L’angolo di Full: “L’amico”
Per quanto sprovveduto, penso che nessun insonne abbia mai tentato l’espediente di contare le pecore.
Io ci ero andato vicino quando, una notte, provai a contare tutte le facce che conoscevo. Non funzionò perché incocciai quasi subito il volto di una poliziotta fetente che, due giorni prima, mi aveva rifilato una multa stratosferica. Così non chiusi più occhio.
Ho un amico che fa esattamente questo. Passa in rassegna tutte le facce che conosce e, incredibilmente, non si limita a registrare i volti, ma addirittura ogni espressione o smorfia di una stessa faccia delle quali cerca di penetrare sentimenti, sensazioni, emozioni.
Siccome vive prevalentemente in casa, le facce che conosce sono abbastanza poche, ma moltiplicate per ogni possibile mimica e situazione, queste diventano una folla sterminata.
Questa eccezionale capacità gli deriva certamente da una memoria visiva eccellente, ma soprattutto da quella rara dote proustiana o pascaliana di “saper vivere nella propria stanza” con un’intensità che altri non provano girando il mondo intero.
Fra le sue registrazioni più frequenti, vi è quella di un signore che incontrava ogni mattina di buon’ora. Una specie di burocrate dall’abito grigio male accessoriato per via delle scarpe trascurate e delle cravatte fuori moda. Aveva lo sguardo assorto di chi è già immerso nel proprio lavoro un’ora prima di entrare in ufficio. Ē una figura che non vede ormai da anni e che, probabilmente, non rivedrà più.
Ricorda poi, con qualche nostalgia, una bambina che lo guardava ridendo in braccio al suo papà. Sono figure ormai sbiadite.
C’è anche un tipo scamiciato, che incontra tuttora, dall’aria familiare e distratta di chi ha dimenticato la caffettiera sul gas da quaranta minuti.
Attualmente, il mio amico incoccia sempre più spesso un signore maturo che a volte parla da solo, oppure ha gli occhi arrossati come chi è commosso per qualcosa, magari un nonnulla. Ogni giorno, costui gli sembra più indifeso come se ogni emozione lo toccasse sempre più violentemente, quasi non avesse più nemmeno la protezione della propria pelle. Pian piano, gli sta venendo simpatico.
Quando il mio amico li incontra, tutti costoro lo fissano ostinatamente. Ma, per quanto cerchi di scrutarli a sua volta, non riesce ad intuire cosa s’aspettino da lui che, invece, vorrebbe soltanto capire finalmente qualcosa di loro e, di riflesso, di se stesso.
Il mio amico ed io ci incontriamo abbastanza regolarmente.
Una volta soltanto ho trascorso venti giorni senza vederlo e, quando l’ho ritrovato, ci siamo scambiati un lungo sguardo nel quale, credo, ci siamo amati intensamente.
Era successo che me n’ero andato in campeggio da qualche parte e, in quel posto, non esistevano specchi. Di nessun tipo.
Fulvio Musso
… quasi non avesse più la protezione della sua pelle…
c’è davvero tanto dietro questa, all’apparenza, semplice frase.
mi è piaciuto molto questo brano, offre grande spunto di riflessione.
Grazie. Bellissimo leggerti ogni volta.
Ecco che ritorna la metafora dello specchio!
Lo specchio come immagine riflessa della nostra interiorità prima che delle nostre sembianze. “Vivere nella propria stanza” non è soltanto solitudine, è riflessione, è restare a contatto di se stessi. Quando si va “in campeggio da qualche parte”, e quindi si delira dal proprio asse, si può perdere anche la consapevolezza di se stessi, ci si può smarrire se in quell’altrove non esiste alcun punto di riferimento che ci rimanda la nostra immagine per quella che veramente è. Passare in rassegna le facce è passare in rassegna le molteplici sfaccettature del nostro io. E poi il tempo che scorre e porta inevitabili mutamenti anche nel farci amico noi stessi, un amico ritrovato.
Mi capita spesso nella mia stanza di parlare da sola e di incocciare me stessa; questo avviene nella scrittura che, come uno specchio, mi rimanda le mille facce di me stessa.
Grazie, Full, per questo scritto che offre innumerevoli spunti di riflessione.
Un saluto
Lucia
Lara e Lucia, oggi incontro due brave autrici.
Poche letture, ma buone. Del resto, guardando il materiale che procura grande attenzione nei social network, non si chiede niente di più. E’questo un brano di vari anni fa, ma che potrei aver scritto ieri tanto poco sono cambiato: “Il cuore non ha le rughe” diceva Madame de Sévigné.
Grazie è buona settimana, per quanto il meteo ce lo consente.
Fulvio
Guai se il cuore avesse le rughe! Purtroppo tanti cuori non solo hanno le rughe, ma sono di marmo e pietra. Ma questa è un’altra storia!
Buona settimana anche a voi.
Alle prossime letture.
ciao, Lucia