Ariano Geta: un talento letterario senza padroni né padrini
Ironico, originale, tecnicamente molto dotato ed eclettico, Ariano Geta ha all’attivo numerosi racconti e diversi romanzi brevi. Un patrimonio racchiuso nel suo blog e nei suoi libri, tutti autopubblicati: un altro mistero dell’editoria italiana.
di Marcella Onnis
Ariano Geta è una perla rara: talentuoso, se non geniale, ma con i piedi per terra. Innamorarmi artisticamente di lui era, dunque, inevitabile. “Ma chi c’è dietro questo pseudonimo?” mi sono chiesta e forse vi state chiedendo anche voi. S.D.P.V., ci “rivela” la sua biografia, consapevole più di noi che a contare, a questi fini, è l’identità artistica e non anagrafica di un autore. Proverò, dunque, a tracciarla, questa sua identità artistica. E lo farò a partire dai suoi segni particolari: dotato di notevole tecnica, originale, (auto)ironico e tendenzialmente malinconico.
TECNICA, ORIGINALITÀ E IRONIA – La sua abilità tecnica è particolarmente evidente in “Trilogia veneta sognata” che, per la particolarità della struttura, può essere agevolmente letto e ben apprezzato solo in formato cartaceo. Si tratta di un’opera articolata e direi coraggiosa perché a comporla sono tre racconti caratterizzati – come segnala lo stesso autore – dalla «commistione fra realtà e finzione letteraria». E, aggiungo, anche fra realtà e sogno, fra più livelli di narrazione e fra generi letterari diversi (i primi due brani, in particolare, sono una fusione tra teatro, prosa e poesia). Ariano Geta qui osa molto, ma a mio parere non oltre le sue possibilità: prima che perda del tutto l’orientamento, il narratore riprende sempre per mano il lettore che, dal canto suo, si abbandona volentieri a questo piacevole confondersi.
Quanto all’originalità, a certificarla è, per esempio, “L’era dell’esibizionismo globale”, racconto pubblicato a puntate da Ariano Geta sul suo blog. Anzi, a voler essere precisi, originale è soprattutto la genesi di questo racconto, nato come recensione di un libro immaginario e poi sviluppato dall’autore, seppure in forma breve, per soddisfare le attese ingenerate in tanti lettori. Da segnalare, però, anche “3A investigazioni”: dodici spassosissimi micro-racconti, perfetti per dare vita a una sit-com per la tv o per il web. In realtà, potrei citarvi anche altre e ben più geniali trovate, ma il dovere di segretezza mi impone di tacervele, per cui credetemi sulla parola: questo scrittore è un “demonio”!
PERSONAGGI UMANI – Non pensiate, però, che all’attenzione per la struttura e alla passione per gli artifici letterari faccia da contrappeso l’indifferenza verso i contenuti. Già i personaggi di Ariano Geta, così intensi e umani, smentiscono quest’ipotesi. Gli bastano poche pagine, a volte poche parole, per mostrarci un ritratto nitido e complesso non solo dei protagonisti ma anche di alcuni personaggi secondari. E con la stessa sintesi sa dare un’idea chiara ed esauriente delle dinamiche che ne regolano i rapporti. Mi voglio soffermare, in particolare, su due sue creature: Aldo e Andrea, rispettivamente protagonisti di “Cronaca di Natale” e “3A investigazioni”.
Dei personaggi getiani in cui finora mi sono imbattuta, Aldo è quello che più ho amato: bellissimo nella sua imperfezione, in lui si mescolano amabilmente indubbi pregi e notevoli difetti. È un personaggio che il lettore ha la possibilità di capire fino in fondo – nei limiti in cui ci è consentito arrivare a conoscere una persona, reale o finta che sia – perché l’opera è di fatto incentrata sui suoi movimenti interiori. Movimenti che Ariano Geta racconta con intensità e delicatezza, attraverso soluzioni narrative tutt’altro che scontate (colpisce, in particolare, il passaggio in cui l’autore racconta un “incontro” tra Aldo e un insolito manichino).
