ANIME INNOCENTI CHE ANCORA LANGUONO…
Detenzioni ingiuste che ledono la libertà e la dignità di circa 30 mila persone, e ciò a causa di giudizi che necessiterebbero una sorta di rivisitazione… anche interiore
di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)
Forse (e spero) i lettori mi scuseranno se torno a richiamare l’attenzione sul problema delle detenzioni ingiuste. Una vergogna squisitamente italiana (tanto per restare in casa nostra), in quanto dal 1992 al 2020 sono circa 30 mila (una media di mille all’anno) i nostri connazionali, e non, detenuti in cella o ai domiciliari pur non avendo commesso alcun reato. Per la precisione sono 29.452 persone che ogni giorno non sanno più a che santo votarsi per vedere riconosciuta la propria innocenza. Possiamo immaginare, ed è anche confermato, che tra gli errori giudiziari sono da individuarsi casi di omoninia, false confessioni di testimoni (o di pentiti), indagini preliminari a volte superficiali, e chissà quali altri motivi responsabili di aver fatto subire l’onta della gogna mediatica e quindi il patimento della privazione della libertà. Forse non è un caso che questo “exploit” di detenzioni ingiuste sia incrementato in seguito alla Riforma del Codice di Procedura Penale del 1989 (che qualcuno, come rammento da tempo, ha più volte definito una “riforma tradita”). Dal punto di vista dell’informazione più volte i mass media hanno contribuito a diffondere questa realtà che, detto per inciso, è in netto contrasto con le garanzie della Costituzione, anche perché se fossimo tutti uguali a questi detenuti dovrebbe essere garatita la difesa, ma come ben sappiamo, la difesa penale ha dei costi non certo modesti e, una gran parte di quelle 30 mila anime, che stanno soffrendo le pene dell’inferno terreno senza aver peccato, sicuramente non se la possono permettere. Una ulteriore umiliazione che grida vendetta al cospetto di Dio e, pur divulgando pubblicamente quello che io mi permetto di definire una sorta di anticipato “fratricidio” (togliere ingiustamente la libertà a una Persona equivale a togliergli anni di vita), la popolazione in genere pare non accorgesene (per non parlare anche di alcuni nostri connazionali ingiustamente detenuti da tempo all’estero) e, se anche se ne accorrgesse, purtroppo non può fare nulla in concreto…, anche se questo non giustifica il disinteresse per il problema! Non posso certo dubitare che nel nostro Paese esistano valenti prìncipi del Foro ed altrettanti valenti magistrati, ma nello stesso tempo, per sensibilizzare culturalmente e moralmente l’intera collettività, oltre gli addetti ai lavori, mi si conceda di richiamare a memoria un breve passo di Socrate durante il processo a suo carico che, come è noto, il sommo decise di non preparare alcun discorso in sua difesa, come era consuetudine, non essendo previsto l’intervento di un pubbico ministero (P.M.); come pure egli non sentì la necessità di pacificare gli animi dei giurati… forse suo unico torto. Tuttavia, secondo quanto riportato da Platone nella sua Apologia, Socrate così si espresse: «Se uccidete un uomo della mia natura non danneggerete me, ma voi stessi; infatti io non posso subire un danno da un Meleto o da un Anito (gli accusatori, ndr), poiché non ritengo possibile che un uomo migliore subisca un danno da uno peggiore». Questa citazione riferita a quella che sarà la sua condanna a morte, nella nostra realtà ovviamente va intesa come condanna alla reclusione ingiusta, come ingiusta fu la condanna di Socrate che nel suo modo di intendere, accettandola, non era stoicismo ma il richiamo al senso di giustizia, dell’obiettività e, al tempo stesso, il rispetto delle leggi del suo tempo. Or dunque, è ovviamente impensabile che i detenuti innocenti nelle carceri italiane si possano identificare a Socrate, ma dev’essere data loro la possibilità di dimostrare la propria innocenza, sbaragliando (mi si perdoni il termine) ogni ostacolo di carattere economico, burocratrico e, se non anche, di qualche “innocente” pregiudizio.
Io non sono un filosofo, ma uno studioso di materie scientifiche e sociali e divulgatore delle stesse, che includono tutto ciò che lede un diritto a cominciare dal nemico per noi principale che è la burocrazia, peraltro responsabile di molti paradossi e… ingiustizie. Questo nemico, di vecchia data, spesso si “accompagna” (volente o nolente) all’esercizio di una politica spesso assai discutibile, tant’è che vorrei sapere quale scudo crociato si è concretamente prodigato, o si sta prodigando, per tendere una mano ai nostri simili sventurati. È da tempo che mi sto interessando al “fenomeno” delle detenzioni ingiuste e, senza alcuna parvenza di pietismo, il mio pensiero serale, dopo una buona lettura e prima di spegnere l’abat jour, è rivolto a tutti i detenuti senza colpa e prego Dio che li aiuti a sopportare il calvario, ma anche a dare loro il miracolo della liberazione… Forse quanto detto può suonare come apparente eresia, ma così non è in quanto tali affermazioni rispecchiano esattamente il dettato della mia coscienza e delle mie ferme convinzioni. Si dice che la sete di giustizia (in Italia, e forse in tutto il mondo) è un’arsura senza fine, in quanto non sempre è possibile dissetarsi alla fonte proprio perché da quella fontana non sgorga quasi mai acqua pura… Vorrei concludere con una “sentenza” di Jean-Baptiste Poquelin (Molière, 1622-1673) il quale sosteneva: «Non è solo per quello che facciamo che siamo ritenuti responsabili, ma anche per quello che non facciamo». Un invito ad interessarci tutti anche di queste anime innocenti che languono…
Immagine di copertina tratta da Forensic Group