Arte in carcere: quando l’interesse della critica?
Non sempre l’autorevolezza di una firma è tale se non si presta a considerare artisti umili e che non hanno voce… Realizzata una originale galleria online
di Ernesto Bodini (giornalista e critico d’arte)
Sono certamente infiniti i quesiti che ci possiamo porre nel corso della nostra esistenza e quindi in base alle nostre esperienze. Personalmente, tra i molteplici quesiti che mi sono posto e che mi pongo, ve n’é uno in particolare: perché i critici d’arte autorevoli e quindi di chiara fama non hanno mai varcato la soglia di un carcere (mi scusino coloro che fanno eccezione) per avvicinarsi ai lavori artistici realizzati da qualche detenuto e spendere due righe di critica? È pur vero che non conosceranno delle vere e proprie opere d’Arte, ma è altrettanto vero che vi sono stati e vi sono alcuni autori meritevoli di considerazione, e quindi di un giudizio critico non tanto per garantire loro una eventuale notorietà, quanto invece per valorizzare al meglio ed equamente il loro estro artistico le cui origini, generalmente, risalgono tempo prima della detenzione; in altri casi, invece, vi sono stati e vi sono autori che hanno maturato con una certa predisposizione l’arte della pittura, della scultura, della recitazione, o più semplicemente letteraria: poesia, fiabe, racconti del proprio vissuto (quasi sempre in forma indiretta o impersonale), etc. Ecco, io credo che questo mondo ovattato nasconda (ma in realtà non vuole nascondere) il lato migliore della Persona, e volutamente dico Persona perché anche all’interno di un carcere questo termine comprende sempre e comunque la dignità di ognuno… indipendentemente dall’aver commesso un reato o meno. Forse mi si può accusare di eccessivo garantismo, ma dal canto mio, per la mia esperienza di critico d’arte che ha speso pagine per diversi autori privati della libertà, posso affermare che per quanto modesti alcuni autori hanno talento, un merito che però non verrà portato alla luce, come meriterebbe, per una certa “riluttanza” da parte di critici d’arte che si sentono votati solo per l’élite dell’Arte e, comunque, esercitata al di fuori delle sbarre. Alla luce di queste constatazioni mi pongo un altro quesito: queste firme cosiddette autorevoli del giornalismo e della critica, sono poi così certe di non peccare di mancanza di obiettività ed umiltà tanto da appagare in eccesso il cosiddetto amor proprio e nello stesso tempo per “compiacenza” altrui? Come pure di ritenersi detentori di quella autorevolezza che sconfina inesorabilmente verso la presunzione e ricavandone spesso lauti compensi? Or bene, vorrei invitare costoro a scendere dal loro piedistallo e a considerare che l’Arte (qualunque essa sia), in quanto espressione umana, non ha età e confini di espressione e a volte anche chi la esercita in stato di privata libertà fisica, può trasmetterci emozioni e messaggi ma senza nulla chiedere perché ciò è insito nella loro dignità di Persona. E poi, chi siamo noi per giudicare chi non conosciamo?
In questi contesti la mia esperienza di giornalista votato alla scienza medica, alla sanità, al sociale e all’arte, mi ha forgiato completando solo in piccola parte la mia formazione di divulgatore, ma soprattutto di persona che ha imparato ad ascoltare voci inascoltate, a comprendere e interpretare la rabbia attraverso una mente libera (che nessuno può oscurare) come, ad esempio, quella di Domenico Quartuccio. Un personaggio particolare che, grazie alla disponibilità di un’associazione di volotariato come La Brezza ODV di Collegno (Torino), ha potuto manifestare il desiderio di libertà interiore attraverso l’espressione dell’arte. Oggi, questo artista dal notevole talento scultoreo è tornato a far parte della società, e personalmente non posso dimenticare quel mio primo incontro di alcuni anni fa, in occasione del quale ho potuto offrire il mio modesto contributo… riconoscendogli (meritatamente) quel valore di artista che, per certi versi, mi risulta essere stato anche un po’ terapeutico… Una ricchezza anche per me, che non mi ha certo incrementato notorietà di firma ma sicuramente, grazie all’associazione La Brezza e alla sua presidente Lucia Sartoris, ho potuto “ridimensionare” il mio Ego varcando, appunto, la soglia di un carcere per conoscere l’arte dentro e portarla fuori ai comuni mortali.
GALLERIA CARCERARTE
Grazie alla collaborazione dei volontari de’ La Brezza tra le ultime iniziative è stata allestita la Galleria Carcerarte, (visitabile sul sito: www.galleriacarcerarte.it) la prima galleria d’Arte online con le opere realizzate all’interno degli Istituti Penitenziari del Piemonte. I lavori esposti sono stati prodotti nei Laboratori di Arte Espressione del Sè che, gli assistenti volontari penitenziari (AVP) dell’associazione d’Ascolto La Brezza, attivano settimanalmente all’interno dei Padiglioni della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, e per progetti unici nelle carceri di Alessandria, Asti, Ivrea, Vercelli e Istituto Per Minorenni (IPM) Ferrante Aporti di Torino. Questa iniziativa, che è anche il frutto organizzativo e riassuntivo del lavoro dei volontari, vuole essere uno scambio di positività tra l’interno del carcere e la società esterna, utilizzando come mezzo di comunicazione delle lampade che ogni anno vengono realizzate in nuova veste dai partecipanti nei laboratori creativi all’interno delle carceri. La Galleria Carcerarte esporrà le mostre realizzate in vent’anni di servizio, dove gli AVP hanno svolto attività a favore delle persone recluse, mostre ed esposizioni portate all’esterno con la collaborazione degli Istituti Penitenziari stessi e delle Istituzioni cittadine. Questa galleria si rende inoltre disponibile ad accogliere mostre di opere realizzate da associazioni di volontariato che, a vario titolo, svolgono il loro servizio presso altri Istituti Penitenziari italiani e stranieri.
In alto: il logo dell’associazione La Brezza
In copertina: scultura in materiale povero di D. Quartuccio, intitolata “Questo amore” ispirandosi al poeta Jacques Prévert
In basso: la locandina annuncio della Galleria online