un altro finale, prima di leggere le tue tre ipotesi: Oreste, dopo essere rimasto scioccato da ciò che aveva lui stesso programmato, si riconcilia con se stesso. Esce quindi dal tunnel e comprende il valore immenso della vita. Lo scopo è raggiunto, il suo compito sulla terra è terminato. Sarà il ronzio quasi impercettibile di una mosca a fargli scattare per sbaglio, o perché già scritto nel destino, il dito sul grilletto…

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