L’angolo di Full: “La lapide”
Si dice che, arrivate a una certa età, le persone di livello non manchino di dedicare, ogni giorno, un pensierino alla Morte.
Considerando il mio livello appena sopra la linea di galleggiamento, mi risolsi a farlo un giorno sì e uno no, ed essendo un metodico, decisi per il lunedì, mercoledì e venerdì. Esclusi la domenica perché, all’epoca, c’era già il pranzo da mia suocera come equivalente.
Presto m’accorsi che, quando dimenticavo il pensierino funereo, m’accadeva sempre qualcosa di poco carino come se la Morte si fosse offesa. Se, invece, meditavo nei giorni sbagliati, era ancor peggio. Infatti, la volta che posticipai al giovedì per via di una partita di champions league, morii per davvero. Non mi capacitavo di tanta severità da parte della Morte, ma tutto mi fu chiaro nella camera ardente dove mi avevano sistemato in una bara decorosa col viso spennellato di fard e indosso il gessato delle mie nozze d’argento con camicia, cravatta e senza le scarpe.
Quando venne a porgermi l’estremo saluto, il nipote Jacopo, notai sul suo prezioso Rolex, sempre in bella vista, la data del 4 ottobre, cioè il giorno che avevo prenotato per la mia morte.
La possibilità di scegliere il giorno per morire era un omaggio da parte della mia cartomante-sensitiva per ringraziarmi della piccola fortuna che le avevo versato in una vita di consulti. Non era stata una scelta facile: munito di penna e calendario avevo dovuto escludere tutti i giorni in cui avrei potuto arrecare danno ad amici, parenti e persino ai colleghi di lavoro, sempre nei casini durante le chiusure mensili. Alla fine m’ero accorto che, escludendo Pasqua, Natale, le vacanze estive, le ricorrenze varie, le chiusure contabili e i miei turni per accompagnare il nipotino all’asilo, mi rimaneva solo il 4 ottobre.
Nella camera ardente qualcuno si mise a recitare il rosario ed è incredibile come, persino da morto, quella pratica m’inducesse sonnolenza. Così presi a cullarmi nel mio ultimo sogno che presto si sarebbe avverato. Già da tempo avevo comunicato le mie ultime volontà a moglie e figli. In definitiva, era un’unica richiesta: sulla lapide, in bella evidenza, chiedevo la qualifica di scrittore.
Purtroppo, quella che ritenevo un’aspirazione da poco, aveva sollevato forti obiezioni: mi fecero notare che, la nostra, era sempre stata una famiglia decorosa di grandi lavoratori. Il casato non aveva mai annoverato sfaccendati o lazzaroni per cui, abbinare il nostro nome a quella qualifica da scansafatiche o nullafacente, era indecoroso… eccetera. Ma essendo quella, la mia unica volontà, alla fine dovettero acconsentire. Dunque ero curioso e ansioso, almeno nella misura in cui può esserlo un morto.
Ed eccomi qua, più vivo che mai, nel fruscio della brezza fra i cipressi e l’incessante cinguettio dei passeri, in questo cimiterino di campagna dove, d’autunno, si sente il profumo delle zolle arate di fresco e i concerti dei grilli nelle notti estive, dove giochi di rondine annunciano la primavera e, d’inverno, offro riparo al pettirosso e alla cinciarella, miei buoni amici. M’assicurano che prestissimo volerò anch’io come loro, o in altra forma, perché in questo posto ogni anno vale meno d’un minuto.
Anche se ormai m’importa poco, debbo dire che i miei eredi hanno risolto alla grande la questione della mia unica volontà, accontentando me e salvando il decoro del casato cui tengono così tanto.
Accanto a una vecchia foto nella quale mi sono riconosciuto vestito da alpino, sulla lapide sono scolpite le due date che hanno racchiuso la mia vita e, a caratteri dorati, un unico suggestivo nome: SCRITTORE.
Fulvio Musso
A dispetto dell’ argomento tenebroso….come sempre una lettura piacevole e distensiva. Un abbraccio grande al mio scrittore preferito 🙂
E’ vero, ci si pensa, e diventa una quasi amica. Non spaventa più gran che, dopo un poco.
Il 4 ottobre, un giorno prima del compleanno del mio babbo.
Anche te, potevi fare il 7, o l’otto. Va beh, anche se non vengo, posso sempre dirti che ero in fondo 😉
Ciao, Scrittore.