L’angolo di Full: “Pandemonio”
«Darai una mano come prodiere, ti ricordi come si fa, no?»
Me ne ricordavo, ma sul bompresso non m’ero mai arrampicato e lo dissi.
«E tu non lasciare incattivire drizze e scotte che sul bompresso non ci andrai nemmeno ‘sta volta.»
Nella vela, la mansione del prodiere è la più scomoda e la meno gloriosa, ma l’occasione era troppo ghiotta: mi si offriva una stimolante crociera nel Golfo del Leone purché sostituissi, almeno in parte, un marinaio indisponibile. Sui velieri, questa è una formula consueta per risparmiare gli ingaggi.
Ero a bordo del kecth “Pandemonio”, nel porto di Saint Tropez, con lo skipper Antonello, alto, snello, spezzino, “bello-che-non-deve-chiedere-mai” e un marinaio locale, forte, maturo e con le gambe antirollio, cioè perfettamente arcuate. Due esperti lupi di mare che, nei due Emisferi a seconda della stagione, cercavano di guadagnarsi da vivere portando fuori al largo persone pallide e intimorite.
***
Pallide e intimorite, alcune persone aspettavano sul pontile. Avevano perso l’ultimo battello per Arona (Lago Maggiore) e un amico, ristoratore in Angera, mi chiedeva il favore di traghettare questi suoi clienti sull’opposta riva piemontese. A quell’ora, l’unico taxi della cittadina non era reperibile e, comunque, il giro della sponda meridionale del lago sarebbe costato un occhio.
Riguardo alla breve traversata, il buio, il lago agitato e il temporale incombente non rappresentavano un problema, quanto l’acqua alta che aveva sommerso l’unica banchina d’attracco di Arona.
Restava una sola soluzione facile e sicura: imbarcare quei tre passeggeri sino al porto turistico che mi ospitava, un miglio più a sud, dove avevo l’automobile, quindi accompagnarli ad Arona su strada. Ma, a parte la lunghezza del tragitto, trovavo questa soluzione del tutto indecorosa per un ex lupo (o lupetto) di mare come me. Peraltro, avevo una barca a motore con duecentosessanta cavalli all’elica, che diamine! In qualche modo avrei risolto.
Ci presentammo: erano una famigliola con la mamma sulla cinquantina, piacente e severa; la bella figlia poteva avere venticinque anni e suo fratello era un lungo adolescente che, da come sbruffava e ridacchiava nervoso, doveva essere il più trepido, quindi da tenere d’occhio. Li feci accomodare nel posto più sicuro, sul divano a centro barca. Tolsi gli ormeggi e, come m’affacciai all’imboccatura del porto, dovetti dare manetta per contrastare lago e vento contrari. L’improvviso frastuono degli elementi che ci urlavano addosso fu una manna perché il ragazzino, potenziale rischio, s’incollò al sedile e non proferì più parola.
Nel buio risaltavano solo le creste bianche delle onde luminescenti di spuma subito stracciata dal vento. Conoscevo bene Arona e sapevo che, con la banchina allagata, mi restava una sola modalità di approdo che avrebbe richiesto due persone alla manovra. La ragazza mi sembrava la più affidabile dei tre, così le indicai il sedile del copilota dove mi raggiunse. La vidi a perfetto agio in quella postazione dove, col lago agitato, si aveva la sensazione di cavalcare un cavallo al galoppo. Le spiegai che, a causa del vento, avrei avuto bisogno del suo aiuto nell’attracco. Mi sembrò persino grata di quella inattesa fiducia e la promossi seduta stante copilota ufficiale strappandole un gran sorriso. Attraverso la rete dei capelli al vento, il suo profilo era perfetto e l’intensa espressione appariva più avvinta che timorosa: “se solo avessi trent’anni meno…”, rimuginò il lupo solitario che ho dentro. In quel momento incrociai un suo sguardo enigmatico e fui certo che m’avesse letto il pensiero..
Dopo una manciata di minuti eravamo davanti alla banchina di Arona del tutto sommersa, per cui mi portai sulla sponda meridionale dove avevo già fatto qualche scalo di fortuna lungo il muraglione. Ma le raffiche lo colpivano in pieno e rischiavamo di sbatterci contro. Mi restava l’ultima possibilità: l’accosto di prua allo scivolo per barche, dopo aver assicurato la poppa a una boa che intravedevo nel buio a circa trenta metri dalla riva.
Mentre acchiappavo la boa e la legavo con una lunga cima, spiegai alla ragazza quello che doveva fare, cioè filare quella cima ben tesa, via via che m’avvicinavo allo scivolo e fissarla bene alla barca non appena m’avesse visto saltare a terra dalla delfiniera di prua. Poi, uno alla volta, avrebbe accompagnato mamma e fratello a prua e li avrebbe aiutati a scendere. Lei sarebbe sbarcata per ultima: da perfetto copilota, la motivai. Poi le mostrai l’uso della galloccia, le nostre mani a sfiorarsi e, ancora, quel suo sguardo intenso ed enigmatico.
Tutto filò alla perfezione nonostante la barca saltasse come un cavallo imbizzarrito.
A terra, ci salutammo tutti con trasporto, tolsi l’ormeggio e salii a bordo, recuperai la cima sino alla boa e la sciolsi. Per impulso guardai verso riva dove la mia “copilota” aveva guadagnato la balaustra del lungolago e mi guardava. Salutai con la mano, ma lei non rispose al gesto.
Raggiunsi la postazione di guida e mi avviai. Poco dopo tornai a voltarmi e la sua sagoma, solitaria e immobile, era sempre là, fra i lampi. Ancora agitai la mano ma lei, alla mia bugia, non rispondeva. Quel silenzio gestuale mi sembrò più forte e significativo di molte parole. Nessun addio: uno nell’altra, saremmo rimasti pensiero. Nel putiferio degli elementi intorno, fu un momento di grande intensità e mi sentii come lo skipper di “Pandemonio” a Saint Tropez: giovane e bello “che-non-deve-chiedere-mai”… per altri giustificati motivi.
Fulvio Musso
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Legenda
Kecth: veliero bialbero
Prua: parte anteriore dello scafo.
Poppa: parte posteriore dello scafo.
Skipper: capitano responsabile sui velieri.
Prodiere: marinaio adibito alle vele di prua.
Bompresso: albero inclinato sull’estrema prua del veliero.
Drizze e scotte: cavi o cime che issano e governano le vele.
Incattivito: impigliato o imbrogliato, è riferito a cavi, cime, ancora.
Delfiniera: sporgenza sulla prua di certe barche da pesca o da diporto.
Pontile: molo fisso o galleggiante adibito all’ormeggio delle imbarcazioni.
Banchina: struttura in muratura per l’accosto delle imbarcazioni.
Scivolo per barche: piano inclinato per tirare in secca piccole barche.
Boa: corpo galleggiante ancorato al fondo.
Galloccia: appiglio per trattenere le cime o i cavi.
Bellissimo.
Storie di lupi di laghi tra schizzi e temporali. Storie dove i cuori se ne fregano del tempo.
Di ogni tipo di tempo. Certo avessi anche io 20 anni in meno…