Andrea, invece, è un cazzone, non trovo un aggettivo educato per definirlo con altrettanta efficacia. Superficiale e indolente, si fatica a difenderlo, tanto che neppure il suo inventore con lui si mostra clemente: «Andrea non sembra rendersi conto di quel che dice (come sempre, d’altronde)»; «Negli ultimi giorni ha parlato pochissimo, però ha riflettuto molto (d’altronde in questo settore aveva 28 anni da recuperare)». Ovviamente anche lui ha un lato sensibile e coscienzioso, una faccia “buona” che, di norma, viene prontamente soffocata dalla sua cazzoneria ma che, in due episodi, viene chiaramente alla luce.
Ed è proprio a questo che mi riferivo quando parlavo di personaggi umani: Andrea e i suoi “colleghi” sono creature complesse, come lo siamo noi uomini in carne e ossa. Nessun umano è, infatti, totalmente inetto o eccezionale: anche le persone più in gamba ogni tanto hanno cadute di stile, anche gli stronzi ogni tanto si concedono sprazzi di bontà, anche gli apatici ogni tanto sono posseduti da guizzi di vitalità… Siamo un’alternanza imprevedibile di miseria e nobiltà morale. Un’alternanza mutevole, ma al tempo stesso costante nella sua essenza. Andrea e Aldo non cambiano, la loro personalità non viene stravolta né subisce rivoluzioni la loro vita, però, come tutti noi, fanno tesoro delle esperienze vissute per modificare – almeno temporaneamente – la propria percezione delle cose. Certo, scrittori capaci di creare personaggi dalla complessa personalità ce ne sono tanti, ma non è da tutti riuscirci nel ridotto spazio di un racconto o di un romanzo breve.
OLTRE IL PRIMO PIANO, UN MONDO – Il protagonista di “Cronaca di Natale” disegna fumetti e Ariano Geta ci racconta qualcosa della sua “filosofia creativa”, per esempio che «Aldo si sarebbe accontentato di realizzare il primo piano di un soggetto facendo intuire una maggiore vastità rispetto a ciò che si vede». Un desiderio che plausibilmente appartiene pure all’autore e che riesce a concretizzare perché – anche quando, come in questo libro, si concentra in particolare sulla psicologia dei personaggi – lascia sempre intravedere, più o meno approfonditamente, il contesto in cui si muovono. E di quel contesto, verosimile o no che sia, ci mostra ogni volta aspetti che possiamo ritrovare nella vita di tutti i giorni e sui quali è utile – se non doveroso – soffermarsi. Il discorso vale anche per “3A investigazioni” dove, tra una risata e l’altra, l’autore infila argute osservazioni su mode e costumi dei nostri giorni come su pregi e difetti degli umani di ogni tempo e luogo. Perché un autore come si deve anche quando fa ridere non rinuncia a far riflettere.
Ci sono poi alcuni scritti in cui, al di là dell’apparenza, è proprio il contesto a essere più protagonista dei personaggi. Tra questi sicuramente “L’era dell’esibizionismo globale” che, come suggerisce il titolo, attraverso la narrazione di eventi paradossali, ci costringe a prendere coscienza di quanto sia narcisista e morbosa la nostra epoca. O, meglio, posto che sono gli uomini a caratterizzare un’epoca e non l’inverso, di quanto siamo noi narcisisti e morbosi. Vi riporto alcuni passaggi-chiave: «Ormai tutti guardano tutti, spiano il privato, attingono all’intimo, normalizzano l’indiscrezione, si mettono in mostra illimitatamente e illimitatamente s’impicciano delle vite altrui (altrettanto generosamente offerte alla pubblica attenzione, bisogna riconoscerlo). Sapere a proposito degli altri è talmente facile ormai!». O ancora: «Compiere un’azione senza darne notizia, senza avere l’illusione che gli altri possano assistervi come se fosse un film, ha il sapore dell’inutile. […] esibizionista della propria vita e voyeur di quelle altrui, ognuno è a turno maniaco e guardone. Essere al centro dell’attenzione morbosa altrui dona l’illusione di una vita piena.»
Certo, si tratta di una storia di fantasia, peraltro raccontata con grande ironia, ma tra qualche anno (se non mese) potremmo tranquillamente trovarci davanti un simile scenario e allora non ci sarebbe più tanto da ridere. Ed è questo, più che la trama in sé, a dare i brividi.
