L’angolo di Full: “Nouvelle Noblesse”
Nei romanzi dell’ottocento, la signora baronessa accudiva le proprie rose ‒ quelle pallide di una volta – nel giardino antistante l’ampio parco della tenuta mentre, nei campi della medesima, la giovane rampolla raccoglieva fiori silvestri che la governante avrebbe poi sistemato in vasi di maiolica essendo, quelli di cristallo, riservati alla flora più nobile. Delle preziose orchidee della serra, se ne occupava personalmente e meticolosamente l’anziano barone.
Queste occupazioni floreali servivano al narratore per tratteggiare i profili dei protagonisti: fiori di campo per la romantica idealista, pallide rose per l’aristocratica signora e seducenti, carnose orchidee a significare i trascorsi gaudenti del barone.
Intorno agli anni ottanta del secolo successivo, il professor Alfonso Maria de Aloisi, barone lo era, ma della medicina. Fedifrago per costituzione e fede, filibustiere e giramondo, aveva gestito il servizio sanitario sulle lussuose navi da crociera di una nota compagnia. Ormai anziano si dedicava alle orchidee della serra, né disdegnava quelle, altrettanto carnose, che ancora lo accompagnavano nelle saltuarie crociere che lui definiva “d’ispezione” a un servizio sanitario che, nella realtà, non gli apparteneva più.
La sua ultima crociera personale si stava protraendo molto più del solito.
Carolina de Aloisi, sedici anni, più procace che bella, poco sapeva di un padre sempre assente. Di lui ricordava uno schiaffo per aver pronunciato la parola “minchia”, rammentava gli inutili e stravaganti regali che accompagnavano ogni suo rientro a casa, alcune carezze poco paterne che preferiva non classificare e la persistente scia di Boss for men che lasciava ovunque.
Isabella Orlando (in società, donna Isabella Orlando de Aloisi), del marito sapeva vita, miracoli, peste e corna, non per confidenza, ma per una sua naturale propensione all’indagine e all’intrigo. Soffriva di artrite, vestiva con precisione e gestiva la casa con l’austerità imposta da un assegno mensile non propriamente prodigo.
Ultimamente, donna Isabella sembrava rivivere una nuova giovinezza.
Rosetta Cannizzaro, da diciotto anni al servizio della famiglia de’ Aloisi, era una domestica tuttofare comprese le furtive e coatte prestazioni ad angolo retto nell’alone Boss for men del “barone”.
Recentemente era stata promossa governante dalla signora Isabella per la perizia con la quale aveva assunto il governo della serra in assenza del titolare. In particolare per come ne aveva rinforzato il letto di terriccio e rivoluzionato il metodo di concimazione.
Il notaio Nunzio Caruso, aveva preso a frequentare con discrezione la casa de Aloisi dopo aver notificato alla signora un ineccepibile atto col quale, il marito assente, le demandava l’amministrazione di ogni bene, finanziario e materiale.
Nel frattempo, la concomitanza fra la vigorosa presenza del notaio e la rinnovata vitalità della signora, diveniva il primo motivo di pettegolezzo locale.
Le rose del giardino ‒ quelle pallide di una volta ‒ venivano affidate a un giardiniere a ore, ormai che la signora nutriva più salutari e vigorosi hobby.
Le orchidee della serra, accudite dalla neo governante, non sembravano risentire dell’improvvisa conversione dalla concimazione sintetica a quella organica naturale. Addirittura, alcune varietà presentavano una consistenza più carnosa ed emanavano un impercettibile profumo di Boss for men.
Fulvio Musso