L’ARTE DEL CONCLUDERE SENZA DELUDERE – Altro punto di forza di Ariano Geta sono i finali e chiudere una storia – lo sappiamo – non è cosa semplice, soprattutto per un certo tipo di storie quali “L’era dell’esibizionismo globale” (tranquilli, non vi svelerò né questo né altro epilogo). Qui scivolare in dirittura d’arrivo, propinando ai lettori un epilogo banale e/o sdolcinato, sarebbe stato facile, invece l’autore è riuscito a trovare una chiusa dal ritmo e dal sapore giusti. Ancora meglio ha fatto con “Cronaca di Natale”, che ha saputo concludere con «un finale coerente», per usare le parole di una lettrice. Coerente con lo spirito della storia, con l’indole del suo protagonista e anche con l’idea di narrazione dell’autore, che in queste pagine egli attribuisce ad Aldo-fumettista: «Secondo lui le storie migliori erano quelle che colpivano nel loro insieme, non quelle in cui l’intera vicenda serve esclusivamente a fare da prologo all’istante conclusivo. Storie di questo tipo gli sembravano artificiose, perché gli davano l’impressione che prima fosse stato scritto il finale, e solo successivamente aggiunti un principio ed uno svolgimento che giustificassero questo finale. Nella vita reale non accade mai niente del genere: il principio viene per primo, e il finale segue, senza l’obbligo di essere eclatante, anzi, spesso si rivela fastidiosamente ordinario. […] non è detto che l’istante più significativo di una storia letteraria, o cinematografica, o a fumetti, debba essere quello conclusivo. Qualunque istante può essere il più significativo, l’importante è che l’intera vicenda raccontata riesca a trasmettere emozioni.»
SCRITTORE MA ANCHE TRADUTTORE – Oltre a essere un abile narratore, Ariano Geta è anche un traduttore. La sua passione per il Giappone l’ha portato, infatti, a scoprire lo scrittore nipponico Hiroshi Miura. Non conoscendo, però, questa lingua, ha dovuto accontentarsi di fare il traduttore di “seconda mano”, ossia di tradurre in italiano le traduzioni a sua volta fatte in inglese da Richard Nakamura. L’impressione è, però, che in qualche modo Ariano Geta abbia lasciato la sua impronta anche in queste pagine. Tra i due autori c’è, infatti, un’indubbia vicinanza non solo per la tecnica narrativa, ma anche per l’atmosfera un po’ malinconica che i loro personaggi e le loro storie tendono a ispirare.
NESSUNO È PERFETTO – Ovviamente neppure questo autore è perfetto. Quello che io gli rimprovero è qualche refuso di troppo, come di troppo, per una questione di gusto personale, ho trovato l’uso del maiuscolo: vi ricorre sì in modo pertinente – per indicare, soprattutto nei dialoghi, parole gridate o comunque rimarcate -, ma forse avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto utilizzando altre soluzioni graficamente meno “aggressive”.
A.A.A. EDITORE CERCASI – Ariano Geta finora si è autopubblicato (nel suo blog è riportata una scheda con le versioni, digitale e/o cartacea, disponibili per ogni libro da lui scritto o tradotto) ma, contrariamente a quanto qualcuno di voi starà pensando, non è uno dei tanti tizi che, dopo i “no” di più editori, si è convinto di essere un genio incompreso. Questo è uno scrittore vero e di talento, solo che non ha ancora trovato un editore pronto a scommettere su di lui. E probabilmente non proverà più a cercarlo perché, modesto com’è, deve essersi convinto di non valere abbastanza. Su questo punto mi sento, però, di rassicurarlo ricorrendo all’autorevole parere di Giuseppe Pontiggia (riportato nel saggio a lui dedicato da Rossana Dedola), che fu non solo scrittore ma anche consulente per Mondadori e Adelphi: «[…] l’editoria certo in alcuni casi può essere un riconoscimento del valore, ma in altri casi può benissimo ignorare o misconoscere il valore. Non ha questa funzione o per lo meno non la assolve in molti casi; quindi è veramente fuorviante, anche se comprensibile, attribuire all’editoria questo giudizio inappellabile, questo giudizio così forte, così importante.»
Stanca di vedere negli scaffali e nelle classifiche di vendita un po’ troppi attentati alla lingua italiana e/o all’intelligenza dei lettori veri, vorrei dunque mandare un messaggio alle case editrici serie: occhio a questo signore qua!